Alla fine, omosessualità fu. Psichiatria e omosessualità tengono banco dopo il viaggio di Francesco in Irlanda. Colpa dei braghettoni moderni che pretendono di emendare il pensiero del Papa. Come in quella vecchia lettera.
Un tempo ci fu Daniele da Volterra, più conosciuto come il Braghettone, pittore e scultore italiano ricordato, suo malgrado, soprattutto per gli interventi di censura sulle nudità dipinte da Michelangelo nella Cappella Sistina. Servo del potere – in quel caso la Chiesa del post Concilio di Trento – o salvatore di uno dei maggiori capolavori dell’arte italiana, altrimenti destinato alla distruzione? Se quelle di nudi e di braghe sono questioni che oggi – ahinoi – fanno sorridere, un atteggiamento di prona condiscendenza nei confronti del presunto sentire comune è ancora di là da tramontare.
Lo dimostra la vicenda che in queste ore domina l’ormai tristemente consueto strascico di polemiche di ogni viaggio apostolico, seconda soltanto al controverso j’accuse dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò. Come anticipato anche da queste pagine, era prevedibile che il tema dell’omosessualità sarebbe emerso – insidioso – durante il viaggio. Colpa di papa Francesco? No, piuttosto degli eredi di Daniele da Volterra.
Le parole del Pontefice, pronunciate in una lingua che è ben noto non essere la sua ma nella quale è più che in grado di esprimere il proprio pensiero, lasciano poco spazio a dubbi o interpretazioni. Durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dall’Irlanda, rispondendo ad una domanda sull’atteggiamento da tenere da parte di genitori di figli che mostrano tendenze omosessuali, Francesco ha detto, dopo aver riconosciuto il valore primo della preghiera: «Poi, in quale età si manifesta questa inquietudine del figlio? Una cosa è quando [la tendenza omosessuale] si manifesta da bambino, quando ci sono tante cose che si possono fare con la psichiatria per vedere come sono le cose; un’altra cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere. Ma io mai dirò che il silenzio è il rimedio».
Un messaggio che, nel bene o nel male, è stato recepito chiaramente dalla comunità internazionale, come dimostrano le manifestazioni di protesta organizzate da alcune associazioni che in Francia radunerebbero presunti bambini omosessuali e i loro genitori. Nulla da eccepire, soprattutto tenendo conto che la Chiesa non è fondata sul consenso popolare e che il Vicario di Cristo ha il diritto e il dovere di esprimere liberamente il proprio pensiero, in conformità con quello della Chiesa. Francesco, peraltro, anche in tema di omosessualità e giovani lo ha già più volte fatto in passato, fra l’altro paragonando la teoria del gender al nazismo.
Ma ecco l’autogol da parte cattolica. Nella trascrizione ufficiale della conferenza stampa le parole di Francesco – si deve presumere con piena legittimità da parte di chi lo ha deciso – vengono modificate, eliminando ogni riferimento alla psichiatria. Correzione del proprio pensiero, inizialmente male espresso, da parte del Pontefice o ennesimo tentativo da parte di qualcun altro di emendare un pensiero scomodo?
Se fosse vera questa seconda ipotesi, il caso ricorderebbe da vicino, con altri protagonisti, il maldestro tentativo di offuscare (graficamente, si intende) il giudizio del pontefice emerito Benedetto XVI rispetto ad un progetto editoriale sulla teologia di Francesco e che allora costò il posto a mons. Viganò (quello della Segreteria per la comunicazione, non l’ex nunzio). Che sia il caso di cambiare strategia, complice anche una diffusione ormai istantanea dell’informazione?
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