Il Sinodo, le donne e la tentazione dell’aritmetica

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Alla prova del “sì” e del “no”, il ruolo delle donne nella Chiesa si conferma un tema divisivo anche nel Sinodo. Mentre non decolla la questione omosessuale e cambia (forse) il clima in fatto di lotta agli abusi.


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Il Sinodo dei dubia non lascia spazio ai dubbi. È questa la sensazione che si ha scorrendo i risultati delle oltre 200 votazioni in 25 giorni di lavori sulla Relazione di Sintesi della prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, diffusi dalla Sala Stampa della Santa Sede. “Sì”, “no”, ma nessun “forse”, né tanto meno la possibilità dell’astensione.

Ciò colpisce ancora di più a pochi giorni dal dibattito sorto attorno all’Assemblea generale dell’Onu, che il 27 ottobre scorso ha adottato una risoluzione avanzata dalla Giordania sul conflitto tra Israele e Hamas. La risoluzione è stata approvata con 120 voti a favore, 14 contrari e 45 astensioni, fra cui quella dell’Italia. Come noto, votazioni come questa rappresentano un termometro indicativo degli equilibri geopolitici mondiali, dove anche le astensioni hanno un peso (operativo e morale) tutt’altro che secondario.

I risultati del voto della risoluzione Onu su Israele e Hamas del 27 ottobre.
I risultati del voto della risoluzione Onu su Israele e Hamas del 27 ottobre.

In queste settimane, però, è stato più volte ricordato come il Sinodo non sia un’assemblea parlamentare, né la Chiesa un organismo chiamato a seguire le regole della politica degli Stati. Bando quindi, almeno ufficialmente, a maggioranze e minoranze, alleanze e correnti, così come alle astensioni. «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno», verrebbe da ricordare con una battuta, anche se i favorevoli vantano numeri schiaccianti. Che però lasciano qualcuno con l’amaro in bocca, su tutti i falchi bulgari del Sinodo tedesco, che speravano in proverbiali “aperture” ancora maggiori.

La tentazione dell’aritmetica: il ruolo delle donne il tema più controverso

Ammettiamolo: quella di contare i voti, nella migliore tradizione della politica, è una tentazione cui è difficile resistere. Impossibile, poi, non concentrarsi sui paragrafi più controversi (vale a dire quelli che hanno incassato un numero maggiore di voti contrari dell’Assemblea sinodale, pur nella sempre ampia maggioranza di sì), per almeno due motivi: primo, perché lo scontro fa più notizia dell’accordo; secondo, perché l’accordo in questo caso viaggia noiosamente su numeri da quasi unanimità. Con l’unica curiosità che le Conclusioni (10 voti contrari) si rivelano, come sempre, più problematiche dell’Introduzione (un solo voto contrario).

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Sono ben 14 i riferimenti a migranti e rifugiati nel testo, tema forte del pontificato di Francesco, ma a tenere banco, al Sinodo, è un’altra questione: il capitolo che incassa complessivamente più voti contrari (390, contro i 5.838 a favore) è il n. 9, che affronta il ruolo delle donne nella vita e nella missione della Chiesa. Proprio fra i 18 paragrafi del capitolo figurano quelli che, singolarmente, hanno suscitato maggiore contrarietà nell’intero testo della Sintesi: 69 contrari e 277 a favore nel paragrafo J, e 67 contrari e 279 a favore nel paragrafo N.

La stesura della Relazione di Sintesi mantiene traccia di un dibattito acceso. «Sono state espresse posizioni diverse in merito all’accesso delle donne al ministero diaconale. Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione. Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo» (par. J).

Nelle proposte, si invita a proseguire la «ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato, giovandosi dei risultati delle commissioni appositamente istituite dal Santo Padre e delle ricerche teologiche, storiche ed esegetiche già effettuate […]» (par. N).

