6 gennaio 2019. Epifania del Signore. Commento al Vangelo, di don Ezio Fonio.
La solennità dell’Epifania cade quest’anno di domenica. Si celebra l’adorazione dei Magi a Gesù Bambino, episodio raccontato dal solo evangelista Matteo, per cui entrambi i riti ambrosiano e romano leggono lo stesso Vangelo. L’unica differenza, ma che vale per tutti i Vangeli dell’anno, sta nell’apertura. Mentre nel rito romano l’introduzione è di solito «In quel tempo,» e indica semplicemente che si tratta di un tempo della vita di Cristo, il rito ambrosiano dice «In quel tempo.», mette cioè un punto fermo anziché la virgola per affermare che si vuol proclamare un preciso evento della storia della salvezza, per dirla con i greci è un kairòs, un tempo di salvezza, e non un krònos, un tempo qualunque. Questa specificità ha provocato una disputa tra due scuole di pensiero di cui c’è traccia nel web tra i sostenitori del punto fermo e quelli della virgola. Un mio confratello avrebbe detto: si vede che non piove dal tetto.
Vangelo della Messa dell’Epifania (Matteo 2, 1-12)
In quel tempo. Nato il Signore Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, / non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: / da te infatti uscirà un capo / che sarà il pastore del mio popolo, Israele». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li prece-deva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Commento
Molti biblisti hanno contestato la storicità di questo episodio narrato dal solo Matteo, anche per la questione dell’apparizione della stella. Ora, i quattro evangelisti non hanno inteso scrivere una biografia di Gesù, ma hanno scritto un “evangelo”, un racconto che è un “lieto annuncio”, riguardante la salvezza dell’umanità. Ciascun evangelista aveva davanti a sé una specifica comunità e una tesi da dimostrare: san Matteo scrive per una comunità già cristiana e vuol dimostrare che Gesù è il Messia, per cui abbonda di citazioni bibliche e sceglie gli episodi che servono al suo scopo.
Noi prendiamo l’episodio dei Magi così come ce l’ha consegnato la Chiesa. Sono di tradizione successiva i nomi dei magi, il fatto che fossero re e il loro numero che allude ai tre doni: oro, incenso e mirra, come pure il fatto che provenissero dai tre angoli diversi della terra: Europa, Asia e Africa, tant’è che nei presepi il mago dell’Africa è rappresentato da un nero. In manufatti archeologici i magi sono raffigurati con abiti di saggi persiani. In effetti in Persia in quel tempo era molto coltivata l’astronomia e d’altra parte ogni corte aveva degli astronomi/astrologi (non c’era differenza allora) che si occupavano del calendario e degli eventi astronomici. In Persia vivevano degli ebrei e così erano note le profezie sul Messia. Si pensava che le stelle avessero un’influenza sugli uomini e un fenomeno celeste particolare era presagio di qualche avvenimento importante. Così, questi sapienti misero in correlazione l’annuncio della nascita del Salvatore in Betlemme, proclamato dal profeta Michea (5,1), con il fenomeno celeste di cui furono testimoni, che per la tradizione popolare è una cometa, mentre dal racconto matteano appare più come un fenomeno mistico visto dai soli magi.
L’intendimento dell’evangelista è quello di insegnare che la salvezza portata da Gesù non è per il solo popolo d’Israele, ma per tutti i popoli della terra. Per questo il fatto dell’adorazione dei Magi è più importante di ogni altra considerazione e dello stesso simbolismo rappresentato dai tre doni: la regalità di Gesù (oro), la sua divinità (incenso) e la sua umanità (mirra).
Si inaugura all’epifania l’opera di Gesù di riunire tutti i popoli della terra in una grande famiglia umana. Questa unità sarà realizzata perfettamente quando la fede in Gesù Cristo farà cadere le barriere esistenti fra gli uomini e, nell’unità della fede, tutti si sentiranno figli di Dio, ugualmente redenti e fratelli fra loro. La Chiesa, comunità dei credenti, attua questo progetto di Gesù e ha cominciato a realizzarlo concretamente. Oggi la Chiesa Cattolica è la più grande organizzazione internazionale ed è presente in tutti i paesi del mondo. Siamo perciò nell’epoca più favorevole a questo grandioso progetto sull’umanità rispetto ai duemila anni di storia della Chiesa, pur essendoci in essa divisioni tra cattolici, ortodossi e protestanti, che però da diversi decenni dialogano per cercare una convergenza ed unità possibile.
