Misericordia, la forza disarmante. Intervista a Mons. Mauro Cozzoli

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Mons. Mauro Cozzoli
Mons. Mauro Cozzoli.

La misericordia divina oggi «sta ritrovando la sua radice biblica», dice Mons. Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense. Un tema, a tratti spinoso, che sarà al centro del prossimo Anno Santo. Woitiliano per almeno tre motivi.

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Con la pubblicazione della bolla giubilare, il prossimo 11 aprile, verrà indetto ufficialmente da papa Francesco l’Anno Santo della Misericordia. La scelta della data, niente affatto casuale, colloca l’Anno Santo straordinario entro precise coordinate spirituali e temporali. Il rito della pubblicazione della bolla d’indizione avverrà infatti in occasione dei Primi Vespri della domenica in albis, dal 2000, con papa Giovanni Paolo II, anche domenica della Divina Misericordia, festa che rimanda alla santa e mistica polacca Faustina Kowalska.

In quello stesso 2000, però, con il papa polacco veniva celebrato anche il Grande Giubileo a Roma, in Terrasanta e in altre località del mondo. Una caratteristica di pluralità che sembra non mancherà anche a questo Anno Santo straordinario, a giudicare dal coinvolgimento del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nelle fasi preparatorie. Non solo: l’Anno Santo straordinario, che inizierà il prossimo 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, coinciderà inevitabilmente anche con un altra felice istituzione woitiliana, quella della Giornata mondiale della gioventù, e precisamente con quella che avrà luogo nell’estate 2016 a Cracovia, in Polonia, e che avrà nel Santuario della Divina Misericordia di Łagiewniki un luogo privilegiato per le celebrazioni, alle quali prenderà parte lo stesso Francesco.

Un Anno Santo straordinario con al centro la misericordia divina, dunque, tematica tanto ricorrente nel pontificato di Francesco quanto «qualcosa di difficile da capire», come osservava lo stesso Pontefice in una sua omelia a Santa Marta, il 7 aprile di un anno fa. È «il modo come perdona Dio» il peccatore – in quel caso l’adultera di Gv 8, 1-11 – che «non dice: “È stata una falsa accusa! Io non ho fatto adulterio!”», bensì «riconosce il suo peccato»; è «il mistero della misericordia di Gesù», che «difende il peccatore da una condanna giusta».

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Un tema che oggi «sta ritrovando la sua radice biblica», secondo Mons. Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense e dal 1999 direttore spirituale del Pontificio Seminario Romano Maggiore, al quale va il mio cordiale ringraziamento per la disponibilità a dedicarmi parte del suo tempo.

Nell’ultimo anno, in concomitanza con il pontificato di Francesco, il tema della misericordia divina è divenuto di grande attualità, non solo fra i cattolici. Gli uomini e le donne di oggi sentono un maggior bisogno della misericordia divina rispetto al passato?

Evidentemente sì. Perché c’è tanto male dentro e dintorno. Male nella forma della sofferenza, della divisione, dell’emarginazione, della povertà, della colpa, del fallimento, delle minacce, dell’iniquità e del torto subiti. La misericordia vince il male con il bene. È la profezia del bene più forte del male, dell’amore più forte della diffidenza.

Lei ha una lunga esperienza come direttore spirituale. È cambiato il modo in cui la misericordia viene interpretata e accolta, anche tra i futuri sacerdoti?

Oggi la misericordia sta ritrovando la sua radice biblica. È compresa in senso meno formale e moralistico e più teologale ed evangelico. Radicata nel volto del Dio biblico, «misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» e nell’insegnamento e nella prassi di Gesù, che «passò beneficando e sanando tutti» e dà la vita per amore. Come tale è più persuadente e movente.

Nella Chiesa il dibattito sulla misericordia divina assume talvolta toni vivaci. Apparentemente è un tema “caldo”, in grado di infiammare anche gli animi dei membri del clero: un paradosso, normali divergenze di interpretazione o non potrebbe essere altrimenti?

Si pensa, da parte di taluni, che insistere sulla misericordia significhi sottovalutare la negatività del male. Significhi in particolare sminuire la verità e indebolire la forza della legge con le pene comminate ai trasgressori. La misericordia non è mai senza la verità e contro la legge; non cede nulla al male e provoca la conversione del peccatore. La misericordia guarda le persone afflitte dal male, per curarne le ferite e incoraggiarle al bene.

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Attirati dall’interesse suscitato presso il grande pubblico, anche i media si occupano frequentemente di misericordia, spesso con modi di esacerbato giustificazionismo. Esiste il rischio di non comprendere – e di non far comprendere – correttamente il significato della misericordia divina?

Si crede e si fa credere che la misericordia sfoci in un perdonismo senza risarcimento e pentimento e in un buonismo complice del vizio e dell’ingiustizia, rappresentando così una facile condiscendenza al male. La misericordia – come dice la parola stessa – è il cuore che si china sulla miseria umana: sulla miseria fisica nel dono e sulla miseria morale nel perdono. Là dove l’indifferenza al male e la rivalsa producono altro male, la misericordia lo aggredisce con la forza disarmante e risanante dell’amore. Come ha fatto Gesù dalla croce.

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Nell’immagine: Bartolomé Esteban Murillo, Il ritorno del figliol prodigo, 1667-1670, Washington, National Gallery of Art.

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