Italia, Paese di santi, poeti e navigatori. Protagonisti, tutti quanti, di una delle storie (vere) di Natale più originali degli ultimi decenni. Insieme al presepe, altra genialità italiana.
È il 1963 e un bidone galleggia lungo il Tevere. Nulla di insolito, verrebbe da dire con rammarico, se non fosse per l’attenzione che suscita in fotografi e canoisti. Il suo viaggio, infatti, è ormai diventato famoso e un piccolo corteo fluviale lo accompagna nel suo ultimo tratto romano, fino a Castel Gandolfo. Ad attenderlo all’arrivo c’è un impiegato vaticano. Il bidone è raccolto e indirizzato verso la sua ultima destinazione: gli appartamenti di Paolo VI.
Si conclude così una delle idee natalizie più originali degli ultimi decenni, singolare interprete della tradizione voluta da Francesco d’Assisi. Un’iniziativa a metà strada fra presepe e arca di Noè originaria – e forse non poteva essere altrimenti – dalle stesse terre del santo Giullare di Dio. Come spiegare altrimenti l’idea di Bruno Batori, di Petrignano d’Assisi, di inviare un bidone al Papa affidandolo alle acque del Chiascio e del Tevere? Un fusto metallico all’interno del quale sistemare un presepe artistico e, per l’epoca, anche tecnologico. È sufficiente, infatti, svitare il tappo del bidone e avvicinare l’occhio all’apertura perché dall’umile contenitore si sprigionino luci e musiche natalizie.
Alla costruzione del particolare marchingegno lavorano lo stesso Batori e altri giovani del posto, mentre la decorazione esterna – una rappresentazione della basilica di San Francesco e della cupola di San Pietro – è affidata a Vittorio Trancanelli, medico, padre e uomo di fede, oggi venerabile e in odore di santità. All’interno, sistemata tra le figure del presepe, una pergamena indirizzata a Paolo VI recita: «Giunga al successore di Pietro, dalla terra di san Francesco, ideatore del presepe vivente, il messaggio di pace tra tutte le genti del mondo, mentre il popolo di Petrignano, idealmente inginocchiato ai piedi del soglio pontificio, invoca sull’Italia e sul mondo l’apostolica benedizione».
Dopo la fine del viaggio e la consegna del prezioso bidone al Pontefice, i giovani ideatori sono accolti, insieme agli altri pellegrini, nelle Sala delle Udienze. È lo stesso Paolo VI, con una battuta, a svelare l’inconsueta natura del dono ricevuto così fortunosamente. Per la verità Montini non è il primo papa sulla lista di Batori. Nel 1962, infatti, un bastimento di foggia simile viene indirizzato a Giovanni XXIII, ma l’operazione non ha successo. Uno dei giovani collaboratori di Batori, Ennio Ridolfi, ha recentemente rievocato la vicenda del presepe galleggiante, omaggiando nel dicembre 2016 papa Francesco di un esemplare dell’originale involucro e del suo prezioso contenuto in terracotta. Tra le figure del presepe anche lo stesso Pontefice, raffigurato in adorazione di fronte al Bambinello.
A dirla tutta, però, la genialità di Batori non si ferma ai presepi galleggianti. Passano, infatti, solo quattro anni dall’impresa fluviale e nel 1967 la Santa Famiglia è protagonista di un nuovo viaggio. Questa volta, però, via aria. Statuine, motori e dispositivi elettronici vengono sistemati in una sfera. A far volare quest’ultima pensano numerosi palloni gonfiati ad elio, mentre lo spettacolo è assicurato da una fotocellula che fa illuminare lo strano velivolo di notte e da un megafono che libera nell’aria canti e messaggi augurali.
Il lancio avviene pochi giorni prima di Natale e la sfera, imboccata con decisione la direzione sud, sorvola il Gran Sasso e il Monte Tre Croci, attraversando Umbria, Lazio e Abruzzo. Descendit de caelis Salvator mundi. Gaudeamus! È qui che la vicenda prende una piega che non può non ricordare una scena del presepe. Un giovane pastore di Castagneto, nei pressi di Teramo, Vincenzo Baffa, in quel momento a guardia delle pecore, è infatti attirato dallo strano oggetto volante e decide di seguirlo fino all’atterraggio. È lui stesso, in seguito, a raccontare in una lettera a Bruno Batori l’emozione di quell’augurio giunto dalla patria del presepe.
Nel 1990 il vulcanico Bruno Batori torna a far parlare di sé. Insieme a Francesco Gorietti e ai fotografi Aulo e Marinella Piccardi, infatti, si inventa una nuova avventura: portare una statua di san Francesco – un san Francesco “ambientalista”, raffigurato nell’atto di accarezzare un pinguino – da Petrignano a Ushuaia, nell’argentina Terra del Fuoco, passando per Buenos Aires. Il tutto in sella ad un originale tandem a vela. L’impresa è raccontata nel libro di Giovanni Zavarella Con san Francesco da Assisi a Ushuaia (Properzio, 1992). Dalla città della “fine del mondo”, Francesco. Quando si dice il destino.
Nella foto: Paolo VI riceve in udienza i giovani realizzatori dell’originale presepe in barile. © Presepe Vivente di Petrignano di Assisi.
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Caro Simone, leggo oggi queste bellissime righe che descrivono il profilo di mio Zio Bruno, mente vulcanica e grande Uomo. le leggo con molta commozione considerato che ieri mattina all’età di 84 anni si è in silenzio spento nella Sua abitazione. Oggi si celebreranno i funerali e con questo mio semplice commento voglio sottolineare la Sua immagine di uomo, padre e concittadino Assisano che nel segno di San Francesco ha voluto lasciare un segno nelle terre più lontane del Globo. Ciao Zio