In guerre fatte di mostri e tenebre, la moralità è fra i concetti più evocati. E talvolta abusati.
Certo non rassicura vedere definito dal ministro israeliano del Patrimonio, Amichai Eliyahu, per l’ennesima volta dopo i deliri di Putin e del suo entourage, l’uso della bomba atomica su Gaza come «una delle possibilità». O sentire parlare di «nazisti» e di «mostri», per l’ennesima volta dopo i deliri di Putin e del suo entourage, in riferimento ai civili della Striscia. «Una metafora», twitta in seguito Eliyahu. Perché di metafore è ricco il mondo, soprattutto oggi.
Tenebre e mostri
Come quelle del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che scorge nel conflitto con i terroristi di Hamas (ma dov’è tracciato il confine?) «una lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre, tra l’umanità e la legge della giungla». Altri prima di lui, come diversi esponenti del Governo del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, hanno disumanizzato gli aggressori russi, identificandoli come orchi e troll, attingendo al legendarium letterario tolkieniano.
Di metafora in metafora, non stupisce che quello di moralità, insieme a quello di giustizia, sia fra i concetti più evocati nelle guerre contemporanee, sempre più combattute anche fuori dai campi di battaglia.
Moralità e occasioni mancate
È il caso, ad esempio, dell’accusa di «immoralità dell’uso dell’ambiguità linguistica» rivolta poche settimane fa dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede ai Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, rei di avere assunto una posizione di equivalente condanna rispetto ad «ogni forma di attacco ai civili da qualunque parte possa giungere».
Sullo stesso fronte, più recentemente, il rabbino Noam Marans, responsabile delle relazioni interreligiose dell’American Jewish Committee, fra le più antiche organizzazioni ebraiche di advocacy, ha definito l’assenza di una condanna esplicita delle violenze di Hamas da parte della XVI Assemblea generale sulla sinodalità riunita nei giorni scorsi in Vaticano «un’occasione mancata per la chiarezza morale». Chiudendo la porta a possibili interpretazioni di pace. «Credo che darebbe prova di una vera leadership morale se tutti i leader cattolici di oggi condannassero specificamente i barbari attacchi terroristici contro Israele e non li minimizzassero attraverso l’opposizione generale alla guerra e alle aspirazioni di pace che abbiamo tutti».
Gli fa eco, in una lettera al quotidiano italiano la Repubblica, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. «La preghiera è un’arma anche se non spara, e la sua moralità dipende dal suo contenuto», scrive il rav Di Segni. «È bello vedere moltitudini che si raccolgono a chiedere la pace, che guardano ai termini dei conflitti, che vogliono la fine delle sofferenze, ma bisogna valutare se guardare oltre non significa appiattire le differenze e fare tutti uguali».
Equidistanza immorale: il caso Israele in Ucraina
A dimostrazione di quanto sia complesso, variegato e interconnesso lo scenario internazionale – e di quanto siano mutevoli i parametri della morale umana –, lo scorso anno accuse di «immoralità», per giunta rispetto alla guerra in Ucraina, erano rivolte al Governo di Netanyahu. «La politica di Israele in Ucraina non è solo immorale. È anche poco saggia», titolava nell’aprile 2022 Haaretz, quotidiano dell’Israele liberal, coscienza critica e spina nel fianco del Likud di Benjamin Netanyahu.
«La politica di Israele sembra trascendere la fumosità, ed è semplicemente insensata e moralmente imbarazzante. […] Israele ha girato intorno alla questione della condanna della Russia, spiegando che ci sono “sensibilità strategiche” nelle relazioni con Mosca – il che suona sempre più come una scusa debole e ingiustificabile», denuncia in quel momento Alon Pinkas dalle pagine di Haaretz. «Israele ha adottato un tipo di quasi-neutralità palesemente immorale e politicamente imprudente».
Moralità e armamenti
Dal canto suo, solo poche settimane più tardi, incalzato dai giornalisti sul volo di rientro dal viaggio apostolico in Kazakistan, papa Francesco interviene sull’invio di armamenti agli ucraini. «Questa è una decisione politica, che può essere morale, moralmente accettata, se si fa secondo le condizioni di moralità», spiega il Papa.
«Ma può essere immorale – prosegue papa Francesco, lasciando intendere altro del suo pensiero – se si fa con l’intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più… La motivazione è quella che in gran parte qualifica la moralità di questo atto. Difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria». Felici i bambini del tempo in cui, ad avere una morale, erano le favole.
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