Da un lato, l’urgenza di investire nella questione omosessuale. Dall’altro, le difficoltà in termini geopastorali e sinodali messe in risalto dalla Fiducia supplicans.
In un tempo di ferite, fuori e dentro la Chiesa, dove la piaga degli abusi di potere e sessuali è ancora irrisolta, la questione omosessuale è posta al centro dell’urgenza ecclesiale. Il tema sul quale la Chiesa ha scelto di spendere, nel bene e nel male, il proprio impegno e la credibilità di un volto nuovo. Anche su questo, dal recente Sinodo dei Vescovi è giunto l’appello ad «investirvi le energie migliori».
Benedizioni di coppie
Salvo posizioni ideologiche pregiudiziali, ad aver suscitato dubbi in una nutrita parte della comunità cattolica non è la risaputa evidenza che l’amore di Dio sia rivolto ad ogni persona, sia essa eterosessuale od omosessuale, santa o peccatrice come ogni uomo e donna in questo mondo. Tanto più che «il singolo individuo che chiede una benedizione – non l’assoluzione – potrebbe essere un grande peccatore, ma non per questo gli neghiamo questo gesto paterno nel mezzo della sua lotta per sopravvivere», come precisa il card. Fernández.
A far suonare più di qualche allarme è piuttosto il rischio di una (malcompresa?) legittimazione attraverso le «benedizioni di coppie»: così sono menzionate nella Fiducia supplicans, e per giunta nel successivo comunicato stampa di chiarificazione si distinguono le benedizioni «della persona o della coppia».
Un avallo che, se si rivelasse reale, riguarderebbe uno status di vita tradizionalmente indicatoci come irregolare (non per amor di proibizione, ma per il nostro bene, vale la pena precisare), tutt’altro che limitato alle sole coppie omosessuali. Ma al tempo stesso un avallo – è bene sottolinearlo – che la Dichiarazione Fiducia supplicans nega nero su bianco, anche se forse permette che si intenda fra le righe.
Geopastorale
L’urgenza di una legittimazione, ben al di là di singoli casi personali, apparirebbe piuttosto come il risultato di interessi personali e la conseguenza delle pressioni dell’ideologia gender e woke sulla Chiesa, come già avvenuto nell’agenda politica di diversi Stati e organismi internazionali, in altre confessioni cristiane e non, nella produzione culturale e cinematografica e negli stili comunicativi. Pena, in molti casi, fare poi marcia indietro di fronte al disastro di un totalitarismo malcelato.
E, viste le reazioni di queste settimane, che la Dichiarazione Fiducia supplicans abbia «toccato un punto molto delicato, molto sensibile», come ha ammesso il Segretario di Stato, card. Piero Parolin, è quasi un eufemismo. Ma il nervo scoperto è davvero – solamente – la questione omosessuale? Ad essere chiamati in causa sembrano, piuttosto, due ambiti ben più ampi e diversi.
Il primo è una differente visione antropologica, che però sarebbe riduttivo ricondurre soltanto ad una contrapposizione fra la cultura omologata occidentale e le molteplici culture del continente africano, né ad una “ribellione” delle periferie care a papa Francesco. La geopastorale di Fiducia supplicans è ben più complessa e delicata, tanto più che, a giudicare da quanto manifestato sin dalla pubblicazione della Dichiarazione, non è solo l’Africa ad avere assunto posizioni critiche.
Insieme alle numerose Conferenze episcopali nazionali del continente africano, che hanno raggiunto anche una comune Sintesi, vanno infatti considerate le contrarietà, non meno nette, della Chiesa greco-cattolica ucraina, già ai ferri corti con papa Francesco a proposito della ben nota “equivicinanza” alle parti in conflitto, così come numerosi vescovi in Europa Centrale e Orientale, America Latina, e casi più isolati in Francia, Spagna e Stati Uniti.
Sinodalità
Il secondo nervo scoperto sollecitato dalla Fiducia supplicans sta nello spazio che si è realmente disposti a concedere alla sinodalità nella Chiesa. In questo senso, viene naturale guardare alla recente XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, il cosiddetto “Sinodo sulla sinodalità”. Solo 51 giorni separano la pubblicazione della Relazione di Sintesi della prima sessione del Sinodo (28 ottobre 2023) dalla Dichiarazione Fiducia supplicans (18 dicembre 2023).
«Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale […], risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove. Talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità […]. Molte indicazioni sono già offerte dal magistero e attendono di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate», si legge nella Sintesi (15, g). Che già si adombri Fiducia supplicans? Nessun riferimento nell’intero documento, però, alla situazione delle coppie eterosessuali od omosessuali irregolari, già ritenuta divisiva. «In modi diversi, anche le persone che si sentono emarginate o escluse dalla Chiesa, a causa della loro situazione matrimoniale, identità e sessualità chiedono di essere ascoltate e accompagnate, e che la loro dignità sia difesa. […] L’ascolto è un prerequisito per camminare insieme alla ricerca della volontà di Dio» (16, h).
Sinodalità e Cammino: una risposta in latino alla Chiesa tedesca?
All’indomani della chiusura della prima sessione del Sinodo, le fronde progressiste di alcune Chiese occidentali non avevano nascosto la propria frustrazione. Fors’anche per il metodo stesso della sinodalità, che rischia di dare veramente voce (e peso) all’intera Chiesa universale, e non solo alle sue regioni più rumorose e ricche. Alcuni ambienti della Chiesa tedesca, per esempio, non hanno mai fatto mistero di sentirsi “in ostaggio” del tradizionalismo, culturale ed ecclesiale, della Chiesa cattolica che vive in Africa.
Prendendo per buona la lettura offerta dal card. Fernández, che vuole la Fiducia supplicans come una «risposta chiara» alle sollecitazioni della Chiesa in Germania, si potrebbe interpretare la Dichiarazione in senso restrittivo, nel suo ribadire il divieto alle benedizioni pubbliche e ritualizzate delle coppie in situazioni irregolari, che qualche vescovo e non pochi sacerdoti avevano già azzardato nelle chiese. D’altro canto, la reazione entusiasta della Chiesa tedesca testimonia chiaramente come la ricezione del documento – il non scritto, il metatesto, la strumentalizzazione? – abbia ampiamente sopravanzato lo scritto ufficiale, fino ad un sovvertimento totale.
Il più tragico bisogno di dialogo – e di parresia – sembra aver colto, profeticamente, la Chiesa nell’onda lunga del Sinodo sulla sinodalità. Non concedere adeguato spazio al confronto inter- ed intra-ecclesiale, o peggio ignorare il contributo che può venire da tutte le Chiese, riducendolo ad un problema di «contesto» e di «questioni culturali», da superare con «prudenza pastorale» e mai con «una negazione totale o definitiva di questo cammino», corre il serio rischio di tradursi in una forma di «colonizzazione ideologica». La medesima più volte condannata da papa Francesco fuori dalla Chiesa.
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