La follia del partire, la follia del restare. Il disagio mentale nell’emigrazione italiana in Australia alla fine dell’Ottocento (Tau Editrice, 96 pp., 10 euro) è il mio nuovo libro, acquistabile in libreria e online, sul sito dell’editore e di altre librerie online, scritto per la Fondazione Migrantes, l’organismo della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa della pastorale migratoria, con presentazione di mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, e prefazione di Delfina Licata, responsabile Studi e Ricerche della stessa Fondazione. Comunicato stampa.
Insieme analisi e cronaca, il libro combina ricerca storica e respiro sociologico e psicologico nell’affrontare il problema del disagio mentale diffuso tra i migranti, uno degli aspetti più sottovalutati nell’approccio al fenomeno migratorio e invece questione di straordinaria attualità ed urgenza. Perché ci sono gli Adam Kabobo, ma anche i due italiani che si suicidano a Londra ogni mese; i migranti che premono alle frontiere dell’Europa, ma anche i tre italiani che lasciano il nostro Paese per ogni lavoratore che vi giunge.
Le migrazioni hanno da sempre coinvolto la persona in tutta la sua complessità biologica, emotiva e spirituale. Non è un caso che, ieri come oggi, quella dei migranti sia una quota di popolazione fragile e particolarmente esposta al rischio di sviluppare disturbi mentali. Qualcosa di cui in Italia si è iniziato a discutere con ritardo e per lo più sull’onda emotiva dei tanti fatti di cronaca tragicamente esplosi e poi nuovamente dimenticati insieme al problema della malattia mentale.
Un eccesso di psicosi non più sottovalutabile all’interno di un serio confronto con un fenomeno migratorio tutt’altro che incidentale e temporaneo, che chiama ad una riflessione profonda sulle forme e sul significato del disagio psichico che ancora oggi gli immigrati possono trovarsi a vivere nelle nostre società, come accadde ai molti italiani inghiottiti dalla nostalgia, dalla follia e dal pregiudizio in terra straniera.