Dal Generale dei Gesuiti a Trump, Francesco ha una ricetta per tutti

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Al venezuelano Arturo Sosa Abascal, preposito generale della Compagnia di Gesù, consiglierebbe forse di astenersi dai calmanti. A Donald Trump (e all’Europa) dagli antidepressivi. È il lato medico di Francesco, che ha una ricetta per tutti. Con due dottori verso gli altari.

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«Essere radicali nella profezia è il famoso sine glossa, la regola sine glossa, il Vangelo sine glossa», spiegava Francesco ai superiori generali riuniti in Vaticano il 25 novembre scorso. «Cioè: senza calmanti! Il Vangelo va preso senza calmanti». Il richiamo è ad uno dei capisaldi del pensiero di Francesco d’Assisi e sarebbe da scrivere su una ricetta. Potrebbe pensarlo Francesco dopo le parole di Arturo Sosa Abascal, nuovo preposito generale della Compagnia di Gesù: «bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù… a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate». Esternazioni che da giorni fanno discutere, sul confine tra rivendicazione esegetica e relativismo magnetofonico.

Nella ricetta di Francesco non compaiono neppure gli antidepressivi, «perché la misericordia è il miglior antidoto contro la paura». Come ha ricordato il Papa ai partecipanti al 3° incontro mondiale dei movimenti popolari, infatti, la misericordia «è molto meglio degli antidepressivi e degli ansiolitici. Molto più efficace dei muri, delle inferriate, degli allarmi e delle armi. Ed è gratis: è un dono di Dio. Cari fratelli e sorelle, tutti i muri cadono. Tutti. Non lasciamoci ingannare». Trump e l’Europa sono avvisati.

Da Santa Marta potrebbero confermalo: la farmacia di Francesco è ben rifornita, almeno di metafore. Perché il rapporto del Papa con la medicina è tutto particolare. Un’attitudine che potrebbe diventare di ancora maggior attualità mentre in Italia si torna a discutere di temi bioetici e fra gli ultimi candidati all’onore degli altari ben due sono medici, il pediatra spagnolo Pedro Herrero Rubio e il chirurgo italiano Vittorio Trancanelli.

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«A tutti voi vorrei consigliare una medicina. Qualcuno penserà: “Il Papa fa il farmacista, adesso?”. È una medicina speciale, per concretizzare i frutti dell’Anno della Fede che volge al termine. Ma è una medicina di 59 granelli intracordiali». In principio fu la Misericordina. Era il 17 novembre 2013 e il Pontefice, ancora fresco di elezione, stupiva i fedeli riuniti in piazza San Pietro con la distribuzione di 20mila kit per la preghiera della Coroncina alla Divina Misericordia. «Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene al cuore, all’anima e a tutta la vita». Meno di tre anni dopo, il 21 febbraio 2016, Francesco sarebbe tornato sull’argomento, lanciando un nuovo “spot” dalla finestra dello studio papale, sfoderando la «Misericordina Plus».

Il rapporto di Francesco con la medicina – fatto anche di improvvisate – non si consuma soltanto all’interno del Palazzo Apostolico. Se Giovanni XXIII si defilava da Castel Gandolfo per immergersi nella natura del lago Albano e Giovanni Paolo II fuggiva al protocollo per andare a sciare, Francesco lo fa per acquistare nuovi occhiali. Come nel settembre 2015 in un negozio di via del Babuino, a due passi da Piazza del Popolo. «Non voglio una montatura nuova, bisogna rifare solo le lenti. Non voglio spendere», avrebbe detto il Pontefice all’ottico. Fuori programma riproposto l’anno successivo, a pochi giorni dal Natale. Svolta imprevista, di ritorno dal Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, in direzione via dei Gelsomini, sulla Gregorio VII. Destinazione: un negozio di articoli sanitari ben fornito di calzature ortopediche. Meraviglia, scompiglio e immagini che fanno il giro del mondo.

