La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo ambrosiano di Pentecoste 2019

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9 giugno 2019. Domenica di Pentecoste, anno C. Commento al Vangelo, di don Ezio Fonio.

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Con la Domenica di Pentecoste, il cinquantesimo giorno dalla Pasqua, in tutte le Chiese si conclude il Tempo di Pasqua. La solennità si apre al sabato sera con una veglia, simile alla Veglia Pasquale. Qui commentiamo il Vangelo della Messa del giorno, domenica 9 giugno.

Vangelo della Messa del giorno (Giovanni 14, 15-20)
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».

Commento
L’evento della Pentecoste è descritto in Atti 2,1-11, che nel rito ambrosiano viene proclamato come prima lettura della Messa del giorno. Il Vangelo della stessa Messa è un passo tratto dal discorso d’addio di Gesù la sera dell’ultima Cena, in cui il divino Maestro promette ai discepoli che avrebbero ricevuto lo Spirito Santo. Esigenza preliminare perché i discepoli possano ricevere il dono dello Spirito è amare il Signore Gesù e questo amore comporta l’osservanza dei comandamenti. Infatti, non ha senso proclamare l’amore per il Signore e poi non far conto di quanto da lui chiesto. D’altra parte, l’osservanza dei comandanti del Signore non è gravosa e porta ad un senso di pace che si prova quando si sa di essere amati da Dio.

Gesù dice che avrebbe pregato il Padre che desse ai discepoli il dono dello Spirito, che viene chiamato anche “Spirito della verità” e, con nome greco, “Paraclito”, termine che indicava l’avvocato difensore in un processo, in quanto stava vicino al suo cliente. Il Paraclito promesso da Gesù è detto “altro Paraclito”, perché il primo Paraclito è Gesù stesso che, in effetti, fu a fianco dei suoi discepoli per tre anni. Qui è detto che questo secondo Paraclito, lo Spirito Santo, rimarrà con i discepoli per sempre. La preghiera di Gesù al Padre testimonia che il dono dello Spirito Santo coinvolge tutta la Trinità, per cui la Chiesa cattolica dice che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, come si ripete nel Credo o Simbolo niceno-costantinopolitano, che si recita nelle Messe delle domeniche e delle solennità.

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Il Vangelo non è un trattato di teologia, dice solo l’essenziale, che è il messaggio, il vangelo appunto, della salvezza. I concili ecumenici hanno precisato la fede della Chiesa per salvaguardarla dagli eretici. In realtà, il Credo che recitiamo non è semplicemente quello dei concili di Nicea e di Costantinopoli, ma contiene l’aggiunta del filioque e questa aggiunta è uno dei punti della dottrina che ci divide dalle Chiese ortodosse, in quanto esse affermano che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio. In realtà, come Gesù stesso insegna, il Figlio e il Padre sono la stessa realtà divina (cfr. Giovanni 14,8-11), per cui al Figlio glorificato competono le stesse prerogative del Padre. Gli ortodossi, invece, probabilmente fermandosi sul testo evangelico di oggi, dicono che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio. Lo Spirito Santo è detto “Spirito della verità”, perché procede dal Figlio che si è autodefinito Via, Verità e Vita (cfr. Giovanni 14,1-6).

Dice ancora Gesù che il mondo, vale a dire che coloro che sono lontani da Dio e hanno una mentalità limitata alle realtà terrene, non possono ricevere lo Spirito Santo, perché essi non lo vedono e non lo conoscono, a differenza dei discepoli che ne hanno sperimentata la vicinanza. Infine, Gesù annuncia ai discepoli che lo vedranno dopo la sua morte, perché in realtà egli vive e pure i discepoli vivranno, ma sarà visibile solo ad essi e non a chi vive secondo la mentalità del mondo. Questa presenza dello Spirito Santo permetterà ai discepoli di conoscere la realtà dell’intimo amore, da una parte tra il Padre e il Figlio, e dall’altra tra il Figlio e i discepoli.

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Applicazioni
L’osservanza ai comandamenti di Gesù, in particolare l’amore fraterno e universale e la disponibilità al perdono per le mancanze dei fratelli, non sono unicamente la condizione che permette di ricevere lo Spirito Santo, ma sono la testimonianza che il regno di Dio si sta realizzando in mezzo all’umanità. La presenza dello Spirito Santo nella Chiesa garantisce che essa è amata da Dio ed è assistita da Lui affinché nessun fedele cada nell’eresia. Se questo, però, avviene, significa che non c’è stata docilità al Magistero del Romano Pontefice; così sono nate le eresie di tutti i tempi.

Una riflessione riguarda ancora quelle religioni bibliche, come quella dei Testimoni di Geova, che sono nate nell’Ottocento e hanno la pretesa di possedere la Verità, come se lo Spirito Santo fosse stato a guardare per 1800 anni la Chiesa, senza mai intervenire, fino a quando avrebbe illuminato i fondatori dei Testimoni di Geova. Infine, la presenza dello Spirito Santo nei fedeli, non costituisce l’alibi per interpretare la vita cristiana secondo i punti di vista di ciascuno a partire dal “libero esame” della sacra Scrittura (invocato dall’eresia protestante), ma piuttosto li rende saldi nella fede, forti nella speranza, operosi nella carità, fino all’effusione del sangue nel martirio.

Conclusione
La consapevolezza che la Chiesa è animata dallo Spirito Santo ne fa comprendere la sua vera natura. Nel 1968, a Uppsala, durante un incontro del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CMC), il metropolita Ignazio di Latakia sottolineò con queste parole l’importanza dello Spirito Santo nella vita della Chiesa: «Senza lo Spirito Santo: Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione e l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui: il cosmo si solleva e geme nelle doglie del Regno, il Cristo risuscitato è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa diventa comunione trinitaria, l’autorità è servizio liberatore, la missione è Pentecoste, la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano è deificato» (Rapport d’Uppsal 4-20 Luglio 1968, Conseil oecuménique des Eglises, Io faccio nuove tutte le cose, Genève, 1969, p. 297).

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Don Ezio

Nato a Caltignaga (No) il 12 febbraio 1953, mostra un precoce interesse per la comunicazione, coniugando opere parrocchiali, impegno sociale e la cronaca per il settimanale cattolico “L’Azione” e per il telegiornale dell’emittente cattolica Tele Basso Novarese. Spiccata la passione per l’ambiente, che nel 1976 lo vede tra i fondatori dell’Associazione “Pro Natura Novara”, nella quale mantiene tutt’ora un ruolo attivo. È stato vice-presidente della Federazione nazionale “Pro Natura”. Laureato in Scienze biologiche, da sacerdote salesiano svolge il proprio ministero in diverse case del Piemonte e in Svizzera, dove insegna matematica e scienze nelle scuole medie. Per trent’anni si occupa del Museo Don Bosco di Storia Naturale e delle apparecchiature scientifiche del liceo Valsalice di Torino. Nel 2016 fonda a Novara il Museo scientifico-tecnico “Don Franco Erbea”. Dall’ottobre 2018 è incaricato della Biblioteca salesiana ispettoriale nella Casa Madre di Valdocco, in Torino.

Nell’immagine: Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, Cristo risorto, XV-XVI sec., Milano, Basilica di Sant’Ambrogio (particolare).

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