Benedetto XVI. Ciò che non potrei portare da solo

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C’è una citazione nella nuova esortazione apostolica di Francesco, Gaudete et exultate, che sembra tracciare un arco fra l’inizio e la fine del pontificato di Benedetto XVI. Si tratta della prima citazione non biblica, alla nota n. 1, tratta dall’omelia per il solenne inizio del ministero petrino di Ratzinger, il 24 aprile 2005. «Siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio», disse allora Benedetto XVI e ricorda oggi Francesco. «Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta».

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Una consapevolezza che ha orientato e sostenuto l’intero pontificato di Benedetto XVI, condotto con rara eleganza, in un sacrificio feriale tante volte mal compreso, al pari del temperamento riservato – si direbbe timido – dell’uomo Joseph Ratzinger. Una consapevolezza venuta meno neppure l’11 febbraio 2013, dopo aver proclamato alla Chiesa e al mondo la declaratio della propria rinuncia. Una decisione maturata «dopo aver ripetutamente esaminato la coscienza davanti a Dio». Nel raccoglimento, come gli anni trascorsi da allora, sebbene con una presenza ancora in possesso di una forza espressiva invidiabile, in grado talvolta di dividere nelle strumentalizzazioni che ne vengono fatte, e trascinata, suo malgrado, in goffe vicende che minacciano di offuscare il prestigio suo e del Pontefice regnante. Nondimeno, sempre in grado di testimoniare lo stile di una Chiesa in rinnovamento, non certo nella Verità immutabile che professa e della quale non è proprietaria, ma in alcuni atteggiamenti che le appartengono.

A ricordarne uno – la difficoltà di abbandonare il proprio posto, in special modo se di prestigio – è stato lo stesso Francesco, nella lettera apostolica in forma di motu proprio “Imparare a congedarsi”, del 12 febbraio scorso, singolare anche per coincidenza temporale. «La conclusione di un ufficio ecclesiale – scrive allora il Pontefice – deve essere considerata parte integrante del servizio stesso, in quanto richiede una nuova forma di disponibilità». Questa si deve accompagnare all’elaborazione di «un nuovo progetto di vita, segnato per quanto è possibile da austerità, umiltà, preghiera di intercessione, tempo dedicato alla lettura e disponibilità a fornire semplici servizi pastorali».

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È facile scorgervi, sebbene in un contesto molto diverso, lo stile della presenza viva e silenziosa del Papa emerito. Silenziosa, ma proprio per questo non ridotta al silenzio, sebbene qualcuno così la vorrebbe. «Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso», spiegava Benedetto XVI in occasione della sua ultima udienza generale, il 27 febbraio 2013. «Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro». Auguri e grazie Benedetto.

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