La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano 7 novembre 2021

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Domenica 7 novembre 2021. Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.


In quel tempo. Anche i soldati deridevano il Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
(Lc 23, 36-43)

“Già allora, quindici secoli or sono, la libertà della loro fede ti era cara sopra ogni altra cosa. Non eri forse tu a dire tanto spesso: ‘Voglio rendervi liberi’? Ecco, ora li hai visti, gli uomini ‘liberi’! […] Sì, l’impresa ci è costata cara, ma finalmente siamo riusciti a compierla nel tuo nome. Ben quindici secoli ci siamo prodigati per questa libertà, ma ora è finita, è storia chiusa. Non lo credi? Mi guardi con dolcezza senza neppure degnarmi del tuo risentimento? Sappi però che mai come adesso gli uomini sono convinti di essere assolutamente liberi, e invece sono stati loro stessi a portarci con le loro mani la libertà, a deporla umilmente ai nostri piedi. Questo è il frutto della nostra opera”.
(F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

Celebriamo la solennità che mette a fuoco il mistero cristiano della signoria di Gesù, re dell’universo. Gesù è re. Che cosa significa? Qual è il contenuto di questa immagine, la pretesa di questa affermazione?

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C’è, nei Fratelli Karamazov, un racconto-nel-racconto. Uno dei personaggi, in un lungo monologo, tesse la trama di una narrazione che ha intenzione di mettere su carta. Il protagonista sarà un novantenne ecclesiastico, un inquisitore. Dopo quindici secoli Gesù decide di tornare nel mondo, ma viene subito arrestato dalle autorità ecclesiastiche e condotto in catene, perché sia interrogato dal grande inquisitore, appunto. Ed emerge la vera natura dei pensieri e della volontà degli uomini di Chiesa: liberare i figli di Adamo dal peso, per loro insopportabile, della libertà.

Diamo loro l’impressione di essere liberi, e in realtà si sono solo messi nelle nostre mani. Perché, in verità, non vogliono essere liberi: quel che cercano è la tranquillità. E noi la diamo loro. Fate quel che vi diciamo – noi autorità ecclesiastiche – e sarete certi di non sbagliare. Mai come adesso gli uomini sono convinti di essere assolutamente liberi, e invece sono stati loro stessi a portarci con le loro mani la libertà.

Gli uomini sono come bambini, dice il grande inquisitore. Tu, Figlio di Dio, hai cercato, secoli fa, di renderli adulti, capaci di decidere da sé, di rischiare l’avventura della vita imparando dal cammino e dalle cadute. In questo modo hai creato solo degli infelici. Volevi renderli re, signori di se stessi e schiavi di nessuno, e non hai capito che quel che cercano con tutte le loro forze, con tutta la forza dei loro incubi, è di rimanere schiavi. I figli degli uomini ci implorano di essere noi a decidere per loro. Voglio restare infantili, non diventare protagonisti della loro vita.

In che senso Gesù è re? Solo nel senso che è impegnato a renderci signori di noi stessi, liberi e responsabili sotto il cielo, avventurieri della condizione umana, esploratori della gioia di diventare vivi per davvero. È il Nemico, il Satana, il grande accusatore (che nel racconto di Dostoevskij veste i panni dell’ecclesiastico, o comunque ne inquina i pensieri e le parole) a volere che uomini e donne rimangano infantili, incapaci di crescere davvero.

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Ha ragione il grande inquisitore? O ha ragione il Figlio dell’Altissimo? La risposta la diamo concretamente, nella carne della nostra umanità un po’ sghemba, ma anche tanto bella.

Il Signore ci accompagni.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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