Una mezza novità: la lingua tzotzil nella liturgia

Tzotzil, celebrazione.
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Probabilmente una parte della stampa la bollerà come l’ennesima “rivoluzione” del Pontefice, ma l’autorizzazione concessa da Papa Francesco alla celebrazione di liturgia e sacramenti in tzotzil e tzeltal, le antiche lingue autoctone degli altopiani centrali del Chiapas, in Messico, si inserisce in un solco lungo secoli – quello dell’inculturazione – in gran parte amerindio e gesuita.

Discendenti dei maya, tzotzil e tzeltal sono fra i gruppi indigeni più numerosi e nei decenni si sono distinti per la fiera difesa della propria lingua tradizionale. E non solo della lingua. In un’area funestata per anni da guerre e guerriglie, è ancora “fresco” nella memoria l’allontanamento dei sacerdoti cattolici da parte di alcuni indigeni tzotzil legati ai culti pagani. Da allora una parte della popolazione pratica una commistione di ritualità pagana e Cristianesimo, sigarette, alcol e Coca-Cola.

Naturalmente questa è un’altra storia e ciò che da Roma si mira ad ottenere è soltanto una maggiore valorizzazione di quello che è considerato un importante tratto culturale delle popolazioni locali. «L’approvazione per l’uso delle formule sacramentali in tzeltal e tzotzil per il battesimo, la cresima, la messa, la confessione, l’unzione degli infermi e l’ordinazione» è arrivata in sordina, come ci si aspetta da qualcosa che non è una novità. O che lo è soltanto a metà. I nuovi testi in tzotzil e tzeltal, redatti da esperti, sono stati esaminati ed approvati dalle Congregazioni romane per il Culto Divino e la Dottrina della Fede, che ne hanno saggiato il mantenimento dell’ortodossia.

Nel frattempo un procedimento simile potrebbe presto interessare anche un’altra lingua messicana, il náhuatl. L’apripista? La Vergine di Guadalupe che, apparendo all’indio Juan Diego il 9 dicembre 1531, si rivolse a lui in questo idioma. Come a Lourdes, dove alla giovane Bernadette Soubirous la Vergine parlò nel patois guascone. Miracoli e miracoli della tutela del patrimonio linguistico.

Italia: i monumenti a rischio

Venezia, canali.
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È stata diffusa dal World Monuments Watch, come ogni due anni a questa parte dal 1996, la lista mondiale dei monumenti “sorvegliati speciali”. Città e patrimoni artistici, in pericolo per diverse ragioni, dall’incuria alla guerra. I siti quest’anno sono 67. L’Italia presenta quattro criticità: la città di Venezia, il centro storico dell’Aquila, il Muro dei Francesi e l’Uccelliera degli Horti Farnesiani (Palatino) a Roma.

Dopo le denunce degli scorsi giorni, anche a livello mondiale si riconosce il danno crescente che il turismo incontrollato sta producendo – insieme ad alcuni innegabili vantaggi, per lo più economici – alla città di Venezia. Anche in questo caso il grosso della colpa è fatto ricadere sull’impatto delle “sfilate” delle grandi navi da crociera. Discorso diverso per L’Aquila, colpita dal sisma del 2009 e ancora lontana dal recuperare la sua splendida forma pre-disastro. Roma la fa da padrona con due siti sotto osservazione: piccolo (e semi-sconosciuto) il cosiddetto Muro dei Francesi, vicino Ciampino, recentemente al centro di importanti scoperte archeologiche e minacciato da una sempre più ravvicinata costruzione selvaggia; non molto nota anche l’Uccelliera degli Horti Farnesiani, sul colle Palatino: nella generale opera di ristrutturazione dei Giardini, l’Uccelliera – anch’essa particolarmente bisognosa di restauri – è rimasta intoccata.

Ora che il mondo ci osserva in modo speciale, speriamo che anche noi impariamo a guardare noi stessi con maggiore rispetto.