Carlo Acutis, il primo millennial elevato all’onore degli altari. Ma cosa significa? Cosa c’è davvero dietro a un “record”.
Non è più tempo di santi. Impossibile trovare, oggi, lo spazio per la povera naturalezza di san Francesco, per il silenzio pieno di preghiera di san Benedetto, per l’estatica meraviglia di san Filippo Neri. Sono fuori discussione l’eroismo di santa Barbara e l’umile sapienza di santa Teresa di Lisieux. E chi può avere la forza di librarsi in volo come san Giuseppe da Copertino sotto il peso della modernità, oppure trovare il tempo di ascoltare la voce di Dio come Anna Katharina Emmerick nel frastuono dei tanti impegni?
Favole, fantasie, come fede, ostensori e reliquiari. È una visione superficiale e un po’ mitica della santità quella che la relega nella perduta età dell’oro dei bei tempi andati. Dimenticando che tutti i Francesco, i Benedetto, i Filippo, le Barbara, le Teresa, i Giuseppe e le Anna Katharina sono stati abitanti del proprio tempo, mai privo di difficoltà.
In questi giorni in molti hanno salutato come curiose, se non straordinarie, la santità fresca di Carlo Acutis e il suo essere il primo millennial, figlio di una generazione che sperimenta ancora la giovinezza, elevato alla gloria degli altari. Lo ha ricordato, a braccio, anche papa Francesco all’Angelus di ieri. Un «ragazzo quindicenne, innamorato dell’Eucaristia», ha sottolineato il Papa, che «non si è adagiato in un comodo immobilismo, ma ha colto i bisogni del suo tempo, perché nei più deboli vedeva il volto di Cristo. La sua testimonianza indica ai giovani di oggi che la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto e servendolo nei fratelli, specialmente gli ultimi». Santità profonda, in jeans e felpa oltre la teca.
Ma c’è di più dietro quello che non è soltanto un “record”. L’essere un millennial significa aver attraversato tutte le contraddizioni del nostro tempo. Nato nel 1991 e morto nel 2006, Carlo Acutis è immerso in tenera età, al pari di molti coetanei, nel crescente secolarismo, nella violenta sessualizzazione della società e dei minori, nella diffusione di tecnologie sempre più pervasive, delle quali sa cogliere bontà e opportunità. Conosce il dilagare del malaffare, delle tensioni nella politica nazionale e del terrorismo internazionale (il 2001 è l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle e della successiva guerra in Afghanistan).
Anche le vicende che coinvolgono la Chiesa non fanno sconti alla giovane fede di Carlo Acutis. Nei primi anni Duemila nubi dense si accumulano sulla Chiesa, con l’emergere dei ripetuti scandali legati agli abusi commessi da alcuni membri del clero. Abusi non solo a sfondo sessuale, ma anche di potere e di coscienza. Un clima pesante, che grava anche su fedeli e vocazioni, già in crisi. Sono gli anni del caso Maciel, che nel 1997 torna agli onori delle cronache, scuotendo i vertici dei Legionari di Cristo e, con il card. Angelo Sodano, anche dell’allora Segreteria di Stato (nel 2004 Ratzinger, alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, ottiene da Giovanni Paolo II l’autorizzazione a riaprire il caso Maciel e due anni dopo giunge il provvedimento disciplinare contro il religioso).
Nel gennaio del 2002, con l’inchiesta del The Boston Globe, prende avvio negli Stati Uniti la fase più mediatica dello scandalo pedofilia nella Chiesa cattolica. In poche settimane si giunge al coinvolgimento dell’allora arcivescovo di Boston, il card. Bernard Francis Law, accusato di aver trasferito di parrocchia in parrocchia decine di preti abusatori, omettendone la denuncia. La gravità delle accuse è tale da costringere il porporato a rassegnare le proprie dimissioni a fine anno, nelle mani di Giovanni Paolo II. Migliaia di documenti, raccolti durante le indagini, rivelano decenni di abusi sessuali da parte di presbiteri della Chiesa di Boston. In seguito alle richieste di risarcimento, tre diocesi avviano in pochi mesi la procedura di bancarotta: Portland, Tucson e Spokane. All’evidente gravità dei crimini commessi si unisce lo strumentale compiacimento dei media internazionali e degli ambienti già contrari alla Chiesa.
Sguardo attento e curioso rivolto alla rete, a Carlo Acutis non sfuggono le sfumature venate di preconcetto di certi giudizi sferzanti. «Criticare la Chiesa significa criticare noi stessi! La Chiesa è la dispensatrice dei tesori per la nostra salvezza», commenta. La mareggiata che all’inizio degli anni Duemila investe, con denunce, processi e pressioni mediatiche, gli edifici d’Oltretevere si infrange contro il medesimo pontefice dei precedenti vent’anni: Karol Wojtyla. Molto, però, è cambiato: il coraggio dirompente negli anni ha ceduto il passo alla fragilità fisica, spostando su un altro piano la testimonianza di fede resa da Giovanni Paolo II. Anche il successore, Benedetto XVI, geniale e profondo, è giudicato dai più una personalità tutt’altro che mediatica, poco in grado – sulla carta – di fare presa sull’opinione pubblica, specie fra i ragazzi.
La realtà è ben diversa, ma poco importa. Proprio nel terreno apparentemente più difficile maturano santità, anche fra i giovani: Chiara Badano, Matteo Farina, Chiara Corbella Petrillo, Giulia Maria Gabrieli. E Carlo Acutis. D’altronde, come afferma quest’ultimo, «la conversione non è altro che lo spostare lo sguardo dal basso verso l’alto, basta un semplice movimento degli occhi». E sapere dove guardare. La santità, nonostante tutto.
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Uno dei più completi e sagaci articoli sulla beatificazione del Venerabile Carlo Acutis che ho potuto leggere in questi giorni. Un pezzo al di là delle facili etichettature da asporto usa e getta. Spero lo leggano in tanti e sia fonte di riflessione per ogni autentico cristiano cattolico.
Grazie del riscontro generoso, Damiano. Un caro saluto