16 giugno 2019. Domenica della Santissima Trinità, anno C. Commento al Vangelo, di don Ezio Fonio.
Nei calendari delle Chiese occidentali la prima domenica dopo Pentecoste è dedicata alla Solennità della Santissima Trinità. Nel rito ambrosiano, nell’anno C, si legge il passo del discorso d’addio di Gesù nell’ultima Cena immediatamente successivo a quello letto nella Messa del giorno di Pentecoste.
Vangelo della Messa (Giovanni 14, 21-26)
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Commento
Gesù, nel testo del Vangelo di questa domenica, non tratta del mistero della Trinità, ma rivela come le Tre Persone Divine siano in relazione con gli uomini. Intanto, affinché questa relazione si possa instaurare, è necessario amare Gesù, fatto che non si esaurisce in una dichiarazione d’intenti, ma comporta l’accoglienza e l’osservanza dei suoi comandamenti. Sappiamo già quali sono i comandamenti del Signore: uno è l’amore fraterno universale e l’altro è quello del perdono fraterno. Questi due comandamenti realizzano tutta la Legge della prima Alleanza, che non viene abolita, ma purificata da alcuni suoi precetti caduchi, che erano dettati dalle circostanze del tempo in cui furono emanati. Gesù assicura gli apostoli e, quindi anche noi, che colui che lo ama, e perciò osserva i suoi insegnamenti (“la parola”), sarà amato da Dio Padre ed entrambi, Padre e Figlio, dimoreranno presso di lui (= in lui).
Gesù, precisa che la parola di salvezza, che Lui ha proclamato, non è sua, ma del Padre che lo ha mandato. Aggiunge, poi, che il Padre manderà lo Spirito Santo agli apostoli nel suo nome, per insegnare a loro tutto ciò che riguarda la salvezza (“vi ricorderà tutto”) e ricordare a loro che lo Spirito Santo, avrebbe insegnato ogni cosa e ricordato loro tutto ciò che Egli aveva a Lui detto durante i tre anni della sua vita pubblica.
La Santissima Trinità viene qui presentata non in se stessa, ma nella dinamicità del suo rapporto con i discepoli. Si usa dire che il corpo umano sia “tempio dello Spirito Santo”. Certamente sullo sfondo di questa affermazione vi è la visione della discesa dello Spirito Santo sui discepoli avvenuta a Pentecoste, ma ritengo che sia più corretto dire che il corpo sia abitato dalla Trinità. Questa presenza di Dio tra gli uomini consente la possibilità per essi di accedere a Dio. In questo fatto consiste precisamente il “mistero della Trinità”, cioè “l’evento di salvezza” che la Trinità contiene in se stessa ed è questo aspetto che dobbiamo contemplare nella nostra vita, piuttosto che il fatto dell’Unità e Trinità di Dio. Conseguenza della comunione tra la Trinità e gli uomini è la possibilità della comunione con i fratelli, e questa è resa possibile dal fatto che Gesù mediante la sua morte volontaria è andato al Padre. Quindi il mistero della Trinità è strettamente connesso con il mistero pasquale.
Un tempo era comune la devozione alla Santissima Trinità: sorsero molte chiese ed oratori dedicati ad essa. Documenti solenni di papi e di re facevano riferimento alla “Santissima ed Individua Trinità” o a “Dio Uno e Trino”. Noi proclamiamo questo mistero con il segno della croce, pronunciando le parole “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, nelle dossologie (Gloria), nelle conclusioni solenni delle orazioni e soprattutto nei simboli (= riassunti) della fede, come il Simbolo apostolico e quello niceno-costantinopolitano.
Applicazioni
Dobbiamo prendere coscienza dell’importanza per il cristiano di vivere la dimensione trinitaria della fede. Non si tratta solo di un fatto dogmatico che in ogni domenica e solennità professiamo, ma riguarda direttamente il destino dell’Uomo e della creazione. Comprendere Dio vuol dire comprendere l’Uomo. Infatti, l’Uomo è fatto ad immagine di Dio ed il Cristo, che di Dio è l’immagine perfetta (cfr. Lettera ai Colossesi 1,15) è il prototipo dell’umanità. Possiamo, quindi, dire che comprendere Dio è indispensabile per comprendere appieno l’Uomo. Questo è anche il contributo che la Teologia, attraverso la Chiesa, offre alla società civile ed è un impoverimento della cultura che in molti Paesi, tra i quali l’Italia, la Teologia non sia più insegnata nelle università statali.
In concreto, possiamo dire che la vita umana si sviluppa in proporzione alla conoscenza del mistero di Dio (cfr. Giovanni 17,3). Dal momento che l’Uomo è destinato alla comunione con Dio, la sua vita ha tanto più valore quanto più egli riesce a seguire il movimento verso Dio e le realtà celesti, inaugurato dall’Ascensione di Gesù al cielo. Il mistero trinitario rivela qualcosa del mistero dell’Uomo, della sua capacità di conoscere, amare, generare che non si riscontra in nessun’altra specie animale e che trova appunto nella Trinità la propria ragione di essere.
Don Ezio
Nato a Caltignaga (No) il 12 febbraio 1953, mostra un precoce interesse per la comunicazione, coniugando opere parrocchiali, impegno sociale e la cronaca per il settimanale cattolico “L’Azione” e per il telegiornale dell’emittente cattolica Tele Basso Novarese. Spiccata la passione per l’ambiente, che nel 1976 lo vede tra i fondatori dell’Associazione “Pro Natura Novara”, nella quale mantiene tutt’ora un ruolo attivo. È stato vice-presidente della Federazione nazionale “Pro Natura”. Laureato in Scienze biologiche, da sacerdote salesiano svolge il proprio ministero in diverse case del Piemonte e in Svizzera, dove insegna matematica e scienze nelle scuole medie. Per trent’anni si occupa del Museo Don Bosco di Storia Naturale e delle apparecchiature scientifiche del liceo Valsalice di Torino. Nel 2016 fonda a Novara il Museo scientifico-tecnico “Don Franco Erbea”. Dall’ottobre 2018 è incaricato della Biblioteca salesiana ispettoriale nella Casa Madre di Valdocco, in Torino.
Nell’immagine: Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, Cristo risorto, XV-XVI sec., Milano, Basilica di Sant’Ambrogio (particolare).
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