Ci sono le preghiere dei fedeli. E poi le strumentalizzazioni di Trump. E, ancora, gli attacchi a luoghi della comunità cattolica. Negli Stati Uniti la religione è scesa in strada, talvolta come vittima.
Da una parte, uomini e donne in ginocchio che pregano e cantano inni. Dall’altra, un presidente con la Bibbia agitata fra le mani e sulle labbra l’ipotesi di ricorrere all’esercito per «riprendere il controllo delle strade». Sono queste due delle immagini più emblematiche del peso che la religione sta avendo nelle manifestazioni in corso negli Stati Uniti dopo l’uccisione di George Floyd. Con Donald Trump efficace – forse ormai solo a livello mediatico – che rincara la dose, definendo i tumulti atti di terrorismo interno. «Se sindaci e governatori non saranno in grado di proteggere i cittadini – ha chiarito Trump, poco dopo la controversa dispersione con i lacrimogeni di una manifestazione pacifica davanti alla Casa Bianca – risolverò rapidamente il problema al posto loro». Chiamando anche in causa Dio. «Non sono proteste pacifiche, ma terrorismo interno. Distruggere vite innocenti e versare sangue innocente è un’offesa all’umanità e un crimine contro Dio».
Di religione, in occasione di queste manifestazioni, si è parlato molto, per lo più sottolineando la presa di posizione contro il razzismo manifestata da diversi esponenti delle Chiese evangeliche “bianche” americane – in controtendenza con la linea espressa negli ultimi anni – e soprattutto la discesa in campo, decisamente più tradizionale, della Chiesa cattolica al fianco dei manifestati pacifici. Fra le numerose dichiarazioni, però, una delle più efficaci si deve alla metropolia ortodossa dello Zambia: non la pelle nera, bensì un’anima “nera” – tinta, cioè, della violenza e del peccato – è un problema. Il modello? San Mosè l’Etiope, di Scete, venerato anche dalla Chiesa cattolica, che da “ladrone insigne” – così lo definisce il Martirologio romano – divenne celebre anacoreta, convertendo molti appartenenti alla sua “banda” di malfattori e conducendoli con sé in monastero.
Si è parlato decisamente meno, invece, dei numerosi attacchi registrati a chiese cattoliche e ad altri luoghi di culto durante le manifestazioni in corso in diverse località degli Stati Uniti. Atti di frange estremiste, senza dubbio, che nulla hanno a che vedere con la lotta contro il razzismo. Ma anche immagini impopolari, che deve essere sembrato preferibile tacere per salvaguardare una narrazione politically correct degli eventi. Che invece dicono molto – anch’esse – del crescente clima di uso e di abuso della religione che caratterizza gli Stati Uniti e di una fede chiamata in causa fin troppo spesso a sproposito.
Molteplici danneggiamenti a chiese si registrano in California, Minnesota, New York, Texas e Colorado, mentre nell’Illinois ad essere colpita è stata una libreria gestita dalle Suore Paoline a Chicago, vicino al Millennium Park: vetrine infrante, danneggiamenti alla proprietà e tanta paura, ma nessun danno alle persone. In Kentucky, invece, la violenza di alcuni gruppi di manifestanti si è rivolta contro la cattedrale cattolica di Louisville, residenza anche dell’arcivescovo Joseph E. Kurtz, che fra l’altro si era già schierato al fianco dei manifestanti pacifici: vetri infranti e graffiti sulle pareti esterne.
Proprio questi ultimi raccontano storie diverse. Se a New York le scritte comparse sulla cattedrale di San Patrizio durante i cortei di protesta possono essere facilmente derubricate a generici atti di vandalismo (“No justice no peace”, “BLM” – Black Lives Matter, “NYPDK” – NYPD Killer), ben diverso è il caso della cattedrale di Denver, colpita da danni giudicati potenzialmente irreparabili, in particolare al portale bronzeo.
La cattedrale, intitolata all’Immacolata Concezione, nei giorni scorsi è stata oggetto di ripetuti attacchi che appaiono evidentemente diretti contro la comunità cattolica. Accanto a simboli anarchici e scritte contro la polizia, infatti, sui muri della chiesa e della rettoria hanno fatto la loro comparsa messaggi come “God is dead” (Dio è morto), “There is no God” (Dio non c’è) , oltre alla scritta “Pedofiles”. Uno schiaffo in vertice spray rossa che, al di là della sgrammaticatura che la dice lunga sugli autori, ha un chiaro destinatario: l’intera Chiesa cattolica e non certo questo o quel sacerdote effettivamente criminale in Colorado. Effetto, anche questo, dell’uso strumentale della condotta mostruosa di alcune minoranze all’interno della Chiesa. Oltre che della cecità di chi non vuole vedere: non è, anche questa, una subdola forma di discriminazione?
© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.