Almeno quanto le 15 «malattie» della Curia diagnosticate dal Pontefice nel suo secondo discorso alla Curia romana per gli auguri natalizi 2016. A far parlare di sé era stato allora l’«Alzheimer spirituale». Se la riforma della Curia non può essere intesa come «una sorta di lifting» – avrebbe aggiunto Francesco due anni dopo – e la pratica del promoveatur ut amoveatur è un «cancro», non sorprende che il Pontefice non proponga facili soluzioni farmacologiche. Nessun ricorso a “pillole della felicità” neppure per affrontare i grattacapi che ultimamente sembrano arrivare al Papa più da dentro che da fuori la Chiesa. «Qual è la sorgente della mia serenità?», ha scherzato Francesco di fronte ai superiori generali, nel novembre scorso. «No, non prendo pastiglie tranquillanti! Gli italiani danno un bel consiglio: per vivere in pace ci vuole un sano menefreghismo». Utile, verrebbe da dire, anche nella vita di Curia.

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«Quando due anni fa ho parlato delle malattie, uno di voi è venuto a dirmi: “Dove devo andare, in farmacia o a confessarmi?” – “Mah, tutt’e due”, ho detto io», ha puntualizzato il Papa nel dicembre 2016. «E quando ho salutato il cardinale Brandmüller (che è, fra l’altro, uno dei quattro porporati firmatari dei celebri dubia sull’Amoris laetitia, NdR), lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “Acquaviva!”. Io, al momento, non ho capito, ma poi, pensando pensando, ho ricordato che Acquaviva, quinto generale della Compagnia di Gesù, aveva scritto un libro che noi studenti leggevamo in latino, i padri spirituali ce lo facevano leggere, si chiamava così: Industriae pro Superioribus ejusdem Societatis ad curandos animae morbos, cioè le malattie dell’anima». In quell’occasione il Pontefice volle omaggiare i cardinali proprio della nuova edizione italiana dell’opera, curata da padre Giuliano Raffo.

Ci sono la vanità – «osteoporosi dell’anima» – e l’«orticaria», che non lascia in pace chi ha la coscienza sporca. Ma anche quel «reumatismo dell’anima» che impedisce a molti uomini, anche di Chiesa, di piegarsi alla misericordia di Dio e ai bisogni dei fratelli. Un campionario di malesseri che ha fatto desiderare a Francesco una Chiesa che sappia essere «ospedale da campo dopo una battaglia». Perché «è inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite», aveva spiegato il Pontefice a pochi mesi dalla sua elezione, nella sua prima intervista alla Civiltà Cattolica.

Non mancano poi gli appuntamenti ufficiali. Meraviglia – e qualche immancabile perplessità – ha suscitato la partecipazione del Pontefice al Congresso mondiale della Società europea di cardiologia, il 31 agosto 2016, la prima di un pontefice ad un congresso di medicina. «Tra le vostre mani passa il centro pulsante del corpo umano, pertanto la vostra responsabilità è grande», aveva sottolineato Francesco. Chirurgico anche l’intervento del Pontefice nel discorso rivolto ai membri della Commissione “Carità e Salute” della Cei. «Se c’è un settore in cui la cultura dello scarto fa vedere con evidenza le sue dolorose conseguenze è proprio quello sanitario. Quando la persona malata non viene messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto grave».

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Proprio in tema di impegni ufficiali, però, non tutte le “medicine” di Francesco sembrano funzionare. Almeno non contro il raffreddore, a causa del quale per ben due volte il Pontefice ha dato forfait al card. Angelo Scola. La prima quando l’arcivescovo di Milano, giunto in Vaticano per invitare ufficialmente il Papa all’Expo 2015, non venne ricevuto da Francesco. Troppo raffreddato, si disse, anche per partecipare, l’anno successivo, alla cerimonia prevista al Policlinico Gemelli di Roma, dove ad accoglierlo ci sarebbe stato di nuovo Scola, in qualità di presidente dell’Istituto Toniolo. In quell’occasione i turisti scattarono fotografie alla papamobile vuota. A meno di un mese dalla visita di Francesco a Milano, però, un altro raffreddore sembra ormai da escludere.

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