È ogni giorno più difficile distinguere le mosse dei pezzi bianchi e di quelli neri sulla scacchiera internazionale. I fatti di Przewodów, in Polonia, e la delicata rete di mediazione intessuta nelle scorse ore fra Russia e Paesi Nato attorno alle voragini di missili «improbabilmente» russi dimostra quanto una guerra – ogni guerra, questa guerra – sia complessa.
Tra orchi ed elfi
«L’Ucraina non è un ponte, non è uno “Stato cuscinetto” tra l’Occidente e la Russia, […] non è una frontiera tra orchi ed elfi». Così si esprimeva il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj la scorsa estate. In primavera, nella città di Melitopol occupata dalle truppe russe, lo avevano preceduto le dimostrazioni di protesta dei civili ucraini contro gli «orchi saccheggiatori» e un discorso ufficiale del Ministro della difesa Reznikov che incitava i concittadini a «resistere all’assalto di Mordor».
Riferimenti che potrebbero suonare oscuri per chi non fosse aduso alla letteratura fantasy, ma che costituiscono precisi richiami al mondo immaginario creato dallo scrittore inglese J. R. R. Tolkien ne Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e in altre opere connesse. Un immenso patrimonio fantastico che attinge alle mitologie del Vecchio continente – dall’Iliade al Bēowulf, dagli Edda al Kalevala – in un grande respiro europeo.
Gli orchi del Donbass (e quelli di Janukovyč)
La parola “orchi”, ripresa dalle orribili creature che popolano la fantasia, simbolo di cieca crudeltà, è da tempo entrata nell’uso comune per indicare quanti si macchiano dei reati più odiosi, ad esempio contro i bambini.
Ma il termine (орки) si è fatto strada anche nel contesto della guerra in Ucraina, e non solo: quando, all’inizio di aprile 2022, un gruppo di attivisti estoni ha creato una mappa con la provenienza dei soldati responsabili dell’eccidio di Bucha, il titolo scelto è stato: “Da dove vengono gli orchi?”. Ancora prima, la definizione di “orchi” in rapporto ai soldati russi si era affacciata nel 2014, dopo l’invasione del Donbass, e “orchi” erano già stati definiti i miliziani dell’ex presidente ucraino Janukovyč durante le manifestazioni filo-europee Euromaidan del 2013.
Dalla Terra di Mezzo all’Unione Sovietica
Sottratti a cunicoli, boschi e terre infuocate, gli orchi del Professore di Oxford hanno trovato una nuova Mordor, la terra corrotta dal male, nello scenario internazionale. Del resto, per anni il regno immaginario di Mordor creato da Tolkien è stato ritenuto un’allegoria dell’Unione Sovietica, benché l’autore abbia sempre negato ogni facile parallelismo.
Per riflettere su quanto il linguaggio sia un elemento costante in questa guerra, è sufficiente pensare che anche da parte russa si è avviata una contro-lettura dell’opera di Tolkien. Lo zoologo (Dieu est dans le détail, avrebbe detto Flaubert) russo Kirill Eskov, romanziere per passione, ha pubblicato in tempi non sospetti (1999) un seguito “alternativo” e non autorizzato della saga tolkeniana, L’ultimo portatore dell’anello, mai tradotto in Italia e nei Paesi anglosassoni per ragioni di diritto d’autore.
Curiosa, per quanto un po’ scontata, l’inversione di prospettiva proposta da Eskov: partendo dall’assunto che la storia sarebbe scritta (e manipolata) soltanto dai vincitori, nel romanzo di Eskov i “buoni” personaggi di Tolkien diventano i “cattivi” e viceversa, con Mordor – secondo alcuni, la Russia – vittima di un’alleanza di elfi, nani ed umani in avanzata da Ovest (qualcuno ha detto Nato?).
Dal muro di Berlino a Mordor
Scritta a più riprese tra il 1937 e il 1949, nella trilogia de Il Signore degli Anelli di Tolkien riecheggiano inevitabilmente gli orrori sperimentati dall’Europa, prima con il nazi-fascismo e poi con l’Unione Sovietica e un mondo diviso in blocchi contrapposti.
Non stupisce, perciò, che tanto nell’ex Unione Sovietica quanto in Ucraina Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli non abbiano goduto di grande successo sino a tempi recenti. In Russia la prima traduzione integrale autorizzata è pubblicata negli anni che accompagnano il crollo dell’Unione Sovietica e del muro di Berlino, cui si aggiunge, nello stesso periodo, la prima traduzione nell’Ucraina post-sovietica. Una storia editoriale di cui tenere conto nell’intendere gli “orchi” ad Est.
Sociologia del male o banalizzazione?
Nuovo materiale per una sociologia del male oppure infantilizzazione della guerra? Quel che è certo, è che siamo ancora molto distanti dal cogliere la complessa dinamica «mondiale» che ha «sviluppato il conflitto», per dirla con papa Francesco. Così come sarebbe «un errore pensare che [la guerra] sia un film di cowboy dove ci sono buoni e cattivi». Oppure un romanzo fantasy. O una scacchiera. «C’è del buono in questo mondo», faceva dire Tolkien ad uno dei suoi personaggi. E qualche volta si può – e si deve – volere bene a due popoli in guerra.
La Nuova Ombra avrebbe dovuto essere il titolo del seguito de Il Signore degli Anelli che Tolkien aveva intenzione di scrivere dopo il grande successo editoriale della sua opera principale: nulla affatto nuova, invece, è «l’ombra di una terza guerra mondiale che incombe sul destino di intere nazioni, con conseguenze terribili per le persone».
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Interessante! Consiglio la lettura di “Canto per l’Europa” di Paolo Rumiz dove l’autore mescola miti, viaggi di Europa, figlia di Giove, che chiede di fuggire verso ovest, dove il viaggio si mescola al mistero delle tragedie attuali. E’ la storia dell’Europa, sogno per l’approdo di non l’abita.
Grazie per il consiglio di lettura, Edoardo. Un’Europa che talvolta ricorda, con simpatia, “L’Italia in seconda classe”, per dirla con il titolo di un altro libro di Rumiz.