Da Fiducia supplicans al Giubileo lgbt. Lo slalom della Chiesa non è da record

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Primo anniversario della Fiducia supplicans: un bilancio e il caso Giubileo lgbt.

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Da 30 a 65 porte per gara: è una delle caratteristiche dello slalom gigante, fra le discipline più spettacolari dello sci alpino. In quanto alla Chiesa, in vista c’è una Porta soltanto, e per giunta Santa. Ma lungo il percorso sembra che ne abbiamo mancata qualcuna e abbiamo preso, invece, più di un palo.

A un anno da Fiducia supplicans

A cominciare dal primo anniversario di uno dei “pali” più dolorosi degli ultimi anni, quello della dichiarazione Fiducia supplicans con cui il Dicastero per la Dottrina della Fede dell’allora neo-cardinale Víctor Manuel Fernández aveva scelto di farci chiudere il 2023 (18 dicembre), donandoci un agguerrito botta e risposta natalizio attorno alle benedizioni di coppie dello stesso sesso (su queste pagine ne avevo parlato qui e qui). Gli attivisti della pastorale omosessuale avevano ceduto all’euforia, con tanto di foto di rito (quando non “del” rito); alcune Chiese locali avevano esultato, altre si erano opposte, la maggior parte aveva scelto un silenzio più o meno imbarazzato.

A conti fatti, percepita – e presentata – come un’urgenza pastorale, di benedizioni di coppie dello stesso sesso non si parla più da inizio 2024. Giusto domandarsi, quindi, cosa sia stato di quel documento e quali effetti abbia generato. Lo ha fatto il National Catholic Register, per quegli Stati Uniti che non si erano dimostrati teneri verso la Dichiarazione. Eloquente, a un anno di distanza, la reazione delle 177 diocesi di rito latino degli Usa interrogate circa l’applicazione della Fiducia supplicans: solo 21 rispondono, ancora meno quelle che scelgono di commentare.

«Tutti coloro che hanno fornito informazioni hanno affermato di non tenere traccia delle benedizioni offerte dai preti; praticamente nessuno ha riferito di aver ricevuto lamentele o commenti da preti o altre persone in merito alle pratiche derivanti dal documento», si scrive nell’articolo. Ciò che più colpisce è che pressoché nessuna diocesi sia ufficialmente a conoscenza di benedizioni a coppie dello stesso sesso, né impartite né tanto meno richieste. Unica eccezione San Francisco, che vanta la più alta incidenza di coppie omosessuali tra le grandi città americane. Rappresentanti della diocesi riferiscono di avere avuto «alcuni problemi nel corso dell’ultimo anno con persone che hanno cercato di insistere per essere benedette in modo illegittimo».

Tutt’altro che illegittimo è, invece, immaginare un quadro simile anche in altri Paesi. Se, come sembra, le chiese non sono state invase da coppie omosessuali in affanno da benedizione, è pertanto lecito chiedersi: da cosa, o da chi, era dettato quel senso di urgenza, che fra l’altro ha condotto alla pubblicazione di un documento ragionevolmente avventato?

Il “Giubileo gay” che non c’è (e non c’è mai stato)

L’imminenza delle festività natalizie, o piuttosto la fine dell’anno, devono essere di stimolo per il dibattito attorno ai temi dell’omosessualità. Lo dimostra quest’anno la gestione schizofrenica del presunto “Giubileo lgbt”. Al momento in cui si scrive, l’appuntamento risulta (nuovamente) inserito nel calendario generale, al 6 settembre 2025, con la dicitura “Pellegrinaggio dell’Associazione La Tenda di Gionata e altre associazioni”, non meglio definite.

Si tratta, però, solo dell’ultima tappa di un percorso a dir poco accidentato, con l’evento dapprima aggiunto in calendario, insieme a decine di altri, poi strumentalizzato a livello mediatico come l’ennesima “apertura” della Chiesa al mondo gay. Fra gli altri, il 5 dicembre scriveva Il Mattino: «Il Giubileo del 2025 spalancherà le porte al primo pellegrinaggio dedicato espressamente ai gay e alle persone Lgbt+. Una novità assoluta, impensabile fino a qualche anno fa».

Immediata, e a tratti scomposta, la reazione: prima negando i fatti e facendo uscire, per così dire, l’evento dalla Porta (qui l’articolo di Edgar Beltrán su The Pillar e qui la prima versione della pagina, rimossa dal sito del Giubileo), e poi agevolando un rientro dalla finestra ad un indirizzo differente (qui la nuova pagina).

Non stupisce che uno dei siti di riferimento della comunità gay in Italia parli di “odissea”, “soap-opera” e “slalom”. Di per sé, la vicenda sarebbe piuttosto banale: nel calendario del Giubileo trova già spazio una varietà di sensibilità e storie di vita e di fede, dai pellegrinaggi di numerose diocesi a quelli dei movimenti, dall’agroalimentare ai consulenti finanziari, fino al trekking a cavallo e alla Nunziatura Apostolica di Washington (la stessa in cui fino al 2016 fu il discusso mons. Carlo Maria Viganò).

È piuttosto la gestione comunicativa che avrebbe meritato – una volta di più – un approccio più trasparente, oltre che una sensibilità più attenta verso le persone coinvolte. Per non parlare di una maggiore astuzia nell’attendersi una strumentalizzazione tutt’altro che imprevedibile.

Per chi si fosse perso qualche puntata, La Tenda di Gionata è un’associazione fondata nel 2018 per favorire «l’accoglienza, la formazione e l’informazione dei cristiani LGBT, dei loro familiari e degli operatori pastorali, nonché il dialogo su questi temi con le diverse realtà cristiane», come si legge sul sito ufficiale dell’associazione. Va detto pure che non è la prima volta che La Tenda di Gionata e realtà ad essa riconducibili, come il Kairós Giovani di Firenze, sono protagoniste di “fraintendimenti” mediatici: ampia la copertura dopo alcuni incontri con papa Francesco e altrettanti incoraggiamenti, “aperture” reali o presunte.

Todos, todos, todos attendiamo con ansia l’apertura della Porta Santa. Nella speranza, in questo slalom, di passare indenni il varco ed evitare altre cadute.

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