Milano è sotto i riflettori per la successione a Scola. Accanto ai nomi forti, come di rito si moltiplicano le candidature improbabili. Eccone un elenco, con qualche sorpresa e tanta fantasia. Perché Francesco stupisce, ma senza esagerare.
Si annunciano mesi intensi per la diocesi di Milano, animata dal risiko dei nomi per il successore di Scola. Accanto alle candidature forti, come quelle di Delpini, Beschi e Bregantini, circolano nomi che appaiono tutt’altro che probabili, ma che potrebbero riservare delle sorprese.
È il caso di mons. Bruno Forte, dal 2004 arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto. Classe 1949, laureato in filosofia e docente di teologia dogmatica, mons. Forte è tra i teologi cattolici più noti, anche a livello internazionale. Già vicino a Benedetto XVI, Forte può vantare un rapporto di familiarità anche con Francesco. Che il teologo napoletano abbia un profilo teologico e pastorale non sgradito all’attuale Pontefice lo ha dimostrato il Sinodo straordinario sulla famiglia del 2014, dove Forte è stato scelto da Francesco come segretario speciale. In quell’occasione mons. Forte si è distinto per le critiche suscitate da alcune sue affermazioni – in special modo nella controversa Relatio post disceptationem – considerate non in linea con la dottrina tradizionale cattolica in materia di convivenze more uxorio, matrimoni civili e unioni omosessuali. Numerosi anche gli screzi con il – si dice uscente – prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il card. Gerhard Ludwig Müller. Nonostante i natali napoletani, Forte non manca di legami con Milano, tanto che già nel 2011 era circolato con insistenza il suo nome per la successione al card. Dionigi Tettamanzi alla guida della diocesi ambrosiana. Allora, però, Benedetto XVI gli aveva preferito Angelo Scola. Da sempre considerato un teologo del campo progressista, mons. Forte è annoverato anche fra i discepoli del card. Carlo Maria Martini, la cui memoria a Milano è ancora vivissima.
Il nome di Martini ritorna anche nella storia personale di un altro candidato alla cattedra di Ambrogio, mons. Dario Edoardo Viganò. Certamente il più comunicativo fra i papabili alla successione a Scola, quella di Viganò sarebbe una scelta più che a sorpresa per l’uomo che Francesco ha voluto prefetto della Segreteria per la comunicazione e grande riformatore dei media vaticani. Un’impresa tutt’altro che conclusa – o esente da polemiche – e che mal si concilierebbe con l’intenso lavoro pastorale richiesto da una arcidiocesi grande e delicata come quella milanese. Per mons. Viganò si tratterebbe comunque di un ritorno. Per lui un passato fra Rio de Janeiro e Milano, con l’ordinazione sacerdotale durante l’episcopato del card. Martini. Grande la passione per il cinema, notevole l’esposizione mediatica, un vantaggio la giovane età (54 anni): sufficiente per ambire alla guida di una delle più importanti diocesi d’Italia? Da non sottovalutare come lo stesso Viganò veda il suo ruolo di Prefetto come un vantaggio. Pochi giorni fa, in una intervista ad Avvenire, l’uomo al vertice della comunicazione vaticana ricordava «la costituzione apostolica Pastor bonus – tuttora in vigore – che effettivamente prevede che i prefetti e presidenti siano rispettivamente cardinali e vescovi».
Mons. Viganò non è comunque l’unico outsider a ricoprire già ruoli di primo piano. È questo il caso di mons. Nunzio Galantino, il segretario generale della Cei voluto da papa Francesco in quella che a molti è sembrata una scelta antitetica rispetto al presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco. Astro nascente del pontificato di Francesco, qualche gaffe e l’opposizione degli ambienti più ortodossi non sembrano finora averne arrestato l’ascesa e anche lui è dato fra i candidati alla successione a Scola. È interessante notare come Forte, Viganò e Galantino non siano porporati. Un segnale, secondo alcuni, che lascerebbe intendere che per il successore di Scola potrebbe, in futuro, giungere anche il conferimento della berretta cardinalizia.
