Quello di Milano è un altro Francesco, che nella sobrietà scopre un modo per esaltare la spontaneità dei suoi incontri con la gente e nelle risposte già scritte una maniera per renderle ancora più incisive. Vocazioni, giovani e migranti: come è cambiato in 30 anni lo sguardo dei Papi su Milano.
Il card. Angelo Scola lo aveva anticipato: «Bisogna pregare san Giuseppe che non piova». E san Giuseppe non ha deluso, regalando una giornata di sole, splendida cornice per la visita di Francesco a Milano. Alcuni ricorderanno la pioggia torrenziale che nel 1983 accompagnò la presenza di madre Teresa di Calcutta al Gallaratese e minacciò di rovinare la Messa di Giovanni Paolo II. O il forte vento che si alzò durante la grande adunata delle famiglie a Bresso, nel 2012 con Benedetto XVI. A cambiare, però, non è soltanto il tempo: anche Milano è diversa negli occhi dei tre Papi che l’hanno visitata.
Vocazioni: dai grandi numeri al lievito
Tema nell’aria da tempo, ma che nelle ultime settimane è tornato d’attualità a causa di proposte – dall’ordinazione di uomini sposati al sacerdozio femminile – che promettono più di fare rumore che di essere reali soluzioni al problema.
Nell’incontro con sacerdoti e consacrati in Duomo, Francesco ha affrontato di petto la questione, anche in termini quantitativi. «I nostri padri e madri fondatori non pensarono mai ad essere una moltitudine, o una gran maggioranza», ha ricordato il Pontefice. «Ho chiara la frase di un fondatore, ma tanti hanno detto lo stesso: “Abbiate paura della moltitudine”. Che non vengano tanti, per la paura di non formarli bene, la paura di non dare il carisma… Uno la chiamava la “turba multa“. No. Loro pensavano semplicemente a portare avanti il Vangelo, il carisma», ha proseguito Francesco.
Un’impostazione diversa rispetto a quella adottata nel 1983 da Giovanni Paolo II, che anche nei grandi numeri leggeva la forza di una Chiesa votata a compiere la propria missione. «Devo dire che molte volte incontro le religiose. Gruppi diversi vengono per partecipare alla mia Messa mattutina, e poi domando loro quante sono, non nel gruppo, ma quante sono nella congregazione. E quando loro rispondono per esempio che sono trecento, io faccio finta di non aver capito e domando: voi siete trecentomila?», scherzava Wojtyła nel maggio 1983, intrattenendosi con le religiose venute ad incontrarlo al Palazzo dello Sport di Milano. «Qualche volta si può esagerare. Ma, finalmente, lasciamo alla Provvidenza, alla grazia del Signore anche il numero delle vocazioni. Speriamo che quel numero sia sempre sufficiente per promuovere la causa del Regno di Dio in questo mondo. Speriamo. Vi auguro di essere sportive e, poi, di essere numerose e, poi, di essere gioiose».
Giovani: dalle barricate al divano
Una generazione dopo, anche i giovani sono cambiati. Nel 1983 si usciva dagli anni delle grandi contestazioni per entrare, talvolta, in quelli della droga e del consumismo. È a quella generazione che Giovanni Paolo II si rivolgeva con parole accorate. «Voi giovani del 1983 siete la nuova generazione, che ha superato e accantonato il disorientamento di anni fa. L’epoca della contestazione è superata: appartiene al passato. Voi, come tutti i giovani, volete portare qualcosa di nuovo, di insolito, di originale, di giovanile nella società; volete trasformarla, non epidermicamente, ma dalle fondamenta. È questa la “grande speranza”, di cui voi giovani credenti in Cristo dovete farvi carico, donando generosamente il vostro contributo di idee, di iniziative, di proposte, di tempo, di sacrifici».
Cosa rimane, 30 anni dopo, di quelle speranze? I giovani di allora sono i genitori di oggi, alle prese con figli che hanno sostituito i paradisi artificiali degli stupefacenti con quelli del mondo virtuale e le barricate con la sponda del divano. Una nuova sfida educativa, per i genitori e per la Chiesa. «La diversità offre uno scenario molto insidioso», ha sottolineato Francesco in Duomo. «La cultura dell’abbondanza a cui siamo sottoposti offre un orizzonte di tante possibilità, presentandole tutte come valide e buone. I nostri giovani sono esposti a uno zapping continuo. Possono navigare su due o tre schermi aperti contemporaneamente, possono interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali. Ci piaccia o no, è il mondo in cui sono inseriti ed è nostro dovere come pastori aiutarli ad attraversare questo mondo. Perciò ritengo che sia bene insegnare loro a discernere, perché abbiano gli strumenti e gli elementi che li aiutino a percorrere il cammino della vita senza che si estingua lo Spirito Santo che è in loro».
Migranti e società multiculturale: dal futuro al presente
«Milanesi, sì, ambrosiani, certo, ma parte del grande popolo di Dio. Un popolo formato da mille volti, storie e provenienze, un popolo multiculturale e multietnico. Questa è una delle nostre ricchezze», ha sottolineato Francesco di fronte al milione di persone del Parco di Monza. Dove, fra l’altro, non era difficile scorgere qualche capo femminile velato dal hijab. Francesco ha poi ricordato come quello ambrosiano sia «un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; è un popolo che non ha paura di abbracciare i confini, le frontiere; è un popolo che non ha paura di dare accoglienza a chi ne ha bisogno perché sa che lì è presente il suo Signore».
Se a Milano e in gran parte dell’Italia le società multiculturali sono oggi un dato di fatto, 30 anni fa la situazione era ancora diversa, sebbene già avviata sulla strada della multietnicità. Attese per il futuro che emergono anche dalle riflessioni di Giovanni Paolo II. «A voi spetta l’ardito impegno di contribuire a dare nuova linfa alla cultura lombarda, tanto significativa per l’Italia del futuro, così che il suo edificarsi e configurarsi avvenga, come in passato, sulle solide basi di una visione cristiana della vita, tali da renderla capace di continuare a sfidare i secoli», sottolineava Giovanni Paolo II dal Duomo di Monza il 21 maggio 1983. «A voi spetta l’impegnativo compito di trovare risposte di fede ai problemi di una civiltà proiettata verso il futuro».
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