Domenica 24 ottobre 2021. I Domenica dopo la Dedicazione. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Il Signore Gesù apparve agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
(Mc 16, 14b-20)
Viviamo in un contesto moralmente contaminato. Ci sentiamo moralmente malati perché ci siamo abituati a dire cose diverse da quelle che pensiamo. Abbiamo imparato a non credere a nulla, a ignorarci l’un l’altro, a interessarci solo di noi stessi. Concetti come amore, amicizia, compassione, umiltà e perdono hanno perso il loro senso più profondo e le loro dimensioni più ampie […]. Mi riferisco a tutti noi. Tutti ci siamo abituati al sistema totalitario e lo abbiamo accettato come un fatto immutabile, contribuendo alla sua perpetuazione. In altre parole, siamo tutti responsabili – sebbene in misura diversa naturalmente – del funzionamento della macchina del totalitarismo; nessuno di noi è solo vittima, siamo tutti anche i suoi co-creatori. Sarebbe assai irragionevole interpretare la triste eredità degli ultimi quarant’anni come qualcosa di alieno che dei parenti lontani ci hanno trasmesso. Dobbiamo invece accettare questa eredità come un peccato che abbiamo commesso contro noi stessi. Se lo accettiamo come tale, capiremo che spetta a noi tutti, e solo a noi, fare qualcosa per porvi rimedio.
(V. Havel)
È una parte del sorprendente discorso di Vaclav Havel, subito dopo la sua elezione a primo presidente della repubblica cecoslovacca, il primo giorno di gennaio del 1990. La Rivoluzione di Velluto, del tutto pacifica, aveva da poco segnato il tramonto del regime comunista, e il dissidente letterato, commediografo e saggista, a lungo temuto e vessato dal potere, viene diffusamente riconosciuto come il credibile bastione morale su cui poter fondare gli anni a venire.
Quel che sorprende del suo primo discorso alla nazione è la sua assoluta allergia a qualsiasi forma di retorica. Non indulge per un solo momento al trionfalismo. Ha tempo e voce solo per mettere ognuno con le spalle al muro della propria responsabilità. Nessuno di noi è solo vittima; spetta a noi tutti, e solo a noi, fare qualcosa per porvi rimedio. Solo l’assunzione di responsabilità è l’imbocco per il sentiero della libertà. Se ti limiti a dare a chi è venuto prima la responsabilità della contaminazione morale che ti affligge, ne sarai sempre solo vittima.
Il Vangelo di Marco si conclude con un Gesù che rimprovera gli Undici per la loro incredulità: non hanno dato credito all’annuncio di un mondo nuovo che si apre. Devono fare i conti con la loro durezza di cuore, devono farne qualcosa, se vogliono essere annunciatori credibili della notizia di gioia che è loro affidata. Dovranno entrare in un contesto moralmente contaminato, come quello di cui parla Havel, e portare ai figli di Adamo l’invito alla risurrezione, a destarsi a un modo nuovo di stare al mondo. Le persone dovranno essere aiutate a riconoscersi responsabili del male di ieri, per liberarsene, e depositarie del fulgore di domani, per coltivarlo.
È la grande avventura di riconoscersi depositari del Vangelo, e anche trasportati dal Vangelo, per aprire i cuori alle prospettive di un domani di nuova qualità. Il Vangelo vuole destarci alla nostra responsabilità, che si radica nel dono del Vangelo ricevuto.
Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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