Domenica di Abramo. III Domenica di Quaresima. Nel nome. Protagonisti inediti di un incontro irripetibile. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Gv 8, 31-59
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
“In the name of love
What more? In the name of love”
U2, Pride (In the name of love)
Per fortuna la traduzione è pacata. Per fortuna le parole sono in qualche modo ammorbidite, altrimenti leggere questa pagina durante la Messa sarebbe davvero spiacevole e – se già non lo fosse – persino imbarazzante.
Terza domenica di Quaresima: il rito ambrosiano ci propone come sempre un brano di Giovanni, denso di teologia ma anche di violenza. Dopo poche battute già volano insulti. E poi, in un’impennata ripidissima, improvvisamente, volano anche pietre.
Nel nome di Dio, ovviamente. Come sempre. Come se la specie umana avesse una sorta di “inclinazione” a farsi prendere la mano proprio da quel nome. Non, dunque, da debolezze proprie, ma da santi propositi! Peccato che il più delle volte poi succedano disastri.
Quel nome, infatti – proprio dalla Bibbia – ci viene detto che non lo si può mai impugnare, perché non è a nostra disposizione.Nel libro della Genesi c’è un racconto famoso, in cui Dio “lotta” con Giacobbe fino allo spuntare dell’alba. Alla fine Giacobbe gli chiede: “Dimmi il tuo nome”. Ma Dio si rifiuta: “Perché mi chiedi il nome?” e lo benedice. In un altro passo Dio risponde allo stesso modo a questa esigenza di sapere il suo nome, ma si precisa: “Perché mi chiedi il nome? Esso è misterioso”.
Proprio così. Noi non potremo mai conoscere Dio al punto da impugnare il suo nome: esso è misterioso. Per noi cristiani, ad esempio, pronunciare le parole “Nel nome del Padre e del Figlio…” ha senso unicamente se ad esse si accompagna il gesto di tracciare la croce di Gesù, che è segno d’amore e basta.
Nel nome di Dio possiamo solo amare. Niente di meno. C’è bisogno di qualcosa in più? Pare di no. Ai vertici della spiritualità di ogni tempo c’è sempre la stessa conclusione. Dice infatti il Corano:
“Che siate uomini o donne, voi siete membri l’uno dell’altro.
Ognuno è l’amico, il guardiano e il protettore dell’altro”.
Chi può capire capisca.
Gli altri, “in nome di Dio”, stiano fermi!
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.