Celibato, ex-preti e di nuovo le donne

Significativo anche il numero complessivo di voti contrari (264, contro i 3.888 a favore) che si contano nel capitolo n. 11, il secondo più contestato, in tema di Diaconi e presbiteri in una Chiesa sinodale . Interessante che anche in questo capitolo torni il tema femminile: il paragrafo più controverso (61 no e 285 sì) ricorda, infatti, che «le incertezze che circondano la teologia del ministero diaconale sono dovute anche al fatto che nella Chiesa latina esso è stato ripristinato come grado proprio e permanente della gerarchia solo a partire dal Concilio Vaticano II. Una più approfondita riflessione a riguardo consentirà di illuminare anche la questione dell’accesso delle donne al diaconato» (par. I).

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Divergenze marcate anche in tema di «celibato dei presbiteri» (par. F, 55 voti contrari e 291 a favore) e sul destino degli ex-preti, perché se ne valuti l’inserimento «in un servizio pastorale che valorizzi la loro formazione e la loro esperienza» (par. L, con 53 no e 293 sì).

La questione omosessuale non decolla

Se il tema del ruolo delle donne nella Chiesa tiene banco, lo stesso non si può dire di quello che prima del Sinodo si annunciava come un altro scoglio: la pastorale delle persone omosessuali e, in particolare, l’opportunità della benedizione di coppie dello stesso sesso, già al centro della polemica pre-sinodale e di molte attese, ecclesiali e mediatiche. Sebbene dibattuto, e nonostante la presenza di alcuni “big” dell’attivismo gay, il tema non decolla, almeno stando alla conta dei voti.

Termini come “omosessuale” o il più politically correct “lgbt” non compaiono neppure nel testo, sostituiti da formule più sfumate, come “identità di genere” e “orientamento sessuale”.

Le si trova, con lieve impennata di voti contrari (39, contro i 307 a favore), nel lungo paragrafo G del capitolo n. 15 (Discernimento ecclesiale e questioni aperte): «Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale, risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove. Talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio. È importante prendere il tempo necessario per questa riflessione e investirvi le energie migliori, senza cedere a giudizi semplificatori che feriscono le persone e il Corpo della Chiesa. Molte indicazioni sono già offerte dal magistero e attendono di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate. Anche dove siano necessari ulteriori chiarimenti, il comportamento di Gesù, assimilato nella preghiera e nella conversione del cuore, ci indica la strada da seguire».

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Ancora più contenuta è l’opposizione (20 no e 326 sì) sul paragrafo H del capitolo n. 16 (Per una Chiesa che ascolta e accompagna): «In modi diversi, anche le persone che si sentono emarginate o escluse dalla Chiesa, a causa della loro situazione matrimoniale, identità e sessualità chiedono di essere ascoltate e accompagnate, e che la loro dignità sia difesa. Nell’Assemblea si è percepito un profondo senso di amore, misericordia e compassione per le persone che sono o si sentono ferite o trascurate dalla Chiesa, che desiderano un luogo in cui tornare “a casa” e in cui sentirsi al sicuro, essere ascoltate e rispettate, senza temere di sentirsi giudicate. L’ascolto è un prerequisito per camminare insieme alla ricerca della volontà di Dio. L’Assemblea riafferma che i cristiani non possono mancare di rispetto per la dignità di nessuna persona».

Lotta agli abusi sessuali: il clima sta cambiando?

Tema caldissimo a livello mediatico, ma che ancora fatica a scaldare gli animi dell’intero corpo ecclesiale, è quello relativo agli «abusi sessuali, di potere ed economici» nella Chiesa. Se ne fa menzione al paragrafo F del già ricordato capitolo 9 sulle donne, con un leggero aumento di voti contrari (26 su 346), comunque più contenuto rispetto a quello di altri paragrafi del medesimo capitolo, che come detto è il più controverso.

Anche gli altri riferimenti alla lotta agli abusi all’interno della Chiesa non suscitano particolari levate di scudi: se ne parla al capitolo n. 12, paragrafo I: «È necessario sviluppare ulteriormente strutture dedicate alla prevenzione degli abusi» (di nuovo 26 voti contrari su 346) e soprattutto al capitolo n. 16, paragrafo F: «La Chiesa deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali. L’ascolto autentico è un elemento fondamentale del cammino verso la guarigione, il pentimento, la giustizia e la riconciliazione» (solo 7 voti contrari su 346). Segno che il clima, in tema di lotta agli abusi, si sta mettendo al meglio?

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