Nel panorama politico internazionale, osserviamo invece una grande distanza da questo ideale: a partire dall’ONU, in cui permangono anacronistici diritti di veto nel Consiglio di sicurezza, per poi passare alle grandi potenze, come gli Stati Uniti d’America, dove la pace è intesa come sottomissione ed è imposta con le armi e quindi non sarà mai una vera pace, sino ad alcuni governanti e modi di pensare di molti nel nostro Paese, che vedono nello straniero un pericolo per la nostra identità. Il contrasto all’immigrazione clandestina è spesso sfociato in atteggiamenti razzisti. Molti di questi italiani sono credenti. Nello scorso Natale, si è giunti al rifiuto da parte di un fedele di dare il segno della pace ad un ragazzo nero di tredici anni alla messa in una chiesa di Erba (Como). A costoro dico: anche Erode era un credente, e dico ancora: è meglio che al 6 gennaio questi fedeli non celebrino l’Epifania, ma la festa della befana, quella sì che non è un personaggio storico, anche se ben rappresentato.
don Ezio
Nato a Caltignaga (No) il 12 febbraio 1953, mostra un precoce interesse per la comunicazione, coniugando opere parrocchiali, impegno sociale e la cronaca per il settimanale cattolico L’Azione e per il telegiornale cattolico Teleradiotrasmesse. Spiccata la passione per l’ambiente, che nel 1976 lo vede tra i fondatori dell’Associazione “Pro Natura Novara”, nella quale mantiene tutt’ora un ruolo attivo. È stato vice-presidente della Federazione nazionale “Pro Natura”. Laureato in Scienze biologiche, da sacerdote salesiano svolge il proprio ministero in diverse case del Piemonte e in Svizzera, dove insegna matematica e scienze nelle scuole medie. Per trent’anni si occupa del Museo Don Bosco di Storia Naturale e delle apparecchiature scientifiche del liceo Valsalice di Torino. Nel 2016 fonda a Novara il Museo scientifico-tecnico “Don Franco Erbea”. Dall’ottobre 2018 è incaricato della Biblioteca salesiana ispettoriale nella Casa madre salesiana di Valdocco, in Torino.
Nell’immagine: Camillo Procaccini, Natività, XVI secolo, Milano, chiesa di sant’Alessandro (particolare).
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Peccato non poter disquisire amabilmente tra punti e virgole… ho l’impressione che nel nostro tetto ci siano delle voragini.
Grazie e buon 2019,
Serena
Gentile Serena,
la ringrazio per l’attenzione ai miei commenti al Vangelo.
La disputa sul lezionario ambrosiano, in realtà, non riguardava solo le virgole e i punti, ma un po’ tutta l’impostazione e oppose il cardinal Giacomo Biffi e i suoi successori nella Congregazione del rito ambrosiano. Le discussioni divennero virulente e averle pubblicate in Internet non dà un’immagine bella della Chiesa. Tra l’altro, leggendo le argomentazioni sono così sottili che sembra abbiano ragione entrambe le parti. Sta di fatto che il rito ambrosiano si è voluto differenziare dal rito romano anche nelle letture delle feste comuni. Quando nacquero i riti, la quasi totalità della gente non si spostava, quindi queste differenze oggi possono essere viste come una voluta autonomia da Roma oppure come una ricchezza per la Chiesa. Quanto all’affermazione del mio confratello si riferiva al fatto che quando ci sono preoccupazioni economiche serie non si ha il tempo per sottili disquisizioni. Quanto alle voragini, la sua non è solo un’impressione, ma una realtà: abbandono della fede nei giovani, scristianizzazione di un numero crescenti di famiglie che non fanno più battezzare i figli, ricorso sempre più frequente alla convivenza e sempre meno al matrimonio religioso. Alla caduta dei valori della famiglia cristiana (ma è in caduta anche in genere nella nostra società) seguono il calo delle vocazioni religiose e di quelle allo stato ecclesiastico. A tutto questo contribuisce anche una catechesi molto superficiale rispetto a quella tradizionale, scelte liturgiche che hanno contribuito alla perdita del senso del sacro, il modo stesso di governare le diocesi da parte di molti vescovi. Un altro mio confratello diceva: il pendolo prima era esagerato in eccessivo rigorismo e ora in un eccessivo lassismo, non ha trovato ancora il giusto mezzo. Noi dobbiamo mantenere la fede e dare la nostra piccola testimonianza.