Black Lives Matter è un movimento anticristiano?

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La Chiesa ortodossa russa lancia l’allarme: il movimento Black Lives Matter sta rivelando la propria natura anticristiana. È davvero così?

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Di sicuro gli attacchi a Costantino – per interposta statua – non hanno aiutato. L’imperatore, venerato come santo dalle Chiese ortodosse (per la Chiesa cattolica lo è solo la madre, Elena) e fra i simboli più cari alla cristianità d’Oriente è accusato dalla propaggine britannica del movimento Black Lives Matter di aver promosso la schiavitù. Al centro della contesa, nemmeno a dirlo, la statua di Costantino il Grande che si trova nei pressi della cattedrale di York Minster, in Gran Bretagna. Contestazioni che, fra l’altro, mettono l’imperatore del IV secolo nella poco invidiabile posizione di “indesiderabile” più antico, scalzando di oltre un millennio il “giovane” Cristoforo Colombo. C’era da aspettarselo, come si anticipava da queste stesse pagine qualche tempo fa.

Sia come sia, il Patriarcato ortodosso di Mosca non l’ha presa bene, e per bocca di mons. Savva (Tutunov), vicario del Patriarca di Mosca, ha lanciato l’anatema: «Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in altri Paesi – ha dichiarato mons. Savva tramite il proprio canale Telegram – il movimento Black Lives Matter diventa sempre più anticristiano e, allo stesso tempo, ostile alla nostra civiltà». Parole forti, con le quali il Vicedirettore del Patriarcato di Mosca intende evidenziare come la vera natura del movimento BLM «sta diventando sempre più evidente». Nel frattempo, il Rettore della cattedrale di York Minster ha fatto sapere che la permanenza in loco della statua di Costantino sarà esaminata alla luce delle critiche mosse dagli attivisti. Ma in Gran Bretagna l’imperatore non è l’unico a rischiare uno sfratto postumo. L’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa anglicana, mons. Justin Welby, ha dichiarato che le statue attualmente presenti nella cattedrale di Westminster e nell’abbazia di Canterbury saranno oggetto di valutazioni per stabilirne l’idoneità a conservare il proprio posto.

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Nell’ambito delle manifestazioni di Black Lives Matter elementi religiosi sono emersi fin dai primi giorni di protesta negli Stati Uniti. Diversi pastori della comunità cristiana afroamericana avevano evidenziato l’inedito coinvolgimento delle comunità evangeliche “bianche”, tradizionalmente tiepide nei confronti della lotta al razzismo. Di più, numerosi esponenti della Chiesa cattolica negli Stati Uniti avevano formalmente aderito al movimento di protesta, indicando le iniziali rivendicazioni contro ogni forma di discriminazione basata sull’appartenenza etnica come in sintonia con l’universalità del Vangelo.

Ora riferirsi al movimento Black Lives Matter come ad un blocco omogeneo sarebbe, però, un errore. Con il trascorrere delle settimane e la diffusione ad altri Stati, anche europei, il movimento è profondamente cambiato, generando propaggini i cui obiettivi sembrano ormai lontani dall’iniziale lotta pacifica al razzismo. Non si contano, ad esempio, gli atti di vandalismo o di mirata contestazione nei confronti delle comunità cristiane, compresa quella cattolica. Nelle scorse settimane, da queste stesse pagine, si era riferito degli attacchi subiti da molte chiese cattoliche negli Stati Uniti e in Messico, che si mescolavano a rivendicazioni di presunte conquiste della civiltà occidentale, aborto e gender su tutte.

Com’era prevedibile, anche l’iconoclastia laicista, la lotta alle statue dei “nemici” dei nostri attuali valori civili – personaggi storici per lo più antichi di secoli – è entrata rapidamente in collisione con il mondo cristiano, in particolare cattolico. Rigurgiti di vernice mista a ignoranza. All’inizio fu la pennellata di vernice con la quale si coprì ogni sfumatura di spiritualità dell’uomo Cristoforo Colombo, credente. In seguito sono arrivate le contestazioni contro san Junipero Serra, missionario spagnolo dell’Ordine dei frati minori, fondatore di diverse missioni in California, proclamato santo da papa Francesco nel 2015, ma accusato – con un semplicismo imbarazzante – di aver avuto un ruolo nel genocidio culturale (se non fisico) dei nativi americani. Nei giorni scorsi una missione cattolica in California, a San Jose in Fremont, è stata vandalizzata con graffiti in tema.

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E che dire delle accuse – quantomai risibili, a più di settecento anni di distanza – mosse a Luigi IX, re di Francia venerato dalla Chiesa come santo in virtù dell’opera a favore dei poveri? Avrebbe bruciato copie manoscritte di testi religiosi ebraici e manifestato comportamenti islamofobici. In entrambi i casi, atteggiamenti carichi di significati religiosi, politici e sociali nel medioevo che è difficile giudicare alla luce degli attuali parametri.

Sempre più spesso gruppi di fedeli cristiani, talvolta con l’appoggio dei rispettivi vescovi, si trovano a doversi opporre alla deriva iconoclasta laicista. È accaduto a Breda, nei Paesi Bassi, dopo che alcuni vandali hanno verniciato la sigla “BLM” (Black Lives Matter) su un’icona di Nostra Signora di Częstochowa, venerazione particolarmente cara alla comunità polacca e non solo (che, nella fattispecie, la Madonna sia notoriamente “nera” e che l’icona sia stata posta in ricordo della liberazione della città dai nazisti, sono dettagli). Ancora, è accaduto con l’arcivescovo di San Francisco, mons. Salvatore J. Cordileone, raggiunto da decine di fedeli lo scorso 27 giugno per una preghiera a san Michele arcangelo dopo l’abbattimento di una statua di san Junipero Serra nel Golden Gate Park. E, ancora, con il vescovo di Madison, Stati Uniti, mons. Donald J. Hying, dopo la distruzione di alcune immagini di Cristo e della Vergine Maria per mano di presunti attivisti di Black Lives Matter. «Alcune statue dovrebbero essere spostate in musei o in depositi? Forse. Dovremmo lasciare che sia un gruppo di vandali a prendere questa decisione per noi? No», ha scritto il Vescovo in una lettera.

Le nostre società, è ormai evidente da anni, si orientano sempre più verso parametri costantemente variabili, del tutto relativi e relativisti. Un tempo si sarebbero detti “valori”, ma il termine è ormai inapplicabile. Le attuali rivendicazioni iconoclaste sono il prodotto anche di questo tipo di società. Alla luce di ciò, viene da chiedersi con le statue di chi si sostituiranno quelle rimosse. Quale persona, infatti, potrebbe mai sperare di sottrarsi alla scure di un giudizio postumo anche di secoli? Dovremo arrenderci all’idea di abbandonare del tutto la celebrazione di uomini mortali con statue e monumenti? Poco male, se ci si fermasse a questo. Ma non sarebbe, invece, il caso di prendere atto di essere creature imperfette, e che l’unica perfezione terrena è quella falsa e mutevole proposta dalle ideologie del momento?

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