La Svezia si avvia a celebrare i 500 anni della Riforma. A sottolinearlo anche l’imminente visita di Francesco. Un’occasione in più per ricordare la prima santa svedese dopo 532 anni, Maria Elisabeth Hesselblad, canonizzata nel giugno scorso. Convertita dagli ammalati, convertì protestanti e nascose ebrei.
Brigida di Svezia, religiosa e mistica, è certamente la più famosa, tanto da aver tratto in inganno la stampa internazionale, che l’ha indicata come l’ultima santa svedese. Ma è Caterina di Vadstena, figlia di Brigida e religiosa dell’Ordine fondato dalla madre, morta nel 1381 e proclamata santa da Innocenzo VIII nel 1484, ad essere stata l’ultima svedese a salire all’onore degli altari. Almeno fino a 5 mesi fa, quando la canonizzazione di Maria Elisabeth Hesselblad ha interrotto un’attesa che durava ormai da oltre mezzo millennio.
Una canonizzazione che sembra aver messo d’accordo cattolici, luterani ed ebrei. I primi, lieti di accogliere una nuova santa della carità e dello zelo della fede; i secondi, propensi a chiudere un occhio di fronte alla conversione della Hesselblad dal Luteranesimo al Cattolicesimo, un po’ per il ritrovato clima di distensione che si respira al di qua e al di là dell’uscio di Wittenberg e un po’ per orgoglio nazionale, come ha confermato la partecipazione del ministro della cultura svedese, Alice Bah Kuhnke, alla cerimonia di canonizzazione presieduta il 5 giugno scorso da Francesco; gli ultimi, che già nel 2004 l’avevano proclamata Giusta tra le nazioni per la sua opera in soccorso agli ebrei durante la seconda guerra mondiale e che le hanno forse perdonato l’aver contribuito a convertire al Cattolicesimo un Rabbino capo di Roma.
La sua è una storia di sorprendente modernità. Nata nel 1870 in una famiglia luterana, quinta di tredici figli, Elisabeth Hesselblad è costretta a cercare lavoro a 16 anni, senza successo. Emigrata negli Stati Uniti in cerca di migliori condizioni economiche, segue un corso per diventare infermiera al Roosevelt Hospital di New York. È lì, servendo i poveri, che la Hesselblad entra in contatto con la fede cattolica, professata da molte delle persone che aiuta. Una fede semplice testimoniata dai semplici, che fa sempre più presa sulla giovane, sino alla conversione, il 15 agosto 1902, solennità dell’Assunzione.
In pellegrinaggio a Roma – dove riceve la Cresima – la Hesselblad rimane folgorata dall’esperienza di un’istituzione nazionale svedese, santa Brigida, che a Roma trascorse gli ultimi anni della propria vita e da Martin Lutero rimediò l’appellativo di die tolle Brigit, la pazza Brigida. Fra le Carmelitane che occupano l’antica residenza di santa Brigida a piazza Farnese, Maria Elisabeth Hesselblad trova una casa. Ma è delle Brigidine, l’Ordine del Santissimo Salvatore fondato nel XIV secolo da Brigida di Svezia, che la Hesselblad ottiene da Pio X il permesso di vestire l’abito.
Convinta sostenitrice del ritorno del protestantesimo svedese alla comunione con la Sede apostolica e votata all’apostolato ecumenico presso le popolazioni scandinave, dal 1911 la Hesselblad dà nuova vitalità all’ordine brigidino, il cui ramo maschile si era estinto nel 1863 e le cui numerose comunità femminili dell’Europa settentrionale si erano disperse con l’avvento della Riforma protestante. Restaurato l’ordine in Svezia, Italia e Inghilterra, ne favorisce l’espansione anche in India.
Durante la seconda guerra mondiale la Hesselblad intensifica i rapporti con protestanti ed ebrei. Degli ultimi, la religiosa ne nasconde oltre 60 nel convento di Roma, sottraendoli ai rastrellamenti nazifascisti fino alla liberazione della città. In segno di riconoscenza per la sua opera, lo Yad Vashem le conferisce nel 2004 l’onorificenza postuma di Giusta tra le nazioni. È nel contesto di dialogo con la comunità ebraica della Capitale che si intrecciano i rapporti fra la Hesselblad e l’allora rabbino capo di Roma, Israel Anton Zoller, che nel 1945 si converte al Cattolicesimo insieme a moglie e figlia, prendendo il nome di Eugenio Pio Zolli in onore di Pio XII. La sua non è l’unica conversione a maturare tra i frequentatori della Casa di santa Brigida. Nel 1946 Piero Chiminelli, pastore battista anch’egli vicino alla Hesselblad, si converte al Cattolicesimo, introducendo sempre più la religiosa ai circoli culturali europei.
Nel clima di smarrimento del secondo dopoguerra, la fedeltà della Hesselblad alla fede cattolica non le impedisce di spendersi nel dialogo ecumenico ed interreligioso, mettendo a disposizione il clima internazionale e multiculturale della Casa di piazza Farnese alla redazione della rivista dell’associazione Unitas del gesuita Charles Boyer, benedetta da Pio XII. Al periodico lavorano anche le consorelle della Hesselblad, che prestano all’opera la propria conoscenza delle lingue. Proprio la rivista anticipa molte degli argomenti che saranno del Concilio Vaticano II, specialmente nei temi dell’ecumenismo e dei rapporti con i «fratelli separati».
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