Un “beso” sotto il vischio? Benedetta confusione

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La Fiducia supplicans e il piccolo popolo di Dio.


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Sarebbe bello se il gran parlare di benedizioni di questi giorni derivasse dal desiderio di condividere il Natale. La radice di questo albero addobbato, quanto mai storto, sta invece nella pubblicazione della Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede (qui il testo), introdotta da una Presentazione del nuovo prefetto, card. Víctor Manuel Fernández.

Questione di coppia

Come noto, il documento – che si propone anche come «un omaggio al Popolo fedele di Dio» – interviene sulla «possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio». Prevedibilmente ignorate le complesse riletture pastorali e la condizione delle coppie eterosessuali, il dibattito sorto attorno alla Dichiarazione si è concentrato sulle coppie omosessuali.

Si tratta, come chiarisce la Fiducia supplicans, della «invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo».

Benedizione delle coppie, dunque, e non solo delle singole persone: un dettaglio tutt’altro che secondario e una presa di posizione chiara e, almeno sembra, indubbia. Vale la pena ricordare, però, che con altrettanta – apparente – chiarezza la Chiesa cattolica si è già espressa recentemente sulla medesima questione. Nel marzo 2021 l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede è intervenuta sul tema con un Responsum e relativa Nota esplicativa (qui il testo) ad uno specifico dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. «Al quesito proposto: La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso? Si risponde: Negativamente», si leggeva, con esasillabica trasparenza, nelle prime righe del testo.

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Coppia sì, ma non unione?

Si era, allora, al tempo del card. Ladaria Ferrer e sembra oggi trascorso un secolo. Tanto più che, allora, papa Francesco era sembrato volersi immediatamente smarcare, se non dai contenuti, almeno dai toni tranchant del Responsum e della relativa Nota, generando dubbi sulla sua effettiva approvazione.

La contraddizione creata in meno di tre anni – tanto evidente quanto solo apparente, viene da dire – è risolta nella nuova Dichiarazione nella chiave di un «approfondire meglio, dal punto di vista pastorale, il pronunciamento formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2021».

Al di là di inutili circonlocuzioni, la Fiducia supplicans sostiene che, «a proposito delle benedizioni, la Chiesa ha il diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione. Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso».

Oltre l’unione: la relazione

Per la verità, in tre punti della Nota al Responsum del 2021 si fa esplicito riferimento ad un concetto più ampio dell’unione: la relazione. «Per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni». Ancora, «per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso».

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Uno sguardo alle note

Evidente il profondo cambiamento di atmosfera della Fiducia supplicans rispetto al Responsum del 2021. Da questo punto di vista, risulta illuminante scorrere le note ai due testi: 13 nel Responsum del 2021 e ben 31 nella Fiducia supplicans. Se nel Responsum le citazioni riconducibli a Francesco sono meno di un terzo (4 su 13), nella Fiducia supplicans sono i due terzi (20 su 31). Solo tre i documenti in comune: il Benedizionale del Rituale romano, l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia e una catechesi di papa Francesco sulla preghiera di benedizione del 2 dicembre 2020.

Fra le assenze illustri a piè di pagina c’è il riferimento, presente nella Nota al Responsum, all’ormai controverso n. 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica, che presenta le relazioni omosessuali come «gravi depravazioni» e gli atti di omosessualità come «intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale» (perché «precludono all’atto sessuale il dono della vita» e «non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale), tanto che «in nessun caso possono essere approvati».

Le reazioni alla Fiducia supplicans

«In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso», si scriveva nella Nota al Responsum del 2021. Oggi si ribadisce che la Chiesa «non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale».

Tutto risolto? Sembra di no. Sono già molti, infatti, e molto diversi i pareri espressi sulla Dichiarazione da personalità ecclesiali e Conferenze episcopali a livello internazionale. E al momento, anche in considerazione della delicatezza del tema, sembrano prevalere le formule dubitative.

Numerosi i casi di vescovi ed episcopati che hanno per lo più accettato la Dichiarazione, ma hanno invitato alla prudenza nella sua applicazione, per evitare confusioni circa un’approvazione della Chiesa all’attività omosessuale. Così, ad esempio, Stati Uniti, Filippine, Ucraina, Ghana e soprattutto Kenya, dove la Conferenza episcopale ha provocatoriamente riconosciuto «la confusione esistente nei Paesi più sviluppati, di nuovi modelli non cristiani di “unione” e di “stili di vita”».

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Più dure le prese di posizione di una parte dell’episcopato del Khazakistan e delle Conferenze episcopali di Malawi e Zambia, che hanno espressamente rigettato l’applicazione della Fiducia supplicans nei loro territori.

Ben diversa l’accoglienza della Dichiarazione in Belgio e in Germania, dove molta parte del mondo cattolico “progressista”, deluso dal Sinodo sulla sinodalità, interpreta il nuovo documento come «un aiuto a fare un passo avanti».

Curiosamente, anche in “casa d’altri”, per così dire, il tema divide. In questi giorni oltre 7.600 delle 30 mila Chiese della Chiesa metodista unita hanno deciso di lasciare questa denominazione protestante, creata nel 1968, a causa dell’allontanamento dall’insegnamento biblico in tema di omosessualità. Si tratta del più grande scisma della storia religiosa degli Stati Uniti.

Benedetta confusione?

«Restiamo vigilanti contro il fissismo dell’ideologia, che spesso, sotto la veste delle buone intenzioni, ci separa dalla realtà e ci impedisce di camminare», ricorda papa Francesco negli auguri natalizi alla Curia romana. «A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”».

Da un lato, appare necessario superare “per amore”, su questo ed altri temi, la logica banalizzante del permesso-proibito, per accostarsi sempre più alla situazione reale delle persone, ben più articolata di un binomio (o di una coppia).

Dall’altro, ci siamo “abituati” a che, per l’ennesima volta, un documento della Chiesa, soprattutto dal punto di vista mediatico, sembra nutrire confusioni e polarizzazioni, di cui francamente non si sentiva la necessità. Se qualcuno ha salutato il documento come un «regalo di Natale anticipato», per molti altri questo è un doloroso momento di comprensione e discernimento.

La varietà di reazioni nel mondo ecclesiale e qualche cavillosità di troppo non sembrano andare nella direzione di un maggiore senso di comunione e di incoraggiamento a vivere una vita cristiana migliore. La sensazione è che “fiducia” e “suppliche” del piccolo e semplice popolo di Dio, vale a dire del più santo, siano ormai riposte altrove.

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