Domenica 18 luglio 2021. VIII Domenica dopo Pentecoste. Anno B. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Si avvicinarono al Signore Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
(Mc 10, 35-45)
Come in tutti gli uomini, in Nechljudov c’erano due uomini. Uno, spirituale, che non aspirava per se stesso se non a un bene che fosse tale anche per gli altri; l’altro, animale, che aspirava a quanto fosse bene solo per se stesso, e che, a un tale bene, era pronto a sacrificare il bene del mondo intero. In questo suo periodo di pazzia egoista, provocatagli dalla vita pietroburghese e militare, quest’individuo animale predominava in lui, e aveva completamente soffocato l’individuo spirituale. Ma, riveduta Katjuša, e tornatogli dentro quel sentimento che per lei aveva avuto allora, l’uomo spirituale aveva rialzato il capo, e s’era fatto avanti a reclamare i suoi diritti. E senza tregua, per lo spazio di quei due giorni fino a Pasqua, s’era svolta in Nechljudov un’inconfessata lotta interiore.
(L. Tolstoj, Resurrezione)
Anche il Figlio dell’uomo ha conosciuto la lotta interiore di cui racconta Tolstoj, se i Vangeli ci mettono a parte delle suggestioni demoniache che ha dovuto affrontare nel deserto. Il Nemico aveva trascinato Gesù, subito dopo il battesimo al Giordano, nella solitudine pietrosa, per suggerirgli vie di realizzazione del Regno illusorie e sbrigative: imporre la propria autorità attraverso segni portentosi, guadagnarsi il consenso delle folle passando dalla pancia degli affamati, percorrere scorciatoie sulla via del potere ad ogni costo. Come ogni figlio di Adamo, Gesù ha dovuto scegliere a chi dare spazio: se all’uomo “spirituale” o a quello “animale”.
La richiesta di Giacomo e Giovanni e la reazione piccata degli altri offre al Maestro l’opportunità di un insegnamento sul tema del potere. Il senso del potere è di permettere all’altro da sé di vivere più pienamente, di vivere al meglio. Si è forti solo per dar sollievo e nutrire la vita altrui: solo in questo modo si nutre davvero la propria. Per questo il Figlio dell’uomo è venuto per servire: perché solo così la sua stessa vita cresce e matura dalle radici.
Nel romanzo di Tolstoj, il principe Nechljudov imparerà un po’ per volta, attraverso un lungo apprendistato, a “dar credito a se stesso”, alla parte profonda della propria umanità, all’“uomo spirituale” in lui, anziché a rispondere alle attese della società e del vanitoso contesto in cui vive. Questo lo porterà a impegnarsi, a lungo e con determinazione incrollabile, per dar sollievo a chi incontra sul suo sentiero.
Aveva sedotto e abbandonato una giovane indifesa, in un “tempo di pazzia egoista” in cui si dibatteva prigioniero di se stesso e non vedeva altro che il proprio immediato tornaconto. Molti anni dopo, però, l’incontro inatteso e fortuito con la giovane ridesta in lui l’assopito “uomo spirituale”, che intende la propria vita come inseparabile dalla vita altrui. Il principe diventerà servitore del sollievo di carcerati disperati.
La grande avventura di scoprire che è buono davvero solo quello che è buono per tutti, e non di vantaggio per me solo. Su questo sentiero il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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Chi non ha vissuto la lotta tra il bene e il male? Chi non ha passato notti insonni per discernere se seguire l’uomo materiale o quello spirituale? Chi non ha pianto per aver scelto il male? Questa lotta è più dura di tutte le lotte. E’ il cuore la sede delle decisioni, della volontà, non solo dei sentimenti. Fatta la scelta per il bene, ci si sente liberi, miti, pacificati con gli uomini. Da qui nasce il desiderio di fare il bene perché “gli altri” godano della tua stessa gioia: è la gioia del servizio!