Aperta la Porta Santa in Duomo. Milano metropoli della pluralità

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Ha preso solennemente il via il Giubileo nella Diocesi di Milano, con l’apertura oggi della Porta Santa del Duomo e delle altre Porte Sante della Diocesi. Dopo l’invito dell’Arcivescovo, card. Angelo Scola, a benedire e lodare Dio e la lettura dell’inizio della bolla di indizione dell’Anno Santo della misericordia, la cerimonia dell’apertura della Porta Santa è proseguita sul sagrato della cattedrale, con un momento di preghiera che ha visto la partecipazione, a fianco dell’Arcivescovo, di vescovi ausiliari, presbiteri e diaconi, di una rappresentanza dei fedeli delle sette zone pastorali della Diocesi: una suora, due consacrati, famiglie, disabili, detenuti in regime di semilibertà e alcuni membri delle comunità di origine straniera residenti in città.

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Il segno di una metropoli nella quale la pluralità è ormai un dato di fatto. Il Giubileo sia allora occasione in cui «la logica dell’esclusione e dello scarto lascino lo spazio alla logica del dono e alla cultura dell’incontro», ha auspicato il card. Scola nella sua omelia. Il primo a varcare la Porta Santa è stato l’Arcivescovo, seguito dalla processione. Una breve sosta al fonte battesimale, poi l’aspersione dei fedeli lungo la navata centrale del Duomo e la prosecuzione della celebrazione eucaristica con la liturgia della quinta domenica di Avvento, conclusa dal Salve, Regina, la Mater misericordiae, e dalla benedizione papale, con annessa indulgenza.

Un’occasione per attingere alla sorgente della misericordia e un «annuncio di speranza per tutti, soprattutto per coloro che si sentono esclusi dalla salvezza», ha ricordato il Cardinale. «Quanto male fisico e morale vede l’Arcivescovo quando visita la Diocesi», ha poi aggiunto a braccio, al termine dell’omelia.

La Porta Santa del Duomo è stata individuata nel primo portale a sinistra guardando la facciata (lato nord), detto “di Costantino”. Tema centrale della decorazione della porta è quello della libertà religiosa. L’opera fu commissionata nel 1937, con «una intuizione profetica di straordinaria attualità», come ha ricordato Scola, dall’allora arcivescovo di Milano, card. Alfredo Ildefonso Schuster, ad una artista affermatosi fin dagli anni Venti, Arrigo Minerbi, scultore nato a Ferrara nel 1881 e di famiglia ebrea.

Una paternità artistica che ben si inserisce in un Giubileo della misericordia che qualche giorno fa il card. Scola ha detto essere «per tutti gli abitanti della Diocesi». Certo in primo luogo per i battezzati, che «sono cristiani, perché il battesimo non lo si toglie mai», invitati «a ritrovare la loro casa». Ma anche per tutti «gli uomini delle religioni, senza fare confusioni, e anche per chi dice di non poter credere».

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La realizzazione della porta costò a Minerbi quasi dieci anni di lavoro e venne inaugurata soltanto nel secondo dopoguerra, il 5 giugno 1948. Ostacolo principale furono le leggi razziali, che colpirono l’artista insieme alla famiglia, con un fratello scomparso in un campo di concentramento. Per qualche tempo, come ha ricordato il Cardinale, lo scultore trovò riparo in Vaticano, prima di poter tornare a Milano e finire la sua opera.

Ben si adattava, quindi, alla sua sensibilità personale ed artistica il tema proposto: l’editto di Costantino, reso in forma storica e leggendaria, con spazio anche per le prime persecuzioni anticristiane. La porta è decorata da dodici formelle rettangolari, oltre al fastigio superiore in mezzo al quale campeggia la figura dell’Imperatore. In basso sono ritratti i sei vescovi di Milano che precedettero l’editto, fra i quali si riconoscono sant’Anatalone e san Calimero. Nella parte superiore del portale sono rappresentate le torture e le persecuzioni subite dai martiri cristiani nelle epoche precedenti l’editto. Al centro sono raffigurate le tavole dell’editto, promulgato a Milano nel 313, accompagnate dalla liberazione dei cristiani e dalla loro esultanza.

Un provvedimento legislativo epocale, anche se «il Signore ci chiama ad abbandonare ogni tentativo di salvarci con le nostre mani – ha sottolineato il card. Scola – inesorabilmente condannato al fallimento e perciò a quella sorda disperazione che si chiama cinismo e avvelena le nostre giornate. Ci chiede di affidarci completamente a Lui. Il Signore vuol rendere feconda la terra della nostra esistenza, vuole che il nostro convivere nella società plurale diventi occasione di bene per ciascuno dei membri della nostra comunità».

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