Medjugorje e il Papa: le parole, le lettere e i vescovi

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Folgori e acqua su Medjugorje? Era il 14 novembre 2013 quando per la prima volta da Papa, Jorge Mario Bergoglio si riferiva al fenomeno dei veggenti di Medjugorje, con parole che allora in pochi colsero nell’immediato e che ebbero un’eco limitata anche nei giorni successivi. Allora, commentando il passo evangelico di Lc 17,22-24, Papa Francesco spiegava come «la curiosità ci spinge a voler sentire che il Signore è qua oppure è là; o ci fa dire: “Ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere della Madonna, messaggi dalla Madonna”», ricordando poi come «la Madonna è Madre! E ci ama a tutti noi. Ma non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni». Non mancò in quell’occasione un riferimento alle «novità» che «allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo», perché «Gesù dice che il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione: viene nella saggezza». Ad un anno e mezzo di distanza, il Pontefice è tornato in questi giorni a fare riferimento in due occasioni al dibattuto caso di Medjugorje.

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La prima volta in concomitanza con il viaggio apostolico a Sarajevo, il 7 giugno scorso. Rispondendo ad una domanda sull’argomento posta da un giornalista croato sul volo di rientro a Roma, papa Francesco ha ricordato come «sul problema di Medjugorje papa Benedetto XVI, a suo tempo, aveva fatto una commissione presieduta dal cardinale Camillo Ruini; c’erano anche altri Cardinali, teologi e specialisti lì. Hanno fatto lo studio e il cardinale Ruini è venuto da me e mi ha consegnato lo studio, dopo tanti anni – non so, 3-4 anni più o meno. Hanno fatto un bel lavoro, un bel lavoro. Il cardinale Müller [Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede] mi ha detto che avrebbe fatto una feria quarta [un’apposita riunione] in questi tempi. Siamo lì lì per prendere delle decisioni. Poi si diranno. Per il momento si danno soltanto alcuni orientamenti ai vescovi, ma sulle linee che si prenderanno».

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Ulteriore risonanza a questo primo accostamento alla questione di Medjugorje è stato dato due giorni dopo, in occasione dell’omelia mattutina pronunciata dal Pontefice a Santa Marta. Muovendo dalla Seconda Lettera di Paolo ai Corinzi e trattando dell’identità cristiana e di coloro che hanno continuo bisogno «di novità dell’identità», papa Francesco ha messo in guardia dalle «spiritualità cristiane un po’ eteree», dagli «gnostici moderni» e da coloro «che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana» e vanno cercando «”Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna manderà alle 4 del pomeriggio?” Per esempio, no? E vivono di questo. Questa non è identità cristiana». Parole che i più, probabilmente non a torto, hanno ricollegato al fenomeno – miracoloso o miracolistico – in corso a Medjugorje. Un’identificazione confortata anche dall’uso da parte del Pontefice di un’immagine simile – quella del capoufficio della Posta e della lettera – tanto nel novembre 2013 quanto ieri a Santa Marta.

La quasi totalità della stampa italiana ha riferito le parole del Pontefice circa la non-identità cristiana all’intero fenomeno di Medjugorje e, in alcuni casi, all’intero fenomeno dei veggenti e delle apparizioni mariane. In attesa del pronunciamento pontificio, però, a ben guardare le parole di papa Francesco si riferivano più verosimilmente a «quelli che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana» e hanno «dimenticato che sono stati scelti, unti» e che già «hanno la garanzia dello Spirito». È quell’atteggiamento di «mondanità» umana che spinge verso una «religione un po’ soft, sull’aria e sulla strada degli gnostici» e di quanti sono propensi ad «annacquare la testimonianza», a scendere a compromessi, ad «allargare tanto la coscienza che lì c’entra tutto. “Sì, noi siamo cristiani, ma questo sì…”. Non solo moralmente, ma anche umanamente». È la tentazione di dimenticare che «la croce è uno scandalo», ieri come oggi, e che l’identità cristiana è «un’identità che non cerca di adattarsi alle cose» fino «a perdere il sapore del sale».

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Nel volo da Sarajevo a Roma, il Pontefice ha anche fatto espresso riferimento ad «orientamenti» forniti ai vescovi. Anche in questo caso, il 2013 costituisce un precedente. Il 27 febbraio 2013 e il successivo 21 ottobre, infatti, in due lettere inviate alla Conferenza episcopale americana, il card. Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sottolineava come le “apparizioni” (le virgolette sono presenti anche nel testo originale della lettera) mariane a Medjugorje fossero ancora al vaglio della Chiesa. Ad aver motivato l’invio delle missive ai vescovi statunitensi era stata allora una serie di conferenze prevista in alcune parrocchie americane e tenuta da Ivan Dragicevic, in una delle lettere indicato come «one of the so-called visionaries of Medjogorje» («uno dei cosiddetti veggenti di Medjugorje»).

Anche in quell’occasione veniva ribadita dai vertici della Congregazione per la Dottrina della Fede la linea del 1991, secondo la quale «i chierici e i fedeli non possono partecipare ad incontri, conferenze, o celebrazioni pubbliche in cui la credibilità di queste “apparizioni” venga data per certa», tanto più che in vista delle conferenze americane presiedute da Dragicevic era stato anticipato che lo stesso avrebbe ricevuto delle “apparizioni” durante gli incontri in programma.

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