Educatori, padri ed elefanti

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Che avvenimenti di efferata crudeltà suscitino impressione, anche mediatica, è il segno inequivocabile di quanto di buono si agita, nonostante un assuefante intorpidimento, nel cuore dell’uomo. Che poi, sull’onda dell’attenzione comunicativa, sobrietà e riflessione vengano sopravanzate dal rumore di contrasti e strumentalizzazioni è forse inevitabile.


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Si additano, da tempo, le colpe di educazione e patriarcalismi. Una condanna in contumacia, perché – e non dev’essere un caso – si tratta precisamente di due ambiti ormai in fuga: la fuga della testimonianza, che dovrebbe concretizzarsi nel comportamento degli educatori, e la fuga dei padri, che è parte della crisi della famiglia.

Da anni – si badi, e non da giorni – si formulano ricette e si inaspriscono pene, frammentando dentro pacchetti preconfezionati di istituzioni ed istruzioni una crisi che, di contro, investe l’uomo nella sua integralità.

Una società che da tempo ha ucciso i propri padri – creatori, biologici, educativi o fondatori che siano – si dice oggi vittima di paternalismo e patriarcalismo.

Una società che vorrebbbe ridurre l’educazione ad un cumulo di nozioni ideologizzate, stratificate in diverse epoche, lamenta mancanza di valori nei giovani.

Abbagliati dalle tecnologie, abbiamo ridotto l’educazione a pacchetti di dati, e padri e figli ad elaboratori elettronici. Macchine che, per definizione, abbondano di input e difettano di consapevolezza.

La banalizzazione dell’uomo ad un essere solo materiale e la diffusione delle ideologie nell’insegnamento hanno contribuito a recidere il legame naturale tra le informazioni e il loro utilizzo critico e responsabile nella vita, che costituisce parte del processo di edificazione dei valori, prima ancora che di educazione ai valori, per la persona così come per la società.

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Mancano un’educazione e padri che sappiano inquietare in profondità, gettare sale sulle ferite che la natura umana dona a ciascuno di noi, non ad addomesticare l’epidermide.

Mancano un’educazione e padri che sappiano insegnare ben più di uno stile di vita, ma a vivere con stile: anche di coscienza, di buon senso e di rispetto.

Mancano un’educazione e padri che siano anzitutto testimonianza di sé – bussola, mappa e supporto sulla strada delle decisioni importanti della vita.

A nulla varrà andare in cerca di soluzioni effimere finché non si avrà il coraggio di affrontare l’elefante nella stanza cui nessuno sembra voler far cenno: restaurare una cultura della vita e del vivere, nuova e vecchia insieme, certamente in controtendenza.

Per lungo tempo abbiamo camminato sulle spalle dei giganti. La sensazione, ultimamente, è quella di essere oppressi da un gigantesco nulla, inconsistente eppure pesantissimo.

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