Francesco, l’antieroe

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Una cosa è certa: se con ogni probabilità non vedremo mai papa Francesco con indosso la mozzetta rossa della tradizione pontificia, tanto meno lo vedremo con un mantello, soprattutto da supereroe. Perché la santità è un’altra cosa, nel quotidiano così come nell’ammissione dei propri errori.

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L’eroismo è parte della santità, ma non così il “super-eroismo”. Si potrebbe riassumere in questo modo il pensiero espresso da Francesco nella sua ultima esortazione apostolica, Gaudete et exultate. «La grazia – spiega il Pontefice – non ci rende di colpo superuomini». La natura umana, infatti, rimane sempre la medesima, con tutte le sue debolezze e fragilità. Supporre il contrario «sarebbe confidare troppo in noi stessi» e, in ultima analisi, cadere in una nuova forma di pelagianesimo, anche questo uno dei temi ricorrenti nei discorsi del Pontefice.

Nelle espressioni di Francesco, però, in nessun modo viene meno la consapevolezza dell’eroismo della santità, del singolo così come di «intere comunità che hanno vissuto eroicamente il Vangelo o che hanno offerto a Dio la vita di tutti i loro membri». Coniugazioni al passato che in gran parte del Medio Oriente e del Sud Est asiatico acquistano tutta la forza di un presente di tragica attualità.

Al tempo stesso, però, fare i conti con i propri limiti, comuni a tutti gli uomini, permette di «vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere». È la «santità “della porta accanto”», nelle parole di Francesco, di quella «classe media della santità» nella quale riecheggia un’immagine della straordinaria quotidianità tante volte riconosciuta in Maria – donna dei giorni feriali, secondo le parole di una bella preghiera scritta alcuni anni fa dal card. Angelo Comastri.

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Francesco l’antieroe, dunque, non iconoclasta, ma con i piedi per terra. Un’immagine lontana da quella proposta da «una certa mitologia di papa Francesco», come la definiva nel 2014 lo stesso Pontefice in un’intervista realizzata per il Corriere della Sera. «Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale». Una cattiva mitologia colta a modo suo anche dall’artista di strada Maupal, autore a Borgo Pio (Roma) di un celebre murale di Francesco in versione superman, protagonista in seguito di una discussa iniziativa benefica intrapresa dall’ex prefetto della Segreteria per la comunicazione e suo inedito assessore, mons. Dario Edoardo Viganò.

Un atteggiamento che il Papa dimostra anche di fronte alle gravi ferite della Chiesa e della società. Nei giorni scorsi ha fatto notizia l’ammissione da parte di Francesco di «gravi equivoci di valutazione e percezione della situazione, specialmente a causa di una mancanza di informazione vera ed equilibrata» rispetto agli abusi sessuali perpetrati da alcuni esponenti del clero cileno a danno di minori. Proprio in Cile, parlando ai consacrati, lo scorso 16 gennaio il Papa aveva detto: «Non siamo supereroi che, dall’alto, scendono a incontrarsi con i “mortali”. Piuttosto siamo inviati con la consapevolezza di essere uomini e donne perdonati. Il Popolo di Dio non aspetta né ha bisogno di noi come supereroi, aspetta pastori». Precisando che «una Chiesa con le piaghe è capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue». Tutt’altro che una giustificazione, ma un programma di rinnovamento nel solco della “tolleranza zero” coraggiosamente inaugurata a suo tempo da Benedetto XVI.

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