Tutti i luoghi che papa Francesco toccherà nella visita di sabato 25 marzo hanno una vita propria. Testimonianze di una città e di una regione in profonda trasformazione. Perché Milano non è (solo) quella che si va ripetendo in queste settimane. Un viaggio con qualche simbolo – e luogo comune – in meno.
A pochi giorni dalla visita di Francesco a Milano sappiamo che a Monza c’è un parco, a San Siro uno stadio e alle Case Bianche un ascensore che rischia di non funzionare. Istantanee di luoghi, che però hanno una vita e una storia proprie e che possono dire di più sul viaggio di Francesco.
Quartiere Forlanini e Case Bianche
A differenza di quanto si ripete spesso in questi giorni, le due aree non coincidono. Poche centinaia di metri, ma che fanno la differenza. Più precisamente, infatti, il complesso delle “Case bianche” sorge a ridosso – ma all’esterno – dei confini storici del quartiere Forlanini, delimitato a sud-ovest da via Marco Bruto, piazza Ovidio e via Mecenate e a nord-est dalle grandi arterie che collegano l’aeroporto di Linate alla città. Realizzato nei primi anni ’60, il Forlanini si estende su palazzi in mattoni rossi e aree verdi, finendo con l’inglobare anche alcune villette costruite alla fine degli anni ’50. Pensato come un quartiere autonomo, Forlanini ruota attorno ad un perno commerciale – il supermercato di piazza Ovidio – e ad uno religioso, la chiesa di San Nicolao della Flue, con le sue forme bizzarre, da non confondere con una vecchia stazione ferroviaria: la linea metropolitana arriverà, ma solo dal 2018.
Case Bianche, attese fra spirito e vernice
Diversa l’atmosfera alle Case Bianche di via Salomone, decanato Forlanini. Palazzoni a nove piani costruiti dall’Aler (l’ex Istituto Autonomo Case Popolari), appartamenti spesso angusti e disagi comuni a molti quartieri popolari. Per i più anziani il complesso rimane – non senza una nota spregiativa – “la Trecca” di epoca fascista: quasi 500 famiglie, un migliaio di persone in tutto, fra le quali più di 200 anziani. La maggior parte dei residenti è italiana, ma il resto dà una buona idea di cosa sia oggi il multiculturalismo a Milano. Le Case Bianche sono una fetta di città abbandonata a sé stessa e troppo spesso allo sfruttamento criminale. Fra i pochi punti di riferimento ancora capaci di aggregare, la parrocchia e la Caritas. La visita di Francesco avrà un carattere spirituale, ma le attese non mancano anche sul piano materiale. Alcune mani di vernice e qualche infiltrazione in meno lungo il percorso del Papa sono già in opera. Il nuovo vetro della cappella che accoglie una statua della Vergine, rotto a sassate pochi giorni fa, arriverà. Nulla che possa impressionare un Pontefice abituato alle villas miseria di Buenos Aires.
Piazza Duomo: la Milano che ascolta e che no
Una decina di chilometri dalla Case Bianche, ma è come viaggiare verso un altro mondo, almeno sulla carta. Centro gravitazionale della Chiesa milanese (ma non va dimenticata la basilica di Sant’Ambrogio), piazza Duomo vuol dire anche cultura, turismo e shopping. È la “Milano bene”, che fa l’internazionale a pochi passi dai musei e dal Quadrilatero della moda e che qualche volta chiude gli occhi di fronte ai tanti che conducono le loro esistenze sotto ai porticati e nelle stazioni delle vie limitrofe, stretti fra una silenziosa dignità e mucchi di coperte. Anche a loro – e ai tanti sacerdoti e religiosi che se ne occupano – si rivolgerà il Pontefice da dentro la cattedrale e all’Angelus. Vale a dire: come sentirsi a casa anche lontano da piazza San Pietro.
San Vittore, fra carcere e cultura popolare
A Milano “San Vittore” vuol dire carcere. Come gran parte delle carceri italiane sovraffollato e sotto organico, ma unico nel suo genere: San Vittore è un pezzo della storia e dell’immaginario popolare milanese, protagonista di film e canzoni. La più nota certamente “Ma mi…”, passata nella cultura popolare come inno della mala milanese, ma scritta in realtà da Giorgio Strehler e musicata da Fiorenzo Carpi, portata al successo nel 1959 da Ornella Vanoni. Negli ultimi anni anche San Vittore è diventato un riflesso dei lati oscuri della vocazione cosmopolita di Milano, con una popolazione carceraria per il 70% straniera, con la quale talvolta – in mancanza di mediatori culturali – si comunica a gesti. San Vittore, però, non è solo “il” carcere. Nel quartiere, a pochi passi da Sant’Ambrogio e dall’Università Cattolica, si contano appartamenti storici e alla moda, un ospedale, un museo, due basiliche, l’esclusivo Collegio San Carlo e tanti asili. Le due – e più – facce di una Milano difficile da definire. E con i lavori per la M4 anche da percorrere.
Monza: più lombarda di Milano
A Monza Francesco e le migliaia di fedeli che lo raggiungeranno troveranno una cornice verde per la celebrazione della Messa, ma non solo questo. Se Milano è una metropoli che è cambiata moltissimo negli ultimi decenni e a tratti fatica a trovare una propria identità, lo stesso non si può dire di Monza, che mantiene tuttora alcune delle caratteristiche tipiche di una – pur grande – città lombarda. Porta per la Brianza e l’alta Lombardia, Monza incarna ancora quella dimensione – economica, ma soprattutto sociale – della piccola e media industria, di quella Lombardia intraprendente e un po’ baüscia, capofila di una cultura con la quale il Pontefice si confronta ormai da quattro anni su temi economici e sociali, dall’inclusione alla cura per l’ambiente. Monza non manca poi di essere una città ricca di storia, anche religiosa: longobarda nell’alto medioevo, comunale nel XIII secolo, asburgica dal ‘700. È a quest’ultima epoca che appartiene la Villa Reale, il cui splendido parco, fra i maggiori in Europa, ospiterà il momento clou della visita di Francesco nelle terre ambrosiane. Con una particolarità: nel decanato di Monza, così come in altri territori della diocesi di Milano, si segue il rito romano invece di quello ambrosiano. Scelta casuale?
San Siro: lo stadio con un quartiere attorno
Se San Vittore non è solo carcere, San Siro non è solo stadio. E le “Case Bianche” non sono certo l’unico quartiere popolare di Milano. C’è chi a San Siro ha problemi con l’endemica mancanza di parcheggi e l’inquinamento acustico dei concerti ospitati al Meazza, e chi nel mettere insieme il pranzo con la cena. Sul piano urbanistico e sociale il quartiere è infatti molto disomogeneo: un reticolato di vie, piazze, vecchie corti, aree verdi e cementificate, abitazioni popolari e di prestigio, con piazzale Brescia a fare da linea di demarcazione fra la zona popolare e quella residenziale. Oltre – o al di qua – c’è il “Quadrilatero”, case popolari raccolte tra via Ricciarelli e via Paravia, zona ricca di vita – anche solidale – e ad elevata presenza di stranieri. Un punto di incontro tra le due anime di Milano, la città dei poveri e quella dei ricchi, sempre più intrecciate. In tempo di guerra, il quartiere fu pensato come un modello per le altre zone di Milano. Le premesse per tornare ad esserlo, più con l’appoggio della solidarietà che dello Stato, ci sono tutte. Buona lezione per i giovani cresimandi, e non solo per loro.
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Complimenti, ottima analisi.
Grazie