Insieme a Bruno Forte, sono altri tre i vociferati successori che Scola eredita da Tettamanzi: Pierbattista Pizzaballa, Gianfranco Ravasi e Giuseppe Betori. Del primo, giovane francescano bergamasco, si è a lungo vociferato nei mesi passati, ma il 24 giugno scorso è arrivata la nomina ad amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini, insieme alla dignità di arcivescovo, che sembra averne allontanato la successione a Scola. Non che i giochi siano fatti: l’attesa potrebbe infatti giocare a vantaggio di Pizzaballa, se – come sembra – a Milano i tempi della nomina dovessero allungarsi fino alla primavera 2017, con il relativo insediamento del nuovo arcivescovo in autunno.
Rimane in lizza per la successione a Scola anche il card. Gianfranco Ravasi. 73 anni, nativo di Merate, in provincia di Lecco, e cresciuto nella sede di Seveso del seminario arcivescovile di Milano, i legami di Ravasi con il capoluogo lombardo sono molteplici e di lunga data: il ruolo di prefetto della Biblioteca Ambrosiana, il lavoro al fianco di Carlo Maria Martini, i numerosi cicli di incontri di lectio divina presso il Centro Studi San Fedele, roccaforte cittadina dei Gesuiti, hanno lasciato il segno, non solo a Milano. Noto mediaticamente, celebre a livello internazionale, negli anni Ravasi non ha mai smesso di godere – e di occuparsi – di una solida base di fedelissimi a Milano e in tutta la Lombardia: anni fa una sua serata biblica per il Corriere della Sera al Piccolo Teatro finì con gli ammiratori che si arrampicavano sul palco per gli autografi. È ancora vivo anche il ricordo degli oltre 500 sostenitori che, in aggiunta alla delegazione diocesana guidata dall’allora arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, giunsero a Roma da mezza Lombardia in occasione della sua nomina a cardinale, il 20 novembre 2010. Dalla natia Merate, da Milano, da Assago, dalla Brianza e dalla sua Osnago, nel Lecchese, in treno, auto e pullman. Proprio allora furono in molti a caldeggiarne la nomina ad arcivescovo di Milano, uscente Tettamanzi, ma Benedetto XVI scelseScola. Non che negli anni gli siano mancati incarichi di alto profilo, specialmente nel campo della cultura. Biblista, teologo, ebraista, archeologo, attualmente Gianfranco Ravasi è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie: troppo per aggiungerci anche l’impegnativo lavoro pastorale a Milano? Nonostante l’ottima forma fisica, un fattore a suo svantaggio potrebbe essere l’età, con 73 anni compiuti.
Grandi manovre in Toscana per l’ultimo degli outsider candidati alla successione di Scola. È il card. Giuseppe Betori, 69 anni, attuale arcivescovo di Firenze. Nel caso di un suo trasferimento a Milano, sarebbero addirittura già pronti i nomi dei successori alla diocesi toscana. In testa il card. Gualtiero Bassetti, attuale arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve. A Firenze Bassetti, 74 anni, fu vicario generale, rettore del Seminario minore ed è tutt’ora ben conosciuto in curia. Più giovane sarebbe l’altro candidato, il card. Mario Meini, 69 anni, attuale vescovo di Fiesole e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana per l’Italia centrale, nonché stretto collaboratore del card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei.
Chi sarà, allora, il successore di Scola a Milano? Papa Francesco ha già chiarito che «non esiste un pastore standard per tutte le Chiese» e le sue nomine l’hanno finora reso evidente. Se in taluni casi, infatti, il Pontefice ha seguito la tradizione, con vescovi radicati nel territorio, quasi scelti dai fedeli e dal clero locali (si veda, ad esempio la nomina, due giorni fa, del comasco Oscar Cantoni, trasferito dalla diocesi di Crema a quella di Como, a sostituire Diego Coletti), in altre circostanze il Pontefice non ha esitato a rompere con la prassi, come quella che voleva i vicari dell’arcivescovo di Milano instradati alla guida delle altre diocesi lombarde. Poca politica e molta pastorale, insomma, sebbene anche Francesco scelga uomini che non siano estranei alle linee guida del suo pontificato. E a Milano? Per il momento quel che è certo è che Francesco segue nuovi parametri nella scelta dei suoi vescovi e si sa che non manca di stupire. Ma senza esagerare.
Nell’immagine: Bruno Forte e Nunzio Galantino.
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