A casa propria ognuno è re. Anche in Vaticano

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C’è un tema che, curiosamente, percorre sottotraccia il pontificato di Francesco: quello immobiliare. No, non necessariamente londinese.


Sono le rivelazioni del prossimo cardinale Fernàndez a gettare una luce buffa sulla vicenda. «Qualche mese fa ho fatto aprire una grande finestra nella parte della casa dove abito [a La Plata], per avere una visuale più ampia, e ho detto: “Adesso ho tutto, posso vivere qui altri 15 anni felice”», racconta in una lettera Víctor Manuel Fernández, nuovo Prefetto della Dottrina della fede.

Case, amanti e amatori

Ma, come spesso accade, chiusa una porta si apre un portone. Qualche volta, una finestra. Vinte le iniziali resistenze, prosegue Fernàndez, «Francesco mi ha chiesto di andare a vedere una casetta che aveva scelto per me per abitare, all’interno del Vaticano, con un terrazzino e vista sul giardino. Mi ha detto: “Perché vieni da Río Cuarto (il dipartimento argentino di origine di Fernàndez, ndr), dalla campagna, e hai bisogno di una vista ampia, per guardare il verde”. Infatti, se apro la finestra e vedo solo palazzi mi sento chiuso. Ma ve lo dico perché possiate vedere la sensibilità e la squisita carità di Francesco».

Qualcuno, dalle medesime sponde sacre a papa Francesco e a Fernández, ha insinuato l’esistenza di una «casetta all’interno del Vaticano, con terrazza e vista sui giardini. Probabilmente si tratta di una delle dimore in cui i papi rinascimentali ospitavano le loro amanti, il che non è un buon precedente». Fonti autorevoli all’interno delle sacre mura confermano a Caffestoria.it che non esistono affatto dentro al Vaticano case un tempo riservate a queste amanti – amanti che pure vi furono, omnia tempus habet –, sistemate invece al centro di Roma, e comunque fino agli inizi del ‘500. Si tratta delle ben note cortigiane rese immortali da alcuni dei maggiori artisti del tempo, da Raffaello a Caravaggio, e “conosciute” anche da pontefici, cardinali e intellettuali: Vannozza Cattanei, che fu amante di Alessandro VI Borgia, Fiammetta Michaelis, Maddalena “Lena” Antognetti, Imperia, Angela “Ortensia” Greca, la Fornarina.

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Il “Prefetto dimezzato”

Tornando al mattone, non è certo un fatto nuovo che papa Francesco si interessi al catasto, per così dire. Ma è negli ultimi anni che la vena immobiliare ha assunto una piega decisamente polemica. Negli scorsi mesi abbiamo assistito, quasi increduli, all’imbarazzante bagarre venutasi a creare attorno al trasferimento di mons. Georg Gänswein, allontanato prima dagli alloggi di Prefetto della Casa pontificia (2016) e poi dai suoi stessi incarichi (2020).

È lo stesso mons. Gänswein, “prefetto dimezzato” non solo in quanto a metratura, a dare la sua versione dei fatti nel libro Nient’altro che la verità (Piemme). Nelle pagine scritte dall’ex Segretario particolare di Benedetto XVI, papa Francesco chiosa: «Quando avrà bisogno di un appartamento ci penserò io». La soluzione, poche settimane fa: il rientro di Gänswein, dopo un periodo di contumacia, nella diocesi di origine, Friburgo.

C’è chi azzarda addirittura un’operazione immobiliare. Alcune suggestioni, finora ben lungi dal trovare conferma, vorrebbero Francesco in procinto di trasferirsi nientemeno che nel Monastero Mater Ecclesiae. La ragioni sarebbero da ricercare nelle precarie condizioni di salute del Pontefice. Parola, dalle colonne di due quotidiani italiani, del più che controverso faccendiere Luigi Bisignani. «Si trasferirà al Monastero Mater Ecclesiae, la residenza che fu anche di Benedetto XVI, da cui ha fatto velocemente sloggiare padre Georg».

Dal gran trasferimento al gran rifiuto

In principio, però, fu la Domus Sanctae Marthae, scelta da Francesco come luogo di residenza al posto del tradizionale appartamento pontificio. Camera 201, secondo piano, di norma destinata al nuovo pontefice nei giorni immediatamente successivi all’elezione in conclave, prima del trasferimento nel Palazzo Apostolico.

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Una scelta dettata dal desiderio di vivere una vita più normale e immediata, si disse, a contatto con le persone (tutt’altro che “comuni”) che transitano per Santa Marta, lontano da “filtri” e “cerchi magici”. Con benefici anche per la salute psicologica del Papa. L’appartamento pontificio è troppo lussuoso, suggerì malignamente qualcuno, come a segnare – e strumentalizzare – fin da subito la distanza rispetto ai predecessori, poco “francescani”. Si era, allora come oggi, al tempo dei «gesti rivoluzionari» del nuovo Papa, dei «segnali di rottura» rispetto alla tradizione, anche locataria, che univa Benedetto XVI e i predecessori a Pio X.

Dopo il gran trasferimento fu poi la volta del gran rifiuto: la rinuncia, non già di papa Ratzinger, ma allo storico buen retiro estivo dei pontefici a Castel Gandolfo, nel 2016. Lavoratore instancabile Francesco, si disse, anche nei mesi più caldi. Troppo lussuoso, disse di nuovo qualcuno. Il Palazzo papale, con annessi giardini, è ora aperto al pubblico: una soluzione attrattiva, in grado di far dimenticare ad amministrazione locale, residenti e commercianti la paventata crisi turistica ed economica del piccolo borgo dei Castelli Romani. Come si dice: a casa propria ognuno è re.

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1 commento su “A casa propria ognuno è re. Anche in Vaticano”

  1. Non trovo niente di male se papa Francesco si trasferisse all’ex – monastero: vivrebbe lontano da casa Santa Narta che sta diventando un covo di vipere!

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