Dopo gli Stati Uniti, colpite le chiese in Messico. Mentre la Cina impone il patriottismo liturgico

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Si moltiplicano le violenze dei manifestanti contro obiettivi cattolici. Dopo gli Stati Uniti, è la volta del Messico. Mentre la Cina, per il dopo-pandemia, si inventa il “patriottismo” nella liturgia.

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Solo ieri, da queste pagine, si dava risalto alla preoccupante situazione esistente negli Stati Uniti, dove alle lodevoli mobilitazioni contro il razzismo si mescolano rigurgiti anticattolici, evidenti nel danneggiamento di numerose chiese e cattedrali e nell’assalto ad attività commerciali di ispirazione cattolica. Prodotto, anche questo, di un crescente clima di strumentalizzazione della religione e di decenni di campagne promosse contro la Chiesa e la comunità cattoliche, non soltanto in America, legate a precisi interessi politici, ideologici ed economici.

È notizia di queste ore che episodi di chiara intolleranza, simili a quelli avvenuti negli Stati Uniti, si sono verificati anche in Messico, in seguito alle manifestazioni contro le repressioni della polizia locale organizzate sull’onda dei cortei statunitensi. Ad essere colpite sono state la cattedrale di Xalapa, nello Stato di Veracruz, e il tempio espiatorio del Sacro Cuore di Gesù. Fra i presumibili autori, gruppi anarchici e femministi radicali. Composti anche da minorenni, secondo quanto dichiarato dall’arcivescovo di San Luis Potosí, mons. Jesús Carlos Cabrero, che ha denunciato le violenze.

Sebbene le devastazioni abbiano riguardato diversi edifici del centro storico, anche delle istituzioni, l’attenzione dei vandali sembra concentrarsi sugli obiettivi cattolici, con almeno cinque chiese colpite. Così come in molte occasioni simili negli Stati Uniti, infatti, non è possibile derubricare questi atti a semplici “danni collaterali” di generici gruppi violenti lungo il percorso dei cortei. La loro natura le identifica, infatti, come precisi e mirati attacchi contro la Chiesa cattolica. “Pedofili” e “stupratori” sono solo alcune delle scritte – sarebbe ripugnante definirle messaggi – comparse sui muri dei luoghi di culto cattolici, e si aggiungono alle esternazioni verniciate su altre chiese nei giorni scorsi: “Tieni i tuoi rosari lontano dalle nostre ovaie”, “(L’aborto) diventerà legge”, “Arràbbiati sorella”, “Niente più femminicidi”, “Assassini pedofili” e un curioso (visto il generale clima politically correct) “Pederasti”.

Se nelle Americhe le manifestazioni contro la violenza di alcuni agenti di polizia hanno fatto da cassa di risonanza all’odio anticattolico, in molte parti del mondo la pandemia di Covid-19 ha rappresentato un’occasione per limitare – ben oltre la misura della giusta precauzione sanitaria – la libertà di culto. Numerose Conferenze episcopali nazionali hanno evidenziato dinamiche in tal senso, mentre negli Stati Uniti il senatore repubblicano Mitch McConnell ha denunciato la doppia misura con la quale alcuni governatori, in periodo di emergenza sanitaria, stanno autorizzando le manifestazioni di massa mentre vietano gli assembramenti per le celebrazioni religiose, libertà ambedue garantite dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. «È impossibile evitare la conclusione – ha affermato il senatore – che i leader governativi «stiano usando i loro poteri per incoraggiare comportamenti costituzionalmente protetti che apprezzano personalmente, mentre continuano a vietare comportamenti costituzionalmente protetti che ritengono personalmente meno importanti».

Situazione più rossa che rosea in Cina. In diverse parti del Paese le autorità “cattoliche” che godono dell’appoggio del regime comunista hanno emanato regolamenti sulla riapertura delle chiese dopo la sospensione lunga cinque mesi a causa della pandemia di coronavirus. Fra le norme, l’obbligo per le chiese di predicare sul “patriottismo” (di regime, e tutt’altro che di merito) durante le celebrazioni. Diversi sacerdoti hanno già manifestato la propria contrarietà alle nuove imposizioni. Negli scorsi giorni, in vista della scadenza a settembre dell’accordo provvisorio fra Cina e Santa Sede siglato nel 2018, mons. Claudio Maria Celli ha dichiarato in un’intervista per Stanze Vaticane che si sta lavorando ad un probabile rinnovo.

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