Domenica 3 ottobre 2021. V Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova il Signore Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
(Lc 10, 25-37)
“Quante volte in vita mia mi hanno chiamato traditore. La prima fu quando avevo dodici anni e un quarto, e abitavo in un quartiere al fondo di Gerusalemme. Durante le vacanze estive, meno di un anno prima della partenza del governo mandatario inglese e della nascita dello stato d’Israele, in mezzo alla guerra. Una bella mattina trovammo scritto con uno spesso tratto nero, sul muro di casa nostra, proprio sotto la finestra della cucina: “Profi vile traditore!”.
(Amos Oz, Una pantera in cantina)
Amos Oz è uno scrittore israeliano morto qualche anno fa. Una pantera in cantina è il titolo di uno dei suoi romanzi. Gerusalemme, anno 1947: ci sono gli inglesi, c’è ancora il protettorato britannico sulla città. Profi è un ragazzino ebreo, ha dodici anni ed è il protagonista del racconto. È cresciuto con idee molto chiare: gli inglesi sono i cattivi, amici degli arabi e imbroglioni e invasori in Israele.
Poi nella sua vita accade una cosa curiosa. Per caso, comincia a frequentare un loro ufficiale, il sergente Dunlop. Man mano che lo conosce, Profi sente emergere una certa curiosità e un dubbio sulla sensatezza di una divisione così netta tra buoni e cattivi sotto il cielo. Profi e il sergente Dunlop fanno un patto: si insegneranno l’un l’altro le parole della propria lingua. Per capirsi, perché i muri altrimenti son troppo incombenti, perché sennò si vive sempre nella paura, nel sospetto e nell’odio.
Un mattino compare una grande scritta nera sul muro di casa: «Profi vile traditore». Qualcuno si è accorto dei suoi incontri con il sergente inglese. Perché traditore? Perché per tutti quelli che vedono le cose in bianco e nero, se tu cambi, se ne dai una lettura più sfumata e meno facile, se impari le parole dell’altro, sei pericoloso. Se costruisci un piccolo ponte sopra il muro, tradisci.
Tra le parabole di Gesù, questa del buon samaritano sarà stata una di quelle che facevano inarcare i sopraccigli. Perché è un racconto rischioso: Gesù si espone all’accusa di essere un traditore del suo popolo.
Mi hanno parlato di preti che durante la Messa, quando arrivano alla preghiera per il Papa, non dicono il nome di Francesco, come protesta contro il “falso pontefice”, il “traditore della solidità dei muri”, che “mina la purezza della tradizione cattolica”, “generatore di confusione dottrinale”, “apostata della grande battaglia contro eretici e pagani”.
La compassione non accetta i muri di separazione. Essa è guardata oggi con qualche diffidenza. Le si è dato un soprannome: qualcuno si confonde, la chiama “buonismo”. Ma in un racconto come questo, Gesù si dichiara a favore dell’impegno e della compassione che lo smuove.
Nella grande avventura di fare il passo guidati dalla compassione, il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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