A 105 anni dall’inutile strage, il Papa continua ad essere Pilato. Che sia Benedetto XV oppure Francesco.
«Una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli». Scrive così, il 1° agosto 1917, papa Benedetto XV nell’accorata Lettera ai capi dei popoli belligeranti ai primi boati della Grande Guerra. «E ciò – prosegue l’allora Pontefice – senza distinzione di nazionalità o di religione, come ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a noi affidato da Cristo».
Dialogo e disarmo
«Si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli», continua Benedetto XV nel 1917, invocando i «benefici immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico». Tutt’altro che confinato ad un piano teorico, l’intervento di Benedetto XV è lucido e profetico, oltre che estremamente attuale, nell’individuare le cause del primo conflitto mondiale nelle logiche suicide della potenza, pronte a sacrificare tutto – a cominciare da milioni di vite – alla supremazia scientifica, economica e bellica. Scorgendo nella guerra un problema antropologico, prima ancora che politico. E nelle questioni irrisolte alle frontiere del mondo, a cominciare da Est Europa e Medio Oriente, il tragico incubatoio di altre tragedie, dal genocidio armeno alla Siria, dall’Afghanistan alla guerra in Ucraina.
Troppo tardi, però, per fermare la guerra, che con la discesa in campo degli Stati Uniti ottiene l’iniezione di denaro e armamenti di cui aveva bisogno. Tanto più che la condanna verso quella «inutile strage» e – forse soprattutto – il «proposito di assoluta imparzialità e di beneficenza» nell’esortare «popoli e governi belligeranti a tornare fratelli» valgono a Benedetto XV il dileggio, se non l’aperta ostilità, di gran parte delle istituzioni politiche, soprattutto europee e nordamericane, con la sola eccezione dell’imperatore Carlo I d’Austria, ben presto annoverato anch’esso fra gli screditati dalla stampa e dai capi di Stato dei Paesi in guerra.
Tedesco per i francesi, francese per i tedeschi
Già alle prese con la tradizionale opposizione anticlericale del Risorgimento italiano, Benedetto XV diviene, suo malgrado, protagonista di una complessa macchina denigratoria internazionale con al centro governi e stampa, nella quale ognuna delle fazioni in guerra interpreta l’imparzialità del Papa come un sostegno alla parte avversa. Nell’impossibilità, allora, di essere definito filo-russo, Benedetto XV è le Pape boche (il Papa crucco) per il primo ministro Georges Clemenceau e per i francesi e der französische Papst (il Papa francese) per i tedeschi, mentre l’Italia si limita – per così dire – ad un ingiurioso gioco di parole sul suo nome, storpiandolo in Maledetto XV. Sconti non vengono al Papa neppure dal fronte cattolico, anzi: per il romanziere Léon Bloy, fervente cattolico e anticlericale, Benedetto XV è Pilate XV, per antonomasia incapace di prendere posizione.
L’utile idiota di Putin
Impossibile non cogliere i tratti in comune con il clima della «guerra di ampie dimensioni in Ucraina, iniziata dalla Federazione Russa» e già esplicitamente definita «terza guerra mondiale». Dove ad unire i belligeranti, insieme agli interessi del mercato delle armi, sono le critiche violente rivolte al Pontefice e ad una parte della Chiesa. Dei quali additare i colpevoli silenzi, le infelici scelte nominali e le ambiguità dottrinali in tema di guerra. Per non parlare dell’irritazione davanti alla preghiera di pace, che accomuna le due sponde del fronte.
Possibile, per il Papa, fare di più e meglio? Probabilmente, come ad ogni altra persona su questa terra. Nondimeno, è difficile giustificare il variegato fronte d’opinione venutosi a rinsaldare con il conflitto, in grado di unire posizioni e soprattutto persone fino a pochi mesi fa antitetiche, dalla prossimità ad interessi se non personali almeno di gruppo, alla vecchia o nuova lontananza da Francesco. «L’utile idiota di Putin», indegno di portare il nome di san Francesco, «vergognoso», «insostenibile».
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