Francesco l’Africano

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Un discorso, quello di Papa Francesco nella Mall of Asia Arena di Manila di fronte a 20mila persone, che potrebbe essere ricordato come il suo discorso africano. Molte, infatti, le tematiche affrontate dal Pontefice con piglio caro anche a quella parte di clero cattolico africano che sempre più sta avendo un ruolo chiave nel confronto della Chiesa con le sfide del mondo attuale, prime fra tutte quelle sulla famiglia.

«Dobbiamo stare attenti», ha dichiarato il Pontefice parlando a braccio in spagnolo e abbandonando parzialmente il discorso scritto in lingua inglese, «perché c’è un tentativo di colonizzazione ideologica». Una tematica affrontata in termini simili poche settimane fa anche dal neo-prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale guianese Robert Sarah, nella sua prefazione al libro di Marguerite A. Peeters, Il Gender. Una questione politica e culturale (San Paolo Edizioni, 2014). «I Paesi occidentali ci hanno abituato all’instabilità delle loro idee – scriveva il cardinale Sarah – e alla costruzione di ideologie alienanti e passeggere come furono il marxismo e il nazismo. L’esportazione delle loro ideologie nel corso della storia ha da sempre causato gravi danni all’umanità. Il pensiero africano non può lasciarsi colonizzare di nuovo». Ad alcuni non è sfuggito che dalla fine dello scorso anno nelle Filippine è entrato nel vivo il dibattito sulle unioni omosessuali. «Proclamate la bellezza del matrimonio cristiano – ha proseguito Papa Francesco da Manila – ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia».

«Esistono colonizzazioni ideologiche e dobbiamo guardarcene, colonizzazioni che tentano di distruggere la famiglia. Vengono da fuori», ha precisato, soffermandosi sul passo in cui, nel discorso ufficiale in inglese, si fa riferimento a relativismo e cultura dell’effimero. «Per questo dico che sono colonizzazioni: non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà nella famiglia, e così come i nostri popoli hanno detto no al periodo della colonizzazione politica, come famiglia dobbiamo essere molto sagaci, molto abili, molto forti nel dire no a qualsiasi colonizzazione ideologica sulla famiglia». Il Papa è poi tornato a fare riferimento alla lettera enciclica Humanae Vitae di Paolo VI e al coraggio del suo predecessore nell’andare controcorrente. «Ai confessori egli chiese di essere più misericordiosi e comprensivi con i casi di maggior sofferenza», ma «guardò all’umanità, al popolo della terra, alla minaccia della distruzione della famiglia con la privazione dei figli. Paolo VI era coraggioso e un buon pastore e allertò i suoi figli di quello che stava per accadere e mi auguro che ci benedica oggi dal cielo».

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Numerosi i riferimenti del Pontefice a san Giuseppe, del quale ha chiesto di invocare il patrocinio «per sapere quando dire sì e quando dire no». Papa Francesco ha anche nuovamente ricordato la sua abitudine di scrivere problemi e difficoltà su un papielito che pone poi sotto una statua di san Giuseppe a lui cara, «perché egli li veda in sogno». Papa Francesco non ha tralasciato di tornare nuovamente sul tema della difesa della vita, dopo i numerosi rifermenti compiuti durante l’Avvento e nelle scorse settimane. Alle famiglie il Pontefice ha chiesto di essere «santuari di rispetto per la vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale». Non è mancato infine un consiglio pratico alle famiglie e alle coppie di sposi, nello stile a cui il Pontefice ha ormai abituato i fedeli: «Non è possibile una famiglia se non si sogna. Quando si perde la capacità di sognare i figli non crescono, l’amore non cresce, la vita si spegne». È dunque necessario recuperare quell’illusione che c’è nell’amore, «non smettere di essere fidanzati».

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