So una cosa sola, di non saper nulla. Un detto tra i più celebri della storia, attribuito a Socrate, ma che potrebbe ben essere fatto proprio da papa Francesco, se giudicasse sé stesso alla luce di quanto di lui riporta certa informazione, non soltanto online.
È noto e in corso da tempo, soprattutto dall’indomani dell’elezione di Bergoglio al soglio pontificio, il tentativo di contrapporre subdolamente il Papa e la Chiesa gerarchica, poliziotto buono e poliziotti cattivi come nel più scontato dei telefilm americani. Una pretesa di contrapposizione che ricalca, su altro livello, l’altrettanto nefasto dualismo, dichiaratamente in antitesi, fra Dio (o una generica “divinità”) e la Chiesa: positivo il primo, negativa la seconda. Su questo ha già risposto il Pontefice: esiste il pericolo di «una Chiesa gnostica: un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popolo», come chiarito durante l’incontro con la diocesi di Roma nel 2018.
La contrapposizione tra papa Francesco e la Chiesa, invece, di recente ha assunto sempre più frequentemente la forma del “Papa che non sa” – cosa accade, ciò che viene pubblicato, quanto viene intrapreso. Posizione, a suo modo, irriguardosa nei confronti di un Papa – qualunque papa – che realisticamente non può essere informato di ogni cosa che accade nel mondo, e forse neppure all’interno della Chiesa, ma che certo non abita la caverna di Platone, per rimanere nel campo della filosofia, a fissare ombre. Due casi di grande scalpore mediatico lo dimostrano con evidenza.
Il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso, del 15 marzo scorso. Su questo documento si è detto, anche da queste stesse pagine. L’ondata di stupefazione e di stizza generata in certi ambienti cosiddetti progressisti ha pochi eguali negli ultimi anni. Si è messo in discussione ogni aspetto del documento, dalla forma allo stile, dai contenuti all’opportunità dei tempi (con il suo esacerbare, è stato detto, le già evidenti distanze rispetto al “cammino sinodale” in corso in Germania). Per approdare, infine, all’abituale – e proverbiale – ultima spiaggia: il Papa non sapeva, non poteva sapere. Sorvolando sull’evidente concordia fra il documento e l’intero pontificato di Francesco. Ancora recentemente, come evidenziato, si pretenderebbe di rinvenire opposizioni e prese di distanza dal documento (e dalla Congregazione che l’ha pubblicato) fra le pieghe dei discorsi del Santo Padre. E a poco servirebbe – ed è servito – anticipare, con evidente presentimento, come fatto nel responsum dal card. Luis F. Ladaria, prefetto della Congregazione, e dall’arcivescovo Giacomo Morandi, segretario, che «il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium, con annessa Nota esplicativa». Non fa notizia, non è interessante, non importa. Meglio non sapere, anzi pretendere che il Papa non sappia.
Stupiscono, nell’evidente differenza dei contesti, le similitudini con il caso Bose. Vicenda delicata, senza alcun dubbio, in grado di smuovere sentimenti, affetti, psicologie, correnti e interessi potenti. «In ogni momento – a partire dalla notificazione del Decreto singolare nel maggio scorso –, come Delegato Pontificio ho agito in pieno accordo e secondo le disposizioni della S. Sede. Come, per altro, ha autorevolmente confermato il Comunicato della stessa S. Sede lo scorso 5 marzo, in occasione della Udienza privata concessa dal S. Padre al Priore della comunità di Bose e a me, Suo Delegato», precisa padre Amedeo Cencini, delegato pontificio per la comunità monastica di Bose, dopo settimane di polemiche mediatiche a mezzo missiva, stampa e siti internet. Anche di Cencini, come di altri, negli ultimi tempi si è detto di un agire quasi alle spalle del Pontefice. Che non sa. Di nuovo. E poco importa, di nuovo, che sia lo stesso Francesco a sottolineare, in una lettera, che la «presenza accanto a voi del delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, e il suo operato in sintonia con il cardinale Segretario di Stato sono segno della mia costante sollecitudine».
Così come ad alcuni poco importano, sempre meno, la sostanza e la verità dei fatti, che recano con sé anche il dolore e il disorientamento dei fedeli. «Non sentitevi abbandonati in questa tappa impervia del vostro cammino! Il Papa è accanto a ciascuno di voi. Che nulla e nessuno vi tolga la certezza della vostra chiamata e della sua bellezza e la fiducia nel futuro!», scrive il Papa ai fratelli e alle sorelle della comunità monastica di Bose. Ma i destinatari potrebbero egualmente essere tutti i cristiani, in Germania e in Italia così come nel resto del mondo.
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