Parole vuote. In quanto all’inferno, vedremo

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Di inferno sono piene le cronache. Che poi l’inferno sia a sua volta pieno o vuoto di anime resta da vedere. Pagina nuova di una vecchia questione, con qualche errore.


Si sta scrivendo ancora molto attorno agli auspici di papa Francesco sulla densità abitativa dell’inferno. «A me piace pensare l’inferno vuoto, spero sia realtà». Non si tratta di un dogma di fede, chiarisce Francesco intervistato da Fabio Fazio, «ma una cosa mia personale». Tanto è bastato, però, affinché teologi per formazione o per improvvisazione offrissero al pubblico le spiegazioni più disparate (e, qualche volta, disperate). Unico denominatore comune – anche a buona parte della stampa – il riferimento a Hans Urs von Balthasar.

Citazioni fuori posto

Da quarant’anni esatti al teologo svizzero, ex gesuita e fondatore della Comunità di San Giovanni con la mistica Adrienne von Speyr, si attribuisce – con poco spazio per la riflessione – di aver sostenuto che “l’inferno esiste, ma è vuoto”. Un’affermazione che sarebbe giunta addirittura in «una conferenza stampa alla vigilia della consegna del premio internazionale Paolo VI per la teologia, che papa Giovanni Paolo II diede a von Balthasar il 23 giugno 1984», spiega il giornalista e scrittore Stefano Lorenzetto nell’arguto Chi (non) l’ha detto. Dizionario delle citazioni sbagliate (Marsilio, 2019).

Anche allora le reazioni sulla stampa non si fecero attendere. «Contro la presunta tesi del teologo elvetico intervenne Carlo Bo sulla prima pagina del Corriere della Sera il giorno dopo la premiazione», ricorda ancora Lorenzetto. «Sotto il titolo “L’inferno sarà vuoto, però è eterno”, il critico letterario scrisse: “Non sembra potersi dire che non crediamo più all’inferno né al demonio, abbiamo soltanto cambiato lo scenario dell’ultimo atto, così come abbiamo sostituito la certezza della condanna e della pena con la fiducia nella Provvidenza (a cui poi ciascuno è libero di dare il nome che crede). Ma che il male esista, che tutti i giorni la cronaca ci dia dei campioni terrificanti purtroppo non possiamo negarlo”».

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Inutile dire che l’inesistenza dell’inferno, o il suo essere ipso facto vuoto, sarebbe un toccasana per molte coscienze poco inclini al pentimento. Dal canto suo, Hans Urs von Balthasar tenne a chiarire l’equivoco, attribuito a «grossolane deformazioni sui giornali» e precisando: «Non ho mai parlato di certezza, bensì di speranza» (Piccola catechesi sull’inferno, 1984). Una spiegazione che non ha però frenato l’attribuzione della frase, che negli anni ha continuato (e continua) a trarre in inganno anche celebri vaticanisti.

Anime “scomparse”

Di fraintendimenti a mezzo stampa ne sa qualcosa anche papa Francesco, cui l’uso spregiudicato del virgolettato da parte del fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari attribuì nel 2018 nientemeno che la “scomparsa” delle anime. «Quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici». Alla fantasiosa ricostruzione di Scalfari seguì un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede decisamente meno stravagante. E se, per rimanere in tema, perseverare ha del diabolico, vale la pena ricordare che lo stesso Scalfari aveva già attribuito la medesima tesi a papa Francesco (e a mons. Vincenzo Paglia, all’epoca già presidente della Pontificia accademia per la vita) nel 2017.

Tutto considerato, che Francesco creda all’esistenza del demonio è fuor di dubbio: lo dimostrano i numerosi riferimenti in questi anni di pontificato, tanto da arrivare a distinguersi per intensità dai suoi predecessori, compreso il papa-teologo Ratzinger. A voler essere pignoli, quindi, il pontefice si riferirebbe piuttosto al “posto vuoto” lasciato dalle anime degli esseri umani, abbandonando i demòni alla loro solitudine.

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Il “vuoto” di Giovanni Paolo II

Secoli di infernale confronto sul più tragico degli esiti dell’Aldilà non hanno tralasciato di coinvolgere anche Giovanni Paolo II, chiamato di nuovo in causa (erroneamente) in queste settimane. Lungi dal negare l’esistenza dell’inferno – o dal ritenerlo pregiudizialmente “vuoto” – durante l’udienza generale di mercoledì 28 luglio 1999 papa Wojtyła ribadì che «la dannazione rimane una reale possibilità, ma non ci è dato di conoscere, senza speciale rivelazione divina, quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti». Il giorno dopo ci fu chi, come Bruno Bartolini sul Corriere della Sera, propose almeno una stima parziale, affidandosi al «demonologo mons. Corrado Balducci, secondo il quale l’armata di Belzebù, sulla scorta di calcoli complicatissimi, sarebbe di 1.758.640.176 elementi».

E chissà che, dal 1999 ad oggi, non siano pure aumentati. A meno che non sia vero il sospetto magistralmente espresso da William Shakespeare nella Tempesta (atto I, scena II): «L’inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui».

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