Se il rapporto fra la Chiesa e le Esposizioni universali è di lunga data, ben più recente – e critico – è quello con la Biennale d’arte di Venezia. Amante della liturgia e del canto gregoriano, sarà il futuro Giovanni XXIII a compiere un passo decisivo. Per rendere le anime inescusabili, anche ad Expo.
Può forse stupire, scorrendo le agende dell’allora patriarca di Venezia Angelo Roncalli, scoprirvi come l’attitudine alle diverse forme artistiche costituisca un elemento ricorrente e importante nell’episcopato lagunare del futuro Giovanni XXIII. In particolare nel triennio 1956-1958, periodo che segna la piena maturità del ministero episcopale, le agende del presule bergamasco, fonti di straordinaria importanza per sgomberare la sua figura da molti luoghi comuni sortivi attorno, documentano la definitiva affermazione del vescovo, per giunta membro del Sacro Collegio, sul nunzio pontificio segnato, ma non inaridito, dalla lunga carriera diplomatica.
Sin dai primi anni del suo episcopato, Roncalli si distingue per il valore tributato all’osservanza della dottrina cattolica e all’adesione al magistero della Chiesa. «Le impressioni e i giudizi degli uomini cambiano come la nuvola nel firmamento, come la moda e il gusto del vestire e del parlare sulla terra. Conviene restare saldi a ciò che è spirituale ed eterno»1. Questo si traduce nella grande importanza data alle Sacre Scritture, fatte proprie anche attraverso l’opera dei Padri della Chiesa. Accogliente e dialogante, appare tanto distante dall’agitazione teologica che attraversa parte della Chiesa in questi anni, tanto capace della fermezza di un «montanaro e figlio di umili contadini»2 su ciò che ritiene indiscutibile.
Particolare importanza ha per Roncalli anche la devozione ai santi veneziani, primi fra tutti san Marco, san Lorenzo Giustiniani e san Pio X, unitamente al ruolo attribuito alla liturgia: tanto nel rapporto quotidiano con il Breviario e il Messale, quanto nella sincera passione per la correttezza dello svolgimento delle celebrazioni e la puntualità dell’accompagnamento corale, specie gregoriano. Critico verso quegli «artisti che non vedono che l’arte e non conoscono né apprezzano la liturgia»3 e lontano da un gusto astrattamente erudito, l’interesse del Patriarca è sempre calato in una dimensione pastorale e abbraccia l’intero afflato spirituale e culturale della città e della sua Chiesa: la sua storia, la sua arte, la sua tradizione liturgica e devozionale.
Consapevole della spiccata vocazione culturale di Venezia, Roncalli mostra il suo interesse per le sue ricchezze librarie e accademiche e per i suoi tesori pittorici («Se però il riflesso di tanta bellezza dei visi di Gesù, della Madonna, dei santi basta a rapirci gli occhi, che sarà la visione della realtà in Paradiso!», commentava dopo una visita alle Gallerie dell’Accademia, il 14 febbraio 1954). Di Antonio Canova, fra i maggiori artisti di ambiente veneziano, condivide il mi no odio nessun, «regola di ogni buon cristiano che si rispetta e ama farsi rispettare»4, ma pur giudicandolo «un bravo uomo», non ne apprezza le sculture, «parlo delle femminili, troppo ignude: Dominus illi parcat»5.
Interesse misurato, talvolta cauto, ebbe anche per la Mostra del Cinema. Per i cineasti celebrò una Messa, il 1 settembre 1957. Tutt’altro che spettatore del panorama culturale cittadino, Roncalli inaugura il 25 marzo 1953 lo Studium Cattolico, in Piazzetta dei Leoncini, finalizzato alla promozione delle tematiche religiose in ambito storico e artistico. Due giorni dopo l’inaugurazione, Roncalli è a Marghera, sua «prima introduzione fra il mondo operaio». «Noi [cristiani] siamo qui sulla terra non a custodire un museo: ma a coltivare un giardino fiorente di vita», annota cinque anni dopo, in occasione dei funerali di Pio XII6. Dato lo spiccato interesse per la cultura, non stupisce che sia proprio Roncalli ad attenuare la pluridecennale frattura tra la curia veneziana – e non solo – ed una delle manifestazioni di arte contemporanea più note della città, la Biennale.
Fin dal 1894 i patriarchi di Venezia avevano interdetto al clero la visita alla Biennale d’arte, caratterizzata da un diffuso anticlericalismo, sconsigliandola anche ai fedeli. Nel 1956 le «condizioni atmosferiche» sono però «migliorate»7 e l’Istituto Internazionale di Arte Liturgica auspica l’inaugurazione di un padiglione d’arte sacra alla Biennale. L’appello cade quasi nel vuoto, e in quell’occasione ci si limita alla creazione di sezioni di arte sacra all’interno di alcuni dei padiglioni.
Il 1956 si rivela comunque un anno di importanti novità. Primo fra i patriarchi di Venezia, Roncalli visita di persona in quell’anno i padiglioni dell’Esposizione, sebbene non veda «del resto che le sale dell’Italia e della Francia e Belgio». Giudica «il complesso dei padiglioni, giardino, attrezzamenti veramente degni! Ma il contenuto: i pezzi esposti, i saggi dell’arte contemporanea a mio avviso un pervertimento dei concetti della bellezza, e della arte, quali furono sentiti e vissuti sin qui: un vero ospedale dell’arte e degli artisti»8.
La sua opinione non deve mutare di molto in occasione della sua seconda visita, nel luglio 1958, pochi mesi prima della sua elezione a pontefice, se tiene a motivarla, «così come fu fatta ed accolta», come un «gesto di rispetto generale all’arte, più pratico ed opportuno che non un’astensione da parte di chi rappresenta la Chiesa»9. La Biennale ospita in quell’anno 98 opere ispirate al tema sacro, presentate nei padiglioni di 17 Paesi. Anche in questo caso, Roncalli si mantiene fedele ai caratteri del suo episcopato, di ritenere cioè che «rendere le anime inescusabili in faccia ai rischi più gravi è già un inizio di buon ministero nostro, che vale più del corrige et increpa di un tempo»10. Un messaggio che potrebbe ricalcare le motivazioni dell’attuale presenza della Chiesa ad Expo Milano 2015.
1. Angelo G. Roncalli, Scritti e discorsi, III, Roma, 1959, p. 233.
2. Angelo G. Roncalli, discorso a Monte Sant’Angelo (Fg), 29 agosto 1955.
3. Angelo G. Roncalli, Pace e Vangelo. Agende del patriarca, I, Bologna, 2008, p. 535.
4. Angelo G. Roncalli, Scritti e discorsi, III, Roma, 1959, p. 233.
5. Ivi.
6. Roncalli, Pace e Vangelo, II, p. 746.
7. Ibid, I, pp. 231-232.
8. Ivi.
9. Ibid, II, pp. 704-705.
10. Angelo G. Roncalli, lettera all’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, 26 aprile 1956.
Nell’immagine: Manzù presenta a papa Giovanni XXIII il busto conservato nei Musei Vaticani, 13 aprile 1963.
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Il Sismografo