Meglio sgombrare subito il campo dai fraintendimenti: ben difficilmente potrebbero finire in un messale. Eppure anche Pier Paolo Pasolini e Oriana Fallaci avevano una “loro” versione della più profonda fra le preghiere cristiane, il Padre Nostro. Così come Dante Alighieri, che la fa recitare ai superbi del suo Purgatorio.
Padre Nostro
Il Padre Nostro dello Yemen. La tentazione e il pane quotidiano
L’attenzione internazionale e poi il silenzio, o quasi. È il destino dei simboli. Piccoli scorci di un mondo più grande, spesso triste, che appaiono e scompaiono, oscurati dal quotidiano. Un risveglio all’amara realtà per quanti avevano riposto le proprie speranze nella libertà e nell’immediatezza garantite dalla Rete.
Nuova traduzione del Padre Nostro. Il vero problema non è quel “non indurre”
Continua a far parlare di sé la nuova edizione del Padre Nostro approvata a larga maggioranza dalla Conferenza episcopale italiana pochi giorni fa, nell’ambito di una più ampia revisione del Messale Romano. Se per l’effettiva adozione del nuovo testo si andrà con ogni probabilità al 2019 (si attende la valutazione della Santa Sede), la discussione, con sentimenti opposti, ha ormai raggiunto i fedeli, mischiandosi ad una buona dose di falsa informazione. Questa la versione più diffusa: papa Francesco ha cambiato il Padre Nostro. E poco importa che negli anni – almeno 16 di riflessione – l’adeguamento della preghiera cristiana per eccellenza abbia incassato il sostegno di personalità quali Benedetto XVI e i cardinali Giacomo Biffi e Carlo Maria Martini.
Diverso il caso di quanti, invece, vorrebbero spostare il confronto sull’opportunità teologica o linguistica del nuovo testo. Fra questi, il prof. Franco Ometto, docente di Islamistica sciita presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamici di Roma, nonché di Linguistica e lingue moderne nelle università statali dell’Iran e di Teologia cristiana negli atenei islamici di Qum, sempre in Iran. A lui si deve anche la traduzione del Catechismo della Chiesa cattolica dal Latino al Persiano. Che, dal canto suo, assicura: rispetto al Padre Nostro «l’attenzione dei vescovi dovrebbe essere focalizzata non sul verbo inducas quanto sul termine tentatio, che al tempo di san Girolamo significava “esame”, “prova”». Del prof. Ometto l’intervento che segue, che ricevo e pubblico integralmente.
Il “nuovo” Padre Nostro: non solo una traduzione. E anche Don Camillo…
Entro la fine dell’anno la Chiesa in Italia avrà un “nuovo” Padre Nostro? È quanto emerge dall’ultima riunione del Consiglio permanente della Cei. In realtà nulla di nuovo. Se ne discute da anni e in tempi non sospetti anche il Don Camillo di Guareschi aveva avanzato una sua proposta.