V Domenica dopo l’Epifania. L’essenziale. Parole sottotraccia che indicano la luna. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Gv 4, 46-54
In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Un paese, due miracoli e poche parole. Il paese è lo stesso. Siamo a Cana di Galilea: luogo certamente fortunato, se si considera che proprio lì l’evangelista Giovanni colloca tutti e due i “segni” che Gesù compie per primi! I miracoli sono completamente diversi: quello dell’acqua che diventa vino salva una festa di nozze, quello della guarigione di un moribondo salva una vita che rischiava di non vedere il fiore degli anni.
Le poche parole che Gesù pronuncia in entrambe le occasioni sono pressoché simili: sembra agire controvoglia. Alla madre, durante le nozze di Cana risponde: “non è ancora giunta la mia ora”; davanti al padre del malato che continua a pregarlo esclama: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”.
Le due situazioni così distanti ci potrebbero far pensare ad un Gesù che non vuole lasciarsi coinvolgere a prescindere, senza troppi riguardi per la situazione che ha davanti: nel caso delle nozze di Cana, però, va in scena ciò che apparentemente è superfluo, ma nel secondo miracolo l’intervento di Gesù sembrerebbe necessario! Che Gesù sia così miope da non saperli distinguere?
Una riflessione di Calogero Marino, che ho ascoltato qualche anno fa, mi aiuta a guardare più in profondità: “Siamo così impegnati a pensare al necessario, che ci scordiamo dell’essenziale”. Le parole sottotraccia di Gesù non sono il riflesso della sua reticenza ad agire: i segni che il suo dito traccia indicano la luna! Al di là di tutto il superfluo e oltre tutto il necessario, l’essenziale è credere in Lui.
“Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna”
(Gv 6,40)
Don Alessandro Noseda
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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