La cattedrale di Notre-Dame ferita da un doloroso incendio è già diventata il simbolo della ricostruzione. Non solo di uno dei maggiori monumenti della Cristianità mondiale, ma anche delle radici cristiane dell’Europa e del recupero dell’unità della Chiesa, ferita dalle divisioni.
Per secoli emblema del Cristianesimo in Europa, troppo spesso ridotta a meta turistica, le sue rovine incandescenti sono oggi più che mai il simbolo del vuoto spirituale nel quale sono piombati il Vecchio Continente e l’intero Occidente. Non più tardi di sei anni fa, poche settimane dopo l’elezione di Francesco al soglio pontificio, la stessa Notre-Dame era stata per ben due volte oggetto di profanazione. La prima volta con il suicidio dello storico Dominique Venner, attivista di estrema destra, che si inferse un colpo di pistola sull’altare della cattedrale. La seconda, il giorno successivo, con la triste esibizione di una militante del gruppo Femen, che mimò il suicidio dell’uomo, sempre sull’altare della cattedrale, recando impressa sul seno nudo la scritta “May fascist rest in hell”, “Possano i fascisti riposare all’inferno”.
Ma più delle persecuzioni plurisecolari e dei gesti di opposizione, colpisce il montare della quieta indifferenza alla fede. Un dato di fatto recentemente confermato per l’intero Occidente da un sondaggio della Eastern Illinois University che, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, vede i “senza religione” (23,1%) sopravanzare i cattolici (23%) e gli evangelici (22,5%). Nel 1972 gli appartenenti a nessuna religione organizzata erano soltanto il 5%. Una crescita finora inarrestabile, in corso almeno dai primi anni ’90: +266% dal 1991. Non stupisce che il direttore emerito dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, intervistato in queste ore dalla rivista francese L’Express, auspichi che dalla tragedia di Notre-Dame scaturisca un «germoglio della rinascita dell’Europa».
Una ricostruzione europea che, come già accaduto nella storia, non può prescindere dalla Chiesa, chiamata una volta di più a liberarsi dalle troppo facili contaminazioni con quanto di peggio il mondo ha da offrire, ma anche – e forse soprattutto – a sanare le proprie fratture interne. A ricordare quest’ultimo aspetto è il cardinale francese Paul Joseph Jean Poupard, storico delle religioni e presidente emerito del Pontificio consiglio della cultura e del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Con lo sguardo, di nuovo, a Notre-Dame. «È una catastrofe per la cristianità e per i fedeli di tutto il mondo. Ci scuote duramente. E ci chiama a mettere da parte le divisioni che stanno affliggendo la Chiesa». Una richiesta che, senza falsi irenismi ma alla luce della Verità, giunge ormai da molti fedeli.
Che sia arrivato, finalmente, il momento di interpretare il “segno” di questo nostro tempo? Lo aveva, in altri termini, ricordato anche Benedetto XVI, già in procinto di lasciare la Cattedra di Pietro, in un suo discorso del 2012. «In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore». In ogni età anagrafica, così come in ogni epoca. Anche in quella che sembra rischiarata ormai soltanto dai fuochi che bruciano.
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1 commento su “Cronaca delle ceneri. Notre-Dame già simbolo di ricostruzione: dell’Europa e della Chiesa”