Era il 21 gennaio 1849 quando veniva consacrata a Gerusalemme Christ Church, primo edificio di culto protestante nel cuore della Terrasanta. Oggi per alcuni esempio di ecumenismo, per altri di sincretismo, questa chiesa nacque con una missione: convertire gli ebrei al Cristianesimo.
Appena oltre la Porta di Giaffa, nella Città Vecchia di Gerusalemme, sorge una piccola chiesa intitolata a Cristo. La costruzione presenta all’esterno le architetture tipiche del neogotico inglese, ma è l’interno ad offrire i caratteri più interessanti. Niente jubé, elemento tipico del gotico e di molte chiese anglicane, ma abbondanza di scritte e simboli ebraici sugli arredi lignei e le vetrate istoriate. Sulla parete orientale della chiesa, orientata verso il Monte del Tempio come le sinagoghe di Gerusalemme, è inciso il Credo apostolico in lingua ebraica. Salvo l’altare e il pulpito, sono poche le concessioni ad elementi che ci si attenderebbe di trovare in una chiesa cristiana.
Edificata nella prima metà dell’Ottocento, Christ Church è il più antico edificio di culto protestante della Terrasanta, finanziato anche dall’allora Società londinese per la promozione del cristianesimo fra i giudei (oggi Ministero della Chiesa fra i giudei, CMJ). Per mezzo secolo sede del vescovo anglicano di Gerusalemme, Christ Church fu il risultato dell’interessamento – tanto religioso quanto politico – di due fra le maggiori Potenze protestanti dell’epoca, Prussia e Inghilterra, desiderose di contrastare il plurisecolare predominio latino e greco, nonché francese e russo, in Terrasanta. La costruzione della chiesa di Cristo non costituì infatti che l’ultimo atto dell’azione congiunta di Federico Guglielmo IV di Prussia e della regina Vittoria, nonché delle principali autorità religiose luterane e anglicane dei rispettivi regni, nella quale si mescolarono pressoché inestricabilmente ragion di Stato e aspirazioni religiose, anche in chiave escatologica. Nel 1840, frutto della rinsaldata alleanza anglo-prussiana e dell’opera del missionario danese John Nicolayson (Hans Nicolajsen), sorse a Gerusalemme il primo vescovato protestante di Terrasanta. Il primo vescovo nominato per la sede gerosolimitana fu, l’anno successivo, Michael Solomon Alexander.
Figura singolare, Alexander dovette apparire per molte ragioni la persona perfetta per quell’incarico. Prussiano di nascita e inglese d’adozione, precettore e poi rabbino a Norwich, Alexander si convertì nel 1825 dall’ebraismo all’anglicanesimo, dopo l’incontro con la Società londinese per la promozione del cristianesimo fra i giudei. Due anni dopo la stessa moglie di Alexander, Deborah Levy, venne ordinata sacerdote della Chiesa anglicana. Michael Solomon Alexander giunse a Gerusalemme da vescovo nel gennaio del 1842. La sua presenza si pose da subito come destabilizzante per l’equilibrio raggiunto fra le Chiese cristiane già presenti in città e la popolazione ebraica. Se quest’ultima vide in Alexander un apostata, le prime si convinsero ad intensificare la propria presenza a Gerusalemme. In campo cattolico, per esempio, per iniziativa di papa Pio IX nel 1847 venne ripristinato l’esercizio della giurisdizione di un Patriarca latino residente a Gerusalemme (lettera apostolica Nulla celebrior, 23 luglio 1847).
Fra i compiti del vescovo anglo-prussiano comparivano allora la protezione e la conversione degli ebrei residenti e delle comunità protestanti inglesi e tedesche. La cura d’anime di queste ultime venne affidata a membri del clero tedesco approvati dalla Chiesa anglicana e ordinati secondo il rito inglese. Anche la liturgia, pur se d’impronta prussiana, venne subordinata all’approvazione dell’arcivescovo di Canterbury. Proprio questa alleanza fra la Chiesa anglicana e i luterani tedeschi costò alla prima una defezione illustre: per John Henry Newman, allora anglicano, la collaborazione con i protestanti tedeschi, critici nei confronti della successione apostolica, risultò intollerabile e segnò un ulteriore passo verso la sua conversione al Cattolicesimo.
Dopo aver conseguito la conversione soltanto di una manciata di ebrei, l’accordo fra Regno Unito e Prussia – sin dall’inizio osteggiato politicamente e religiosamente da nutriti gruppi di ambo le parti – non sopravvisse che per pochi decenni alla prematura scomparsa di Alexander, nel 1845. Nel 1881, mutato ormai il contesto politico, la collaborazione religiosa cessò di essere messa in pratica e dopo cinque anni di vacanza della sede episcopale congiunta l’accordo venne definitivamente abolito da Guglielmo I di Germania. Da allora di Christ Church si incaricò autonomamente la Società londinese per la promozione del cristianesimo fra i giudei, con status di società anglicana indipendente, mantenendo nel tempo rapporti più o meno stretti con la Chiesa anglicana. Questa dal 1899 si dotò di una nuova sede per il proprio vescovo di Gerusalemme, la cattedrale di San Giorgio, formalmente senza giurisdizione su Christ Church.
Sopravvissuta alla Prima guerra mondiale e alla guerra arabo-israeliana del 1948, Christ Church continua a porre spinose questioni religiose e politiche. Di particolare rilevanza sono le critiche avanzate nei confronti della missionarietà della Società londinese per la promozione del cristianesimo fra i giudei, accusata da alcuni rappresentanti della comunità ebraica – ma anche anglicana – di costituire una minaccia per le relazioni interreligiose fra cristiani ed ebrei. Non sono mancate anche accuse di sincretismo religioso, originatesi dal fatto che nelle celebrazioni della comunità di Christ Church gli elementi cristiani si combinano a quelli della tradizione ebraica, nella liturgia e nella simbologia, così come nella predicazione, nella lingua e nelle festività. Non da ultimo, a complicare ulteriormente il quadro confessionale, la comunità condivide gli spazi e taluni momenti di preghiera con un gruppo di ebrei messianici, affini al Cristianesimo per la visione trinitaria di Dio e la fede in Gesù come Messia.
Nell’immagine: Gerusalemme, Christ Church, area presbiterale.
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Il Sismografo