La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo del 25 agosto 2024

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Domenica che precede il martirio di san Giovanni il Precursore. 100%. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.

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✠ Vangelo
Mt 10,28-42

Un vero amico è chi ti “obbliga” a fare
quello di cui sei capace

Una pagina di Vangelo graffiante si porta dentro tutto il dramma di un percorso esigente: seguire Gesù non è per nulla facile e richiede un taglio netto, che coinvolge anche i legami più stretti. La posta in gioco è troppo alta perché la proposta del Maestro si riduca ad un semplice maquillage delle abitudini o delle relazioni: bisogna essere disposti a rompere i legami di sangue, persino a “perdere” la vita e a caricarsi in spalla la croce.

Nella domenica che precede il martirio di san Giovanni Battista, il rito ambrosiano ci fa entrare nel vivo dell’esperienza di chi ha seguito Gesù fino in fondo, offrendoci la misura di questo strappo. Come fossimo davanti alla spaccata di una ballerina o al salto estremo di un ginnasta.

Ma, appunto, è un salto, non una caduta.

Perché in tutto questo c’è di mezzo un dono, che da un lato è la presenza di un Dio che di noi si prende cura: “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura…”, e dall’altro, sono le persone, che vivendo il Vangelo sprigionano tutto il loro valore: “Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto”.

Il Vangelo rende alcuni “profeti”, altri “giusti”, ma di certo fa sì che tutti esprimano ciò che sono, al 100%. Un giorno ho sentito una frase che mi ha colpito e della quale non sono più riuscito a trovare l’autore: “Un vero amico è chi ti ‘obbliga’ a fare quello di cui sei capace”. Il verbo è un po’ forte e non è quello che potremmo attribuire a Gesù, il quale non costringe, ma chiede sempre una scelta.

Tuttavia, questa frase in qualche modo mi attira, perché dice una tensione, un desiderio struggente per il quale “ciò di cui siamo capaci”, ovvero la nostra vocazione non è semplicemente una possibilità, ma un compito. Ecco: forse il più grande peccato di omissione è quando non ci scambiamo la ricompensa di ciò che siamo veramente. Non la esigiamo da noi stessi e non la chiediamo nemmeno a chi ci sta accanto.

E invece il vangelo ci porta proprio lì: è il salto del ginnasta, è la spaccata della ballerina.

Don Alessandro

Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.

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