4 novembre, festa delle Forze Armate e, sembra, delle polemiche (finalmente) sopite. L’ultima in ordine di tempo quella attorno alla definizione di Giovanni XXIII patrono dell’esercito. Inopportuno? Non di fronte a Maria e a santa Barbara.
La scelta ha fatto molto parlare di sé anche a livello internazionale nelle scorse settimane: la definizione di Giovanni XXIII patrono dell’Esercito italiano, il 12 settembre scorso. Una scelta da taluni giudicata inopportuna per il Pontefice della Pacem in terris, il “Papa buono” della condanna della guerra. «Ed invero chi è che non desidera ardentissimamente che il pericolo della guerra sia eliminato e la pace sia salvaguardata e consolidata?», verrebbe da riflettere, traendo spunto dalla stessa enciclica pontificia (n. 62). Una proclamazione «forzata», addirittura «offensiva», per un sostenitore della pace, essenzialmente motivata dal servizio svolto da Angelo Roncalli durante la Grande Guerra in qualità di cappellano militare e approvata, anni fa, anche dal card. Loris Capovilla, storico segretario di Roncalli. Un periodo mai rinnegato dal sacerdote divenuto pontefice, che ancora nel 1959, incontrando i cappellani militari in congedo nei Giardini Vaticani, rievoca «i ricordi incancellabili e profondamente umani, legati alle Nostre esperienze di vita militare […] le emozioni e le consolazioni provate in quei lontani giorni di semplice servizio, dapprima, e di ministero sacerdotale di poi, in mezzo a tanta balda gioventù». Una polemica che, pur nel rispetto delle buone intenzioni di quanti l’hanno sostenuta, non può che nascere indebolita da un vizio di fondo.
Anche sorvolando sul ruolo straordinario esercitato dai cappellani militari fra i soldati, infatti, basta sfogliare un comune calendario per rendersi conto di come Giovanni XXIII sia in buona compagnia, e non certo di individui tacciabili di essere “guerrafondai”. Una su tutte la Vergine Maria, che venerata con l’appellativo di Virgo Fidelis e di Madonna di Loreto è patrona rispettivamente dell’Arma dei Carabinieri dall’11 novembre 1949 per volere di Pio XII e dell’Aviazione dal 1920, proclamata tale da Benedetto XV. Lo stesso, quest’ultimo, della celebre condanna della prima guerra mondiale quale «inutile strage». Che dire, poi, di santa Barbara, vergine e martire, storica patrona di artificieri, genieri, armaioli, artiglieri e marinai, oltre che di vigili del fuoco, minatori e di una molteplicità di altri professionisti?
L’elenco dei santi delle forze armate è, però, certamente più lungo e accanto ai nomi più ricordati – come san Michele arcangelo patrono di paracadutisti e Polizia di Stato o san Martino di Tour patrono dell’Arma della fanteria – se ne scoprono di meno noti. È il caso, ad esempio, di san Cristoforo, patrono degli autieri (i guidatori dei mezzi per il trasporto di persone e di materiali), di san Gabriele arcangelo patrono dei trasmettitori o di san Basilide d’Alessandria protettore degli agenti di custodia. Se a san Maurizio martire si rivolgono, invece, gli alpini (che trovano un riferimento anche in don Carlo Gnocchi, loro straordinario ed amatissimo cappellano), i cavalleggeri trovano conforto in san Giorgio martire e il Corpo di commissariato in san Lorenzo. San Matteo, apostolo ed evangelista, estende invece la sua protezione in maniera speciale ai finanzieri, così come san Giovanni Gualberto ai forestali e san Sebastiano alla Polizia municipale. Come non ricordare, infine, san Giovanni da Capestrano, che un altro santo, Giovanni Paolo II, volle nominare patrono proprio dei cappellani militari?
Un elenco, insomma, in grado di far impallidire ogni sostenitore della guerra e, probabilmente, ogni polemica. Finché esisteranno eserciti, e in questi eserciti ci saranno uomini, molti di essi saranno uomini di fede e di preghiera. Luci nel buio della guerra.
Nella foto: Tessera di riconoscimento del cappellano militare Angelo Roncalli, rilasciata il 16 gennaio 1918. Archivio Fondazione Papa Giovanni XXIII.
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1 commento su “Dalla Madonna di Loreto a Giovanni XXIII. La polemica inutile”