La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano 27 giugno 2021

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Domenica 27 giugno 2021. V Domenica dopo Pentecoste. Anno B. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.


In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro. Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: «Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!». Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio. Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
(Gv 12, 35-50)

«Che ho fatto in tutta la mia vita missionaria? Nel lontano 1924 fui lanciato inesperto tutto solo in un bosco, a sei giorni di cavallo dai miei confratelli e mi fu detto: “Svilùppati”. E cominciai… Voi chiederete: “Ad evangelizzare?”. Avete sbagliato. Cominciai con l’accetta a disboscare… per respirare. Nella capanna c’era troppo fumo: costruii una cucina a parte. E cominciai… Voi chiederete: “Ad evangelizzare?”. Avete sbagliato. Cominciai a fare il medico, a distribuire medicine, ringraziando chi si degnava di accettare, dalle mie mani, pillole di chinino (quanto chinino!), chi si lasciava ungere con unguento solforico (quanta scabbia, me la presi anch’io). Alla sera attorno al fuoco, al chiarore della lucerna fumosa, studiavo lingue e medicina. Troppo solo: poetavo per non piangere, scrivevo di notte per allungare la giornata. E cominciai… Voi chiederete: “Ad evangelizzare?”. Mi dispiace ma avete sbagliato. Almeno come l’immaginate. Cominciai a camminare, camminare, camminare. Il Vangelo io lo conoscevo, lo amavo, lo praticavo, ma me lo dovevo tenere nel cuore solo per me. La gente sospettosa non ne voleva sentire. Il mio lavoro era solo quello di donare ciò che avevo, quel che potevo, ciò che mi chiedevano. In questo sforzo per tutta la mia vita, il mio obiettivo sono state le persone umili e semplici. Rendere felici gli infelici era il mio ideale e dopo 43 anni di pazienza i felici ci sono. Quanti? Sul principio li contavo, poi mi sembrò inutile. A loro, più che ad altri, donai me stesso. Che mi serbino più o meno riconoscenza, poco importa; se stanno bene loro, sto bene anch’io».
(p. Clemente Vismara)

Padre Clemente Vismara, missionario del PIME per sessantacinque anni nelle foreste della Birmania, è morto a Mong Ping nel 1988. Sintetizzava così, nelle parole che ho riportato, il suo modo di annunciare il Vangelo. Il Vangelo nel cuore, “lo praticavo […] ma me lo dovevo tenere solo per me”. La diffidenza dei birmani lo spinge all’annuncio dei gesti, alla passione dell’impegno feriale, dove le parole d’amore prendono la forma del chinino e la predicazione si scioglie nell’unguento anti-scabbia. La sua presenza è Vangelo, anche mentre non ne parla. È luce anche dal cuore di tenebra della foresta.

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Non diversamente da Gesù, che proprio mentre si proclama luce e primogenito tra i figli della luce, “se ne andò e si nascose loro”. Quel Gesù che, nel discorso della Montagna, ammonisce che “non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia a luce a quelli che sono nella casa” (Mt 5,15), ecco, si ritira e si nasconde. Lo fa – riflette l’evangelista Giovanni – perché “sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui”. Tanta luce rovesciata davanti agli occhi di chi lo incontra.

Le risponde la chiusura glaciale di chi vuole rimanere al buio. “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. Ma se anche vi chiudete nell’oscura foresta della vostra diffidenza, la mia opera di Vangelo non vi lascia. Si esprime in altre forme, meno esplicite magari. Sarete nutriti dal mio amore e non lo chiamerete con il mio nome. Vi amerò nel chinino e nell’unguento. E chissà che la vita non vi spalanchi, un po’ per volta, a pronunciare il mio nome e ad aprirvi alla relazione consapevole con me.

E nel frattempo, “che mi serbino riconoscenza, poco importa; se stanno bene loro, sto bene anch’io”.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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