Fra le prime Porte Sante aperte nella Diocesi di Milano, lo scorso 13 dicembre, quella del santuario intitolato al beato Carlo Gnocchi ha un significato particolare. In questo luogo, adiacente ai reparti ambulatoriali e di ricovero dell’IRCCS “Santa Maria Nascente” e all’edificio che originariamente ospitava la Federazione Pro Infanzia Mutilata, infatti, «le opere di misericordia intessono la trama della vita quotidiana», come spiega don Maurizio Rivolta, rettore del santuario. Una misericordia integrale, che non è soltanto «un’impressionante organizzazione di assistenza, ma la riabilitazione ad una pienezza di vita».
Come giudica la scelta del cardinale Scola di includere fra le nove Porte giubilari della Diocesi anche quella del santuario dedicato al beato don Carlo Gnocchi?
La scelta di includere il santuario – come pure la chiesa dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, per la Zona Sesta – esprime il desiderio di indicare tra i luoghi di culto nei quali è particolarmente vivo il tema della misericordia anche edifici sacri collegati a istituzioni in cui le opere di misericordia intessono la trama della vita quotidiana. Questo corrisponde alle finalità del Giubileo voluto da papa Francesco che, dalla contemplazione del vero volto di Dio, che è la misericordia, vuole condurre a vivere opere di misericordia, secondo il motto giubilare «misericordiosi come il Padre». Altre iniziative impegneranno alla prossimità verso altre realtà di sofferenza e povertà.
Come vivranno questo Giubileo le persone che avete in cura?
Gli ospiti del nostro centro vivono di riflesso l’afflusso dei pellegrini, che partecipano alla loro abituale santa Messa domenicale e che hanno occasione di incontrare nei loro ambienti di vita. Sono in programma visite a gruppi anche dagli altri centri della Fondazione. Quest’anno ricorre anche il sessantesimo anniversario della morte di don Gnocchi, avvenuta il 28 febbraio 1956: il santuario sarà meta di tante realtà legate alle sua persona. Già gli iscritti dell’AIDO sono venuti ad inaugurare le celebrazioni dell’anniversario, perché don Gnocchi è stato pioniere della donazione degli organi. Poi gli alpini, gli orfani, i mutilatini, i poliomielitici. Questi incontri certamente renderanno più sentita nei suoi frutti la misericordia di don Gnocchi. Un particolare che vorrei ricordare: la Porta Santa della Misericordia del Santuario è stata donata proprio dai suoi «figliuoli» – come è scritto su un cartiglio in basso a sinistra – segno di affetto e di riconoscenza.
Il complesso in cui sorge il santuario è un luogo di sofferenza, ma anche di soccorso e di speranza. Come si legano questi aspetti alla misericordia?
La figura del buon samaritano raccontata da Gesù ci ricorda che l’incontro con la sofferenza altrui può essere vissuto con indifferenza, anche come fastidio; oppure può coinvolgere e far scaturire una vicinanza, una compassione – com-passione – e un intervento efficace di assistenza, che risponde al male subìto con una solidarietà umana che ristabilisce un clima di fiducia e di speranza. La gratuità è segno di misericordia, di un cuore aperto alle miserie umane, una forte reazione all’ingiustizia patita dal fratello, che arricchisce anche chi si dona.
Misericordia esclusivamente materiale, intesa come soccorso, o c’è dell’altro?
Fin dall’inizio l’opera di don Gnocchi si è andata evolvendo, secondo le emergenze che si presentavano: prima gli orfani dei suoi alpini, poi soprattutto i mutilatini, vittime a migliaia di un nuovo genere di guerra. Da ultimo i poliomielitici, in quei tempi molto numerosi. Superate queste emergenze e tipologie, la Fondazione che porta il suo nome, attingendo alla sua spiritualità e al suo esempio, cerca di continuare la sua opera occupandosi di varie forme di disabilità e di fasce diverse di età. «Accanto alla vita, sempre» è lo slogan che ispira la sua attività. Gli operatori e i numerosi – ma sempre insufficienti – volontari affrontano le sfide e le difficoltà dei nostri giorni, sicuramente richiamati a questo “stile” di partecipazione col cuore.
Cappellano militare degli alpini, educatore, santo degli orfani e dei mutilatini. Che ruolo ebbe la misericordia nella vita di don Gnocchi?
Tutta la vita di don Gnocchi è sotto il segno della misericordia. Colpiscono le opere di misericordia corporale, che ha esercitato in maniera eroica – «con avida insistente speranza» – e che ancora oggi sono impresse nella memoria di molti. Ma forse ancor più gli stava a cuore quella che chiama la «restaurazione della persona umana». Non un’impressionante organizzazione di assistenza, pur necessario strumento, ma la riabilitazione ad una pienezza di vita, che significava per i suoi «figliuoli» istruzione ed avviamento ad una professione loro possibile, una maturazione umana che non li facesse «compatire», ma addirittura «ammirare».
Nella foto: don Carlo Gnocchi.
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Il Sismografo