Domenica 23 febbraio 2020. Ultima Domenica dopo l’Epifania, Anno A. Domenica del perdono. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
(Lc 15, 11-32)
«Si trovava in Svizzera, il primo anno della sua cura, proprio i primi mesi. Allora era davvero un idiota, incapace di esprimersi adeguatamente, a volte aveva persino difficoltà nel capire quello che gli chiedevano. Un giorno andò a fare una passeggiata in montagna. Era una splendida giornata di sole e lui camminò a lungo, rimuginando su un pensiero che lo tormentava ma che non riusciva a prendere forma. Dinanzi a lui si stendeva il cielo luminoso, in basso il lago, intorno l’orizzonte raggiante, infinito. Rimase a lungo in contemplazione e intanto soffriva. Adesso ricordava come aveva proteso le braccia piangendo verso l’azzurro luminoso e sconfinato. Lo tormentava il fatto che egli fosse estraneo a tutto quello che lo circondava. Che cosa era quel banchetto, che cosa era quella grandiosa festa senza fine dalla quale si era sentito attratto sin dall’infanzia, e alla quale non aveva potuto prendere parte? Ogni mattina sorge lo stesso sole luminoso, ogni mattina si inarca l’arcobaleno sulla cascata, ogni sera la montagna innevata, la più alta, laggiù sul limitare del cielo, arde come una fiamma purpurea; ogni “piccola mosca che gli ronza intorno nel caldo raggio di sole, partecipa a questo coro: conosce il suo posto, lo ama ed è felice”, ogni filo d’erba cresce ed è felice! Ad ogni essere la propria strada nota e familiare che percorre cantando; solo lui non sa nulla, non comprende nulla né gli uomini, né i suoni. Solo lui è estraneo, escluso rispetto al mondo».
(F. Dostoevskij, L’idiota, III, 7)
Il principe Myškin, il protagonista del grande romanzo L’idiota, di Dostoevskij, vede riaccendersi al fondo del suo cuore un ricordo doloroso e pungente: gli sale alla memoria quel momento di tanti anni prima. Era in Svizzera per curarsi, perché afflitto da epilessia; istupidito dalla malattia non ancora domata, arrampicatosi fin sulla cima del monte, si era sentito da lì chiamare al gran banchetto della creazione. Era un simposio di bellezza che gli si squadernava davanti e lo invitava a prender parte. Ma lui non sapeva come fare. È la sofferenza di sentirsi invitato ma escluso, perché non ha idea – diversamente da ogni altra creatura, che invece partecipa a questo coro – di quale sia il suo posto.
Siamo sempre in cerca del nostro posto nel mondo. A casa il giovane protagonista della parabola di Gesù si sente stretto, vuole andar via, abbandona malamente il padre dicendogli addio come a un morto (questo implica l’aver preteso la propria parte di eredità). E se ne va per il gran mondo alla ricerca del proprio posto nella vita. Dovrà un po’ per volta rendersi conto che il suo posto è la relazione con il padre, che lui stesso non ha mai davvero conosciuto.
Il principe Myškin cerca come sedersi al banchetto dell’amore che freme al fondo della creazione. Il figlio ribelle della parabola cerca il suo posto nell’avventura della vita. Entrambi sono in cerca dell’amore, che è la porta d’ingresso alla bontà dell’esistenza. Siamo tutti in cerca dell’amore. Non ci accada di cercarlo troppo lontano o su sentieri troppo duri da percorrere. La Buona Notizia è che l’Amore in persona si è messo sulle nostre tracce, ha fatto il passo. È qui. Bisogna che lo accogliamo. Si tratta di imparare.
Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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