L’attenzione internazionale e poi il silenzio, o quasi. È il destino dei simboli. Piccoli scorci di un mondo più grande, spesso triste, che appaiono e scompaiono, oscurati dal quotidiano. Un risveglio all’amara realtà per quanti avevano riposto le proprie speranze nella libertà e nell’immediatezza garantite dalla Rete.
È così per le polemiche di segno opposto sorte attorno alla nuova edizione del Padre Nostro. Un fatto piccolo o grande, anzitutto teologico ed esegetico, gettato in pasto al litigio. Un fatto anche italiano, perché tale è la Conferenza episcopale coinvolta, ma che in pochi giorni ha assunto significati prima europei e poi internazionali. Nella forma, in molti casi, di pseudo-riflessioni fuori contesto (e fuori luogo), alimentate da categorie – solo talvolta reali – di pregiudizio anti-bergogliano e di condanna di tale pregiudizio.
Simboli, appunto. Come Aylan e Amal, un’armonia dolorosa che unisce i destini di due bambini non così lontani fra loro. Simboli, di nuovo e rispettivamente, della tragedia della migrazione forzata e della guerra. Ma soprattutto della cecità dell’uomo verso l’uomo. E dell’irrompere – ma ci aveva mai realmente lasciati? – della strage degli innocenti nel nostro presente di grande civiltà.
Morti per guerra, per viaggio o per fame. 85 mila nel solo Yemen, secondo Save The Children. Dall’Ucraina dell’Holodomor (del quale ricorre la memoria) al Medio Oriente, dall’Africa all’Asia, passando per il Venezuela, i bambini sembrano divenuti, ancor più che in passato, le vittime privilegiate della guerra. Risultato di fredde logiche di apparato che ci privano, più o meno consapevolmente, della nostra umanità, e insieme ad essa della nostra fecondità e del nostro giudizio. Parvuli petierunt panem et non erat qui frangeret eis, “i bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro”. Lamentazioni che tristemente non hanno mai perso la propria attualità.
Dal “non indurci in tentazione” al “pane quotidiano”, o meglio alla sua mancanza. Aylan, Amal, il Padre Nostro. Certo non equiparabili, ma segni di una medesima tendenza. Indurre alla tentazione, tutta umana, di dimenticare; e pane quotidiano, divino e umano, da donare. Preghiera e carità. E memoria.
Nella foto: Uno di 85 mila. Senza spettacolo, con realismo.
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