Domenica dell’Incarnazione o della Divina maternità della Beata Vergine Maria. Mi fido di te. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo
Lc 1, 26-38a
Io vorrei tanto parlare con te di quel Figlio che amavi,
io vorrei tanto ascoltare da te quello che pensavi
quando hai udito che tu non saresti più stata tua
e questo Figlio che non aspettavi non era per te.
Madre io vorrei, Pierangelo Sequeri (1981)
Eppure mi va
di stare collegato
di vivere d’un fiato
di stendermi sopra al burrone
e di guardare giù:
la vertigine
non è paura di cadere
ma voglia di volare.
Mi fido di te.
Mi fido di te, Jovanotti (Buon Sangue, 2005)
La VI domenica di Avvento nel rito ambrosiano porta il titolo di “Domenica dell’Incarnazione” o “della Divina Maternità di Maria”.
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Eugenio Montale, “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato”, 1923 in “Ossi di Seppia”.
Si conclude con questi versi la bellissima poesia di Eugenio Montale “Non chiederci la parola…”, in cui il poeta, quasi impotente, alza le mani di fronte a chi gli chiede di decifrare la realtà in ogni suo frammento, di spiegare come gira il mondo e cosa significa; aprire mondi non si può, afferma Montale.
Eppure ci sono pagine – come quella di oggi – che hanno il potere di aprire mondi: il racconto evangelico della scena stupenda di questa visita delicata, intima e nascosta che noi chiamiamo “Annunciazione” parla di un angelo che porta a una ragazza poco più che adolescente il messaggio che le cambia la vita.
Per noi cristiani, che a questo racconto crediamo, la pagina non è una “fiction di valore”, ma una narrazione che apre un mondo in cui Dio e l’uomo convivono e addirittura si compenetrano in modo così concreto da far accadere ciò che chiamiamo “Incarnazione”, di Dio in essere umano.
E il tutto viene inquadrato mettendo a fuoco il nesso tra Dio e una creatura che dell’umanità rappresenta il fiore che sboccia. Così densa, Maria, così velata, ma allo stesso tempo così indifesa davanti alla Grazia, ovvero lo Spirito Santo, da svelare la statura immensa degli umili di cui parlerà più tardi il Magnificat (Lc 1,52).
Maria è attraente e fa nascere il desiderio di parlarle! Vorremmo che ci raccontasse, o forse anche solo ascoltare il suo silenzio, contemplandolo da vicino.
Ci piacerebbe “sentire” a nostra volta quello che pensava quando ha udito dell’atteso che lei non si aspettava. E soprattutto, vorremmo sapere cosa ha provato quando ha percepito l’enorme e smisurata fede di Dio in lei, e dunque nell’umanità.
Che effetto fa percepire a tal punto che Dio si fida di noi?
Lascio in sospeso questa domanda, che vorrei trattenere per lavorarci sopra, alle porte del Giubileo della speranza. Questa pagina accende il desiderio di accostarsi al Mistero, di stendersi sopra il burrone e di guardare giù. La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. E dire a propria volta: “Mi fido di te